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Iran, euro e petrodollaro
Ovvero... la più pericolosa minaccia iraniana
di Michele Casiraghi


La più pericolosa minaccia iraniana per la stabilità del medio oriente e del mondo non é quella, cui hanno dato ampio spazio i media occidentali,  di dotarsi di armi atomiche o di distruggere Israele.
Gli osservatori più attenti e meno inclini all'emotività propagandistica hanno capito e scritto che  questi sono epifenomeni, dettati più che altro da motivi di politica interna.
Quali motivi, però? Non credo si tratti solo della sopravvivenza del  regime al governo, ma di qualcosa di più profondo, che riguarda l'Iran e il suo ruolo come nazione.
Le esternazioni antisemite e il richiamo al diritto all'energia nucleare  a mio giudizio possono  anche esser viste come una sorta di "serrate le fila" preventivo intimato al popolo iraniano data la piega non prevedibile che potrebbe prendere la diatriba in atto con gli Usa a seguito di una decisione  rilevante presa dal governo ma trascurata dalla stampa occidentale.

Un articolo su Al Jazeera
Ce lo spiega bene un articolo apparso sulla  versione online inglese del quotidiano arabo (3 novembre 2005, lo  riporto  ampiamente) a firma   non di un arabo integralista, ma di E. Rutdlege,  economista inglese del Gulf Research Center di Dubai..
I fatti descritti - e le relative analisi - inquadrano in una luce diversa l'attuale contenzioso USA-Europa-Iran, una luce persino più  inquietante dato il precedente iracheno.
Eccone un'ampia rielaborazione.

Una borsa iraniana del petrolio: minaccia per il petrodollaro?
Il governo iraniano ha deciso di costituire entro il prossimo anno un mercato del petrolio e dei suoi derivati (IOB, Iranian Oil Bourse ).
La decisione ha destato ovviamente grande attenzione tra i governi soprattutto perché l'Iran ha annunciato di voler stipulare i contratti in euro invece che in dollari.
Molti commentatori sono convinti che l'attuale atteggiamento degli Usa verso l'Iran sia conseguente a questa proposta, contenuta nel Terzo Piano  di Sviluppo iraniano  (2000-2005) .
Mohammad Javad Assemipour, a capo del progetto, ha dichiarato che l'obiettivo é di fare dell'Iran  il terminale più significativo per il commercio del petrolio  e di rendere il tutto operativo già a partire dal marzo 2006.
Geograficamente, la collocazione dell'Iran é ideale per attuare questo progetto, dato che si colloca al crocevia tra i maggiori importatori di petrolio (Europa, Cina, India).

I vantaggi economici iraniani coincidono con quelli europei
Indipendentemente da ogni considerazione politica, l'Iran ricaverebbe grandi benefici da questa iniziativa visto che  possiede riserve per circa 126 bilioni di barili (il 10% del totale mondiale), oltre ad essere la seconda nazione al mondo per riserve di gas naturale.
In prospettiva,  trattare il petrolio in euro significherebbe per l'Iran - che già commercia circa un terzo della propria produzione con i paesi europei (zero, invece, con gli Usa) - arrivare rapidamente a quote di mercato ancora più significative  (dato l'allargamento dei paesi dell'eurozona).
Lo IOB dovrebbe creare addirittura un nuovo euro al posto del petrodollaro, denominato  crude oil marker, e vi dovrebbero far capo gli investimenti diretti nel settore iraniano degli idrocarburi.
Il sistema attuale in petrodollari é penalizzante per  l'Iran e i paesi che vi acquistano petrolio perché li obbliga a utilizzare dollari invece che euro, con tutti i costi conseguenti e superflui determinati dall'andamento dei tassi di interesse, dalle variazioni dei cambi e dalle transazioni tra le monete nazionali, l'euro e il dollaro.
Inoltre, l'avvenuta riduzione progressiva del valore del dollaro nei confronti dell'euro  ha ridotto conseguentemente  di parecchio anche il potere d'acquisto iraniano nei confronti dei propri partner economici.
Pertanto, se la tendenza declinante del dollaro  nei confronti dell'euro evidenziatasi in questi anni  dovesse continuare, molte nazioni potrebbero esser incoraggiate dall'esistenza dello IOB ad aumentare la propria percentuale di contrattazioni in euro invece che in dollari, tenuto conto del fatto che molti dei paesi membri  del Forex Reserve Fund sono  ora di area euro.
Per gli Usa, invece, é assolutamente importante mantenere lo statu quo,  visto che si tratta del primo paese importatore al mondo  e considerati gli effetti che la proposta iraniana avrebbe sulla sua economia, anche perché le compagnie statunitensi sarebbero impedite dal partecipare allo IOB  - anche se lo volessero - dal perdurare dell'embargo statunitense verso l'Iran.
Molti paesi terzi, inoltre, potrebbero esser indotti dalla nuova situazione a convertire le riserve in dollari da loro possedute in euro, con una conseguente, inevitabile e significativa svalutazione del dollaro.
 
