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Erdogan e la strage
Umberto Puccio


L' "attentato" di ieri a Istanbul mi ha riportato indietro di 53 anni, alla strage di Piazza Fontana, alla tragica stagione italiana della "strategia della tensione".
Certo, il contesto è diverso e diversi sono i protagonisti. Ma la tecnica politica è la stessa. Con l'aggravante che il "manovratore" (cioè Erdogan) è uno spietato dittatore, autocrate simile, se non peggiore, di Putin. Membro della Nato e con alle spalle uno dei più grandi e sofisticati contingenti militari della Nato stessa, si è costruito un enorme potere di condizionamento e di ricatto nella intricata situazione geopolitica attuale.

Siamo arrivati al punto di dipendere, nelle "trattative" per giungere alla pace in Ucraina e per attenuare la crisi alimentare, da un "mediatore" che ha tutto l'interesse alla continuazione di questa guerra. Insomma, sarebbe come mandare un incendiario a spegnere l'incendio.
Il punto debole di Erdogan è interno: l'aumento del debito e la crisi economica che può favorire la crescita dell' opposizione: le elezioni politiche si avvicinano (se non mi sbaglio, nel prossimo giugno). La spudoratezza con cui ha immediatamente attribuito all' UCK e al PKK la responsabilità della strage, forte del totale dittatoriale controllo della stampa e dei media, è indice della sua pericolosità: ma è, contemporaneamente, sintomo della sua debolezza.

La "permissività" (per non dire "connivenza") degli Stati europei nei confronti di Erdogan è di lunga durata. Ricordo un episodio di alcuni anni fa: Barbara Spinelli (eletta al Parlamento Europeo nelle liste di "L'altra Europa con Tsipras), andata a Istanbul per una conferenza sulla libertà di stampa in Turchia, venne fermata all'aeroporto e rimandata in Italia con "foglio di via", senza che il console italiano e l'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi movessero un dito. E l'episodio passò praticamente inosservato.

Umberto Puccio


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  14 novembre 2022