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4 novembre
Franco Isman


Orizzonti di gloria  Uomini contro

La Grande Guerra, la Guerra mondiale, fino che la seconda non aveva reso necessaria la specificazione “prima”.

La Grande Guerra: più di quattro anni di guerra; le principali nazioni del mondo coinvolte (Germania, Impero Austro-Ungarico, Impero Ottomano e Bulgaria da una parte e dall'altra Francia, Regno Unito, Russia, Italia, Belgio, Canada, Australia, Stati Uniti, Serbia, Romania, Sudafrica e Nuova Zelanda); armi modernissime: cannoni di lunghissima gittata, aeroplani, dirigibili, carri armati, sottomarini e, per finire, i lanciafiamme e l'Yprite, il terribile gas asfissiante; 15 milioni di caduti oltre ai milioni di civili morti di malattie e di fame.

La Grande Guerra: se su youtube cercate ww1 (Word War 1) trovate numerosi documentari di differenti provenienze; non trascurate quelli sulla terribile battaglia di Verdun e su quella della Somme . Documentari che mostrano bombardamenti e attacchi all'arma bianca fra i reticolati nemici, terribili carneficine sotto il fuoco delle mitragliatrici. E tutti i documentari, di qualsivoglia provenienza, sono tragicamente simili ed i soldati massacrati, mutilati, impazziti, sono tutti uguali, qualsiasi sia la loro nazionalità.

Una piccola testimonianza: mio suocero, “ragazzo del '99”, ha combattuto sul Piave, mio padre, anch'egli del '99 ma triestino, ha combattuto in Galizia nel regio imperial esercito austroungarico e quando i miei figli ragazzini lo seppero rimasero sconvolti dal fatto che i due nonni fossero nemici “ma se tu avessi incontrato il nonno Umberto” - disse Michele a nonno GiBi – “mica gli avresti sparato !”

E poi, per capire l'orrore, la follia e l'atrocità della guerra, ci sono i film, alcuni veri capolavori, che oltre alle terribili scene degli assalti suicidi alle trincee dell'una o dell'altra parte, ci mostrano quello che i documentari non possono: l'indifferenza degli alti comandi per le truppe, soltanto dei numeri da utilizzare nelle battaglie, le decimazioni, i processi e le fucilazioni. Il più famoso “Orizzonti di Gloria” di Stanley Kubrick (il film completo), ma poi l'italiano “Uomini contro” di Francesco Rosi (il film completo) (tratto dal libro “Un anno sull'altopiano” di Emilio Lussu) fino al recente “Una lunga domenica di passioni” di Jean-Pierre Jeunet.

“Anzitutto il fascismo… non crede alla possibilità né all'utilità della pace perpetua. Respinge quindi il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta e una viltà – di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla” scriveva Benito Mussolini, duce del fascismo, nel 1938.
L'articolo 11 della Costituzione invece afferma: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questo non significa che non debba esistere un esercito né che, per difendere la pace, si debba rinunciare alla propria libertà e indipendenza né infine che, in casi eccezionali, non si debba partecipare a forze internazionali di interposizione. Certo che la retorica guerresca delle celebrazioni del 4 novembre, con l'esaltazione della guerra più che della pace finalmente recuperata, mi sembra del tutto fuori luogo per onorare i caduti.

Franco Isman



Fabio Bergamaschi
November 05, 2008 6:42 PM

Buonasera.
Vi invio un contributo circa la ricorrenza del 4 novembre che spero possa essere spunto per qualche riflessione.
Cordiali saluti.
Fabio Bergamaschi

