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La guerra alle porte di casa
Umberto De Pace

civili uccisi

La crisi ucraina non fa che peggiorare accompagnata da proposte e tentativi di soluzione i quali, non affrontando direttamente i “torti” insiti nella sua nascita (vedi “Kiev è mal accompagnata” poli700.html), sono insufficienti a porre solide basi per una concreta soluzione del conflitto. Continua così il macabro conteggio quotidiano delle vittime, per lo più civili, che ammontano oramai a più di 5000 e continuano a crescere di giorno in giorno. Teniamolo bene in mente tutto ciò, affinché un domani, guardando un film o leggendo un libro con il racconto di questa guerra, non ci colga lo stupore accompagnato dalla domanda: io dov'ero? Com'è possibile che sia successo tutto ciò? Anche se oggi il rischio che corriamo si prospetta ben peggiore del semplice oblio.

Assistiamo alle “porte di casa” al sacrificio di migliaia di uomini, donne, bambini, nascosti nelle cantine dei loro paesi bombardati o uccisi da colpi di mortaio tra le bancarelle del mercato, feriti mentre attraversano ignari un ponte o una strada dei loro paesi. Guardiamo le immagini in televisione, le foto sui giornali con il loro sangue riverso sulla terra o l'asfalto, sentiamo i loro pianti, vediamo i loro sguardi attoniti o terrorizzati. Noi siamo qui ad osservare ma siamo parte in causa, perché