Economia contro politica.
Nel 1970, non molto dopo il collasso dello standard aureo,  gli Usa stabilirono assieme alla Arabia Saudita che il petrolio Opec sarebbe stato commercializzato in dollari, cosicché questa moneta divenne di fatto lo standard sostitutivo dell'oro.
Ciò ha fatto sì che i governi Usa potessero stampar dollari e buoni del tesoro esageratamente, sino ad arrivare nel 2004 al deficit  di 646 bilioni di dollari.
Il sistema del petrodollaro, quindi, consente agli Usa  un sostanziale controllo del mercato internazionale del petrolio tale che il paese può pagare le importazioni di petrolio anche in "carta" invece che esportando materie prime o altri beni, visto che il dollaro viene considerato moneta di riferimento e di riserva.
George Perkovich, del Washington based Carnegie Endowment for International Peace, ha osservato che la decisione iraniana di convertire  il commercio del petrolio in euro  fa parte di "una strategia davvero efficace per contrastare l'egemonia Usa e per mobilitarle contro altri soggetti".
E'  questo, però, un punto di vista che ignora le motivazioni economiche iraniane  e in quanto tale può portare a scelte politiche a prescindere da esse.
Infatti, alla luce dell'attuale insistenza degli Usa per deferire l'Iran al Consiglio di sicurezza dell'Onu, sembra che questi non considerino gli eventuali benefici economici conseguibili conservando lo statu quo soppesandoli assieme ai potenziali costi politici.

Un'altra guerra per il petrolio?
Molti osservatori sono convinti che la "minaccia" iraniana al sistema del petrodollaro sia così grande da poter provocare anche un attacco militare all'Iran, con la scusante di un attacco preventivo contro il suo programma nucleare, esattamente secondo lo stesso copione che si é rivelato possibile in Iraq.
Nel novembre del 2000, infatti, l'Iraq aveva cominciato a vendere il proprio petrolio in euro, il programma Oil for food era basato su euro e 10 bilioni delle riserve  monetarie dell'Onu erano state convertite in euro.
Da quella data al 2003 (intervento in Iraq)  l'euro ha guadagnato sul dollaro oltre il 17%, ma dal momento dell'invasione dell'Iraq le vendite petrolifere sono state da subito ricondotte totalmente al dollaro.
I vantaggi economici derivanti all'Iran dal persistere con lo sviluppo dello IOB sono quindi chiari,  ma dovranno esser attuati - se potranno esser attuati - con la necessaria flessibilità, vista la "minaccia"  oggettiva che rappresentano per l'egemonia USA.
Il che significherà, probabilmente, che l'Iran dovrà cercare di aprire all'euro senza che questo fatto costituisca di per sé una esclusione del petrodollaro.

Conclusioni
Mie, non di Al Jazeera.
Come potrà concretare, l'Iran, ciò che é un suo legittimo diritto? Il precedente di Mossadeq  non depone a favore.
E saprà l'Europa affiancarne lo sforzo, rivendicando il ruolo economico e politico che le tocca, se non vuol esser ulteriormente ricacciata indietro dal proscenio globale?
Dai primi indizi non mi pare che le iniziative europee siano all'altezza, ho la sensazione che l'Europa stia di nuovo giocando - separata nei paesi che la compongono - su due tavoli.
L'uno - visibile - é quello del contenzioso ufficiale, depistato però su altri temi (il nucleare, l'integralismo islamico...).
L'altro - sotterraneo - é quello delle diplomazie parallele, economiche e politiche.
Rischia di ripetersi anche qui lo schema praticato e fallito in Iraq, lo stesso che ha portato all'intervento americano e al rallentamento gravissimo dei processi di unificazione politica europei.
Può darsi che alla fine, per diversi motivi, l'intervento in Iran non sia scatenato: certo é però che l'Europa non interpreta con adeguata convinzione e vigore il proprio ruolo, cosa che sarebbe opportuna anche per rilanciare la propria economia e la propria competitività.

Michele Casiraghi

Per chi volesse leggersi totalmente l'originale, http://english.aljazeera.net/NR/exeres/C1C0C9B3-DDA9-42E2-AE9C-B7CDBA08A6E9.htm


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  9 luglio 2005