Ieri, 4 novembre 2008, ricorreva per l'Italia il 90° anniversario della fine della “Grande Guerra” e proprio alcuni giorni fa è scomparso l'ultimo reduce di quell'immane conflitto e con lui l'ultima viva testimonianza di quegli anni: ci rimangono ora solo le testimonianze tramandate dagli scritti e dalle fotografie dell'epoca ed i ricordi di chi ha ascoltato i racconti di coloro che quella guerra avevano vissuto.
Celebrata in passato come la giornata della “Festa della Vittoria” e “Festa delle Forze Armate” questa data mi suggerisce alcune riflessioni, anche dovute al fatto che il nostro attuale Governo, soprattutto nella persona del Ministro della Difesa, intende dare particolare enfasi alla ricorrenza.
Ho vissuto il 4 Novembre da bambino, e ricordo che i miei genitori mi portarono qualche volta a visitare la Caserma di Monza, dove allora abitavo, aperta in occasione della festa, sede di un reparto dotato fra l'altro di carri armati che affascinavano me e gli altri piccoli visitatori. Ricordo anche i soldati di leva comandati a rispondere alle domande di adulti e bambini.
Ho vissuto il 4 Novembre anche “dall'altra parte”, soldato di leva in un battaglione inquadrato nella Divisione Folgore, a mia volta intento ad accogliere i visitatori. Ricordo anche la cerimonia del giorno del congedo, sono passati più di vent'anni ormai, con la canzone del Piave che non ne voleva sapere di partire, non ho mai saputo se per un guasto tecnico o per uno scherzo dell'addetto, con il Capitano della nostra Compagnia che gridava tutto il suo disappunto con tipico linguaggio da caserma.
A mio figlio ho detto che il servizio di leva mi ha aiutato a capire diverse cose e che non ero favorevole alla sua abolizione ma piuttosto ad una sua trasformazione, che ricordo con piacere quelle occasioni in cui potevo avere contatti con i civili cercando di rendere un servizio utile ma ho pure detto che anche Don Milani scrisse in una famosa lettera aperta che ai propri superiori si può disobbedire.
Proprio la scorsa domenica i miei genitori mi ricordavano di uno zio partito giovanissimo, un “ragazzo del '99”, e ritornato con pochissimi altri del suo reparto scampati al massacro, vivo fra i morti perché coperto e protetto dai corpi dei suoi compagni caduti. Ricordava la grappa data a loro prima degli assalti per dare coraggio e non pensare. Quella tragica esperienza lo segnò per tutta la vita, nonostante il ritorno alla vita quieta delle sue campagne della “bassa”.
A mio figlio, dodicenne, che non ha ancora visto un carro armato da vicino, ho detto che l'eroismo, più che dell'ardito che si lancia con “moschetto e bombe a mano” contro un nido di mitragliatrici, è stato quello di vivere, giorno dopo giorno, per mesi o anni, in condizioni terribili, nel fango delle trincee, con la paura di essere uccisi e di dover uccidere, è stato quello di sopportare di vedere i propri compagni cadere, di essere lontani dalla famiglia, di sapere che a casa non ci sono braccia che lavorino i campi e non c'è chi bada al bestiame e che questo vuol dire fame.
Nella Grande Guerra contadini ed operai uccidevano contadini ed operai, mariti, padri e figli uccidevano altri mariti, padri e figli in un conflitto di dimensioni mai viste in precedenza che lasciò povertà e lutti in tutta Italia, come negli altri paesi coinvolti, in nome di Alti Ideali, della Patria e della difesa ed allargamento dei Confini Nazionali. Persone che nella grande maggioranza parlavano solo il dialetto del proprio paese e che prima di allora non avevano mai lasciato le loro terre si ritrovavano a cercare di sopravvivere gettati in una mischia dalla quale loro, a differenza di pochi altri, non avrebbero ricavato nulla.
Dopo quella guerra i conflitti sono diventati ancora più terribili: le nuove armi consentono di colpire le città ignorando gli schieramenti degli eserciti. La strategia di colpire le città, i villaggi, i civili in genere per fiaccare la resistenza del nemico inaugurata dai nazisti a Guernica, perfezionata dagli Alleati nel secondo conflitto mondiale (come dimenticare Dresda e Hiroshima?), è stata utilizzata in tutti i conflitti da allora susseguitisi sviluppando una serie di varianti come gli assassini mirati, le “operazioni chirurgiche”, gli attentati terroristici, le “pulizie etniche”, le violenze sistematiche alle donne.
A mio figlio ho detto che il 4 novembre non c'è da celebrare una vittoria con parata militare e banda, facendosi intrappolare dalla retorica , ma piuttosto c'è da fermarsi un momento a riflettere sulla nostra storia recente, chiedendosi come si possa agire affinchè non si ripetano le tragedie del passato, rivolgendo un pensiero ai caduti e ricordando che l'Italia, come recita la Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Fabio Bergamaschi



Dario Chiarino
November 05, 2008 8:44 PM

Il 4 novembre mi fa venire in mente una poesia in milanese di Delio Tessa: Caporetto 1917.
Se non la conoscete, nell'allegato ne troverete l'inizio e la relativa traduzione.

D.C.


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