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ECONOMIA E DINTORNI
Il non-economista 2
Giacomo Correale Santacroce

tremonti titanic

In un libro intitolato “Tremonti: istruzioni per il disuso” cinque economisti (Alberto Bisin, Michele Boldrin, Sandro Brusco, Andrea Moro e Giulio Zanella) che lavorano in università americane "smontano" le pseudo teorie economiche del nostro tanto immeritatamente osannato ministro dell'economia.
Nel libro c'è una definizione che condivido pienamente, e che apostrofa Tremonti come "Il tributarista di Sondrio".
Quando ho scritto su l'Arengario che Tremonti non è adatto a fare il ministro dell'economia perchè è un non-economista, non volevo dire che per quel ruolo ci voglia per forza un economista. Anzi, sono d'accordo con chi ha osservato che come ministro è meglio un personaggio con una visione non specialista, e quindi con una visione politica. Però che sappia di economia politica, e non di economia aziendale.
Ora, a mio parere, Tremonti è rimasto sempre un grande tributarista, comunque al servizio del nostro ahinoi presidente del consiglio, negato per la politica economica. La sua arte è quella cosiddetta della "ingegneria finanziaria", che va dalle cartolarizzazioni degli immobili per poterli vendere più facilmente (un mezzo insuccesso), alle attuali privatizzazioni fasulle, con la costituzione di società per azioni (per i beni militari, per la Banca del Sud, replica della famigerata Cassa del Mezzogiorno, per la tentata S.p.A. della protezione civile), apparentemente private ma in realtà di proprietà pubblica, che consentono a chi è al potere di migliorare l'aspetto dei bilanci pubblici, aumentare il proprio controllo sulle attività pubbliche sottraendole ai controlli amministrativi e riducendo la trasparenza, il tutto sotto il manto della maggiore efficienza. In realtà, con il risultato di accrescere il numero di enti inutili, esautorando la pubblica amministrazione che non si sa e non si vuole riformare  e aumentando la spesa pubblica complessiva.
A mettere in dubbio la preveggenza che Tremonti si è attribuito (negandola agli economisti veri) basta ricordare un piccolo episodio (ma se ne potrebbero trovare molti altri): l'aver detassato gli straordinari nel momento in cui era facilmente prevedibile che non se ne sarebbero più fatti, per via della crisi galoppante.
In realtà Tremonti è un Berlusconi in salsa diversa. Ha una capacità demagogico-marketista che rivaleggia con quella del suo cliente (e non è poco), non ha una strategia, ma una tattica basata su singoli interventi a grande effetto annuncio sull'opinione pubblica (come le critiche alle banche e la Robin tax), a cui segue poco o nulla.
I risultati sono sotto gli occhi di chi vuol vedere: debito pubblico aumentato dal 105,8% del PIL nel 2006 a 116,9% nel 2010,  spesa pubblica  aumentata (gravissimo) e idem pressione fiscale. Se dovessero aumentare i tassi d'interesse, i nostri conti pubblici salterebbero.
Oggi il tributarista ha una unica preoccupazione, che lo contrappone al suo cliente: mentre quest'ultimo è uno incorreggibile scialacquatore a carico dei contribuenti e a favore dei suoi amici,  pescando a piene mani nelle tasche  dei primi nel momento stesso in cui lo nega, secondo la logica dello "apres moi le deluge" (tanto il diluvio ovviamente sarà colpa di chi verrà dopo), Il nostro tributarista non vuole cadere dal piedistallo ed essere ricordato come il bancarottiere dello stato italiano. Per questo tiene stretti i cordoni della borsa, ma senza criterio, per cui quei cordoni rischiano di diventare il cappio al collo dell'economia italiana.

Giacomo Correale Santacroce


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  25 marzo 2010