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“Combattere fino alla liberazione della nostra Patria”
Lettera del comandante partigiano F.M.Beltrami al comando tedesco
Umberto De Pace


F.M.Beltrami
Egregio Colonnello,
in luogo di telefonarle, preferisco inviarle questa lettera; i miei superiori non acconsentono al colloquio richiesto e proposto. Non mi rimane che esprimerle per iscritto il mio pensiero.
Lei mi ha chiesto ieri per telefono quali siano le mie intenzioni. Eccole: combattere fino alla liberazione della nostra Patria, liberazione dagli occupanti stranieri, di qualunque nazionalità siano, liberazione dall'infame cricca fascista, colpevole di vent'anni di malgoverno, colpevole di aver portato il paese in una guerra colossale senza la necessaria preparazione, colpevole delle miserevoli figure imposte al nostro esercito per il proditorio attacco alla Francia, quando credette di poter sfruttare un vostro innegabile successo, e alla Grecia; ed ora infine colpevole di banchettare sulle ultime risorse del popolo martoriato, chiedendo protezione alle baionette tedesche e al sangue tedesco per le malefatte. Perché queste tristi figure di fascisti non vengono all'attacco delle nostre posizioni?
Perché sono dei vigliacchi, perché preferiscono esporre la nostra vita in luogo della loro miserevole esistenza; pronti a tradirvi nel caso che le sorti della guerra riuscissero a voi definitivamente sfavorevoli.
Essi parlano di onore nazionale, ma il loro esercito, la loro milizia sono formati per la maggior parte da elementi usciti dalle carceri, a cui il condono della meritata pena valse gradi di ufficiale.
Di fronte a questa gente, signor Colonnello, l'esercito dei patrioti, anche se piccolo di numero, non piega, non può piegare. Noi combattiamo per l'onore della nostra bandiera che non deve essere portata da mani vigliacche e sudice. Queste cose le dico a lei, per quanto mi pesi dirle a uno straniero.
In quanto lo scadere dell'ultimatum, le dirò, signor Colonnello, che noi non deponiamo le armi, unica garanzia della nostra libertà. Ma, per non coinvolgere le popolazioni borghesi in una lotta senza quartiere, ho deciso di lasciare gli eventuali accantonamenti; ci sparpagliamo nel paese, apparentemente scompariamo, perché i tempi non sono ancora maturi per una lotta aperta, per quanto sarebbe la più gradita al cuore di un soldato.
I miei compagni non hanno bisogno di comodi alloggiamenti; il periodo d'istruzione concesso ha garantito la necessaria mobilità per continuare la lotta ovunque si presenti.
Avrei voluto aver l'onore di conoscerla personalmente, così, invece, non mi resta che salutarla per iscritto.
F.to: Capitano F.M. Beltrami

Val d'Ossola, Natale del 1943, spedita la lettera, il capitano Beltrami, si trasferì con il suo gruppo di partigiani in valle Strona, unendosi ad altri gruppi partigiani e continuando così la lotta di liberazione. Il 13 febbraio 1944, furono attaccati da reparti tedeschi delle SS, un corpo di truppe tedesche da montagna, insieme a loro le Brigate Nere e Guardie di Finanza. Per permettere ai suoi uomini di ritirarsi, il Capitano Beltrami, insieme a Antonio Di Dio, Gianni Citterio, il sedicenne Gaspare Pajetta e una decina di altri partigiani, si sacrificarono morendo sotto il fuoco nemico.
Gianni Citterio era un nostro concittadino, fra i fondatori del movimento antifascista monzese.


Umberto De Pace

P.S.: la lettera del capitano Beltrami è tratta dal libro di memorie scritto da sua moglie.

copertina
Il capitano
Beltrami Gadola, Giuliana
Sapere 2000 Ediz. Multimediali, pag. 109, € 9,90
Collana L'Italia libera

A Monza al LIBRACCIO
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  22 aprile 2009