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8 Marzo: molto fumo e pochissimo arrosto
Umberto Puccio


Ogni anno, la cosiddetta "Festa della donna", depurata della sua ipocrita ritualità, è occasione di fare il punto sulla situazione delle donne in Italia e nel mondo rispetto all' anno precedente. Anche se con spiragli e accenni di positività, il bilancio mi sembra prevalentemente negativo.
Sono aumentati i femminicidi, le violenze sulle donne, la loro emarginazione e la limitazione, di fatto, dei loro diritti: non solo in Paesi come l' Iran e l' Afghanistan, ma anche nel cosiddetto "mondo libero".
Certo, positiva è la opposizione non violenta delle donne iraniane, che sembra prefigurare l'inizio dell' unica rivoluzione possibile: quella delle donne come sesto ed ultimo stato della società, ultime degli ultimi.

Anche gli effetti della crisi climatica, della Pandemia e delle guerre hanno maggiormente colpito e danneggiato l'universo femminile rispetto a quello maschile. In particolare la guerra in Ucraina ha ripristinato il modello propagandistico della donna "combattente", madre o compagna di eroi combattenti.
Mi tornavano in mente le parole de "La ballata dell' eroe" di Fabrizio De André: "...ma lei che lo amava, si aspettava il ritorno di un soldato vivo. Di un eroe morto, che ne farà?".
Dopo più di mezzo secolo da questa semplice e cruda domanda, sembra che la storia si sia fermata, anzi sia tornata indietro; e che ancora la risposta non la si voglia dare, anzi. Per questo mi vengono i brividi a sentire, ogni giorno e su tutti i media, i discorsi "bellicisti" (e implicitamente maschilisti) del Presidente dell'Ucraina, nonché le farneticazioni propagandistiche, uguali e contrarie, di Putin, che sembra voler tornare non alla Russia sovietica, bensì all' ottocentesco Impero zarista, alla "Santa  Madre Russia. Certo, sono rappresentazioni ideologiche delle opposte propagande di guerra: ciò non toglie che esse interagiscano pericolosamente (e negativamente) su "l'ésprit du temp".

In Italia, oggi si esalta il fatto "storico" di due donne, una a capo del governo, l'altra a capo dell' opposizione.
Giorgia Meloni non ha perso l'occasione della "Festa della donna" per affermare il modello "maschile" di donna al potere, enunciato fin dall'inizio del suo mandato con l'autodefinirsi "IL PRESIDENTE del Consiglio". La valutazione prevalente nell' opinioni comune è, per dirla con espressioni "volgari" (di cui mi scuso!), la seguente: "Finalmente due donne con le palle, che girano le une a destra, le altre a sinistra".

E' quindi il modello maschile (patriarcale) che continua ad essere dominante. Il modo "femminile" di concepire e gestire il potere è il SERVIZIO altruistico: cura e servizio non ai fratelli, mariti e figli, bensì alla comunità di cui si è a capo. Al di là dei retorici slogan "la libertà è donna, il coraggio è donna", si dovrebbe dire che "la democrazia è donna", in quanto il modello del potere come servizio e cura dovrebbe essere "conditio sine qua non" di una vera democrazia basata sulla effettiva uguaglianza nella e delle diversità.

Elly Schlein ha voluto distinguersi e contrapporsi al modello tradizionale di Giorgia Meloni, rivendicando il "femminismo" in quanto alterità e diversità dal modello patriarcale di donna e collegandolo alla lotta per la modifica della struttura capitalistica della società contemporanea. In questo diverso modo di porsi consiste, a mio avviso, la differenza tra una donna "di sinistra" e una donna "di destra", tra Elly Schlein e Giorgia Meloni.

Umberto Puccio


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  8 marzo 2023