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Irresponsabilità tra violenza e povertà
Umberto De Pace

Tor Sapienza – Roma
Tor Sapienza – Roma

Da anni erano in molti a chiedersi come mai nel nostro paese, pur pesantemente colpito dalla crisi, vi fossero reazioni e proteste tutto sommato contenute. Lo hanno detto politici, intellettuali, giornalisti, lo si è sentito più volte ripetere nelle conversazioni informali nei bar, per la strada. Dopo il disagio, l'impoverimento, i licenziamenti, la mancanza di lavoro, le proteste, i suicidi, oggi possiamo dire che abbiamo anche la violenza. Intendo, non quegli atti di violenza sporadici o messi in atto da soggetti per i quali essa è l'unico strumento che faccia da tramite con la società in cui vivono, ma una violenza che tende a diffondersi, permeare, affiancare settori disagiati della società o settori sospinti ai suoi margini, da una crisi feroce dalla quale non si vede uscita.
In una situazione come questa l'amalgama tra i primi, mestatori di violenza, e i secondi, disillusi e privi di speranza, è altamente possibile. Senza contare gli eccessi di violenza da parte delle forze dell'ordine, come i recenti fatti di Roma contro il corteo dei lavoratori FIOM purtroppo ci ricorda.
Benché il tutto fosse ampiamente prevedibile, come mai proprio ora prende forma in modo così evidente? La risposta, a mio parere, va cercata nel campo della politica.

Partiamo dal dato più evidente: abbiamo un centro destra allo sbando, momentaneamente privo di leadership, incapace di chiudere l'epoca berlusconiana e di aprire nuove prospettive. All'interno di questa area politica, alcuni fra i più “giovani” – Fitto, Meloni, Salvini ad esempio – tentano nei più svariati modi di emergere e in qualche modo di “marcare il territorio” in vista dell'inevitabile, non fosse altro che per questioni d'età, avvicendamento politico. Fra di essi Salvini ha scelto la strada più breve, quella d'altronde già ampiamente sperimentata dalla Lega, sapendola coniugare con un respiro “nazionale” ed europeo, al fine di permettergli di stare al passo con i tempi. E' la strada del soffiare sul fuoco del disagio sociale offrendogli in pasto i soliti capri espiatori: rom, migranti, profughi; quella di presentarsi con la faccia “pulita” e parole sobrie nelle dovute sedi pubbliche per poi cambiare registro con il suo popolo, nelle piazze, alla radio, ai raduni di partito; quella di organizzare iniziative atte a provocare e alzare il livello dello scontro, come la tentata visita al campo rom di Bologna; quella infine di stringere accordi con l'estrema destra.

D'altro canto era facilmente prevedibile, fin dalla scorsa estate, che realtà come quelle di Tor Sapienza a Roma sarebbero potute esplodere. La situazione di disagio sociale e impoverimento, la presenza di immigrati concentrati in numeri più o meno elevati, il lavorio degli apprendisti stregoni della destra estrema e della Lega, non potevano dare altri risultati. Occorre quindi chiedersi il perché a Roma, l'amministrazione di centro sinistra, non abbia saputo gestire per tempo tale situazione, lasciando che degenerasse oltre il suo limite. Irresponsabilità anch'essa?
Altrettanto evidente, non meno importante, è l'irresponsabilità da ascrivere direttamente al capo del governo Matteo Renzi. Non che non vi siano altre irresponsabilità governative – basti pensare al ministro Alfano, al quale però forse va dato beneficio di incapacità più che di irresponsabilità – ma, visto il modo personale e accentratore di svolgere il suo ruolo, è giusto dare a “Matteo quel che è di Matteo”.

Impegnarsi a fondo per mesi in una estenuante “battaglia” contro una parte del sindacato (CGIL e FIOM) ignorando o snobbando le restanti parti; pensare di poter far a meno dei cosiddetti “corpi intermedi” della società, instaurando un rapporto “diretto” con i cittadini; prendere parte a iniziative smaccatamente di contrapposizione interne al mondo del lavoro (vedi l'invito della Confindustria bresciana) vuol dire infierire ulteriori colpi a una società nel suo insieme già profondamente provata. Se si cerca di giustificare tale atteggiamento con la dura posizione assunta dalla CGIL-FIOM – pur criticabile, non solo per l'iniziativa unilaterale dello sciopero generale ma anche per frasi, francamente irresponsabili anch'esse, quali la “brutale” riposta annunciata dalla Camusso – ci si dimentica del ruolo e della responsabilità più alta e più ampia, “al di sopra delle parti”, che dovrebbe avere un capo di governo. Responsabilità che le twittate (una volta si sarebbero chiamate c…) alla Ernesto Carbone – della serie il “ponte è servito”, riferito al prossimo sciopero generale – pare vengano usate da alcuni come zerbino prima dell'ingresso nella segreteria del PD.

Non si tratta di pretendere ciò di cui ci sarebbe bisogno, ovvero uomini e donne di governo in grado di unire anziché dividere, di raccogliere intorno a se tutte le forze di questo paese per risollevarlo in uno sforzo comune; non si può chiederlo a chi ha dimostrato ampiamente di non essere in grado di farlo, nemmeno nel suo partito, ma il chiedere a un capo di governo di evitare di rinfocolare lo scontro, assumendo un atteggiamento più sobrio e consono al suo ruolo è il minimo che si possa fare. Forse vale la pena ricordarlo agli smemorati o agli inconsapevoli: oltre quei “corpi intermedi” di cui si pensa di poter fare a meno, rifiutando il confronto e banalizzandone il ruolo, ci si troverà nel mezzo del puro scontro, del tanto peggio tanto meglio, cosa che, sinceramente, non è da augurare a questo già martoriato paese.

In tutto ciò pesa come un macigno la mancanza di una Sinistra nuova e unita, consapevole della sconfitta storica subita nell'epoca passata, che sappia essere presente sui territori da protagonista, portatrice di programmi che guardino al presente e al futuro e poggino su quei valori intramontabili di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza che da sempre l'hanno contraddistinta. Una Sinistra che sappia andare oltre le eterne contrapposizioni e settarismi. Una Sinistra che forte delle proprie ragioni sappia confrontarsi con le ragioni degli altri. Una Sinistra che sappia dare a tanti cittadini e altrettante realtà organizzate del nostro paese, una rappresentanza politica all'interno delle istituzioni. Una Sinistra che si faccia carico del disagio, della povertà ma anche della grande richiesta di cambiamento che da troppo tempo è in attesa di risposta e che alle volte, anche fra le sue fila, cerca irresponsabilmente nelle contrapposizioni violente lo sfogo della propria rabbia e impotenza. Sarebbe da irresponsabili non provarci ancora.

Umberto De Pace


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  17 novembre 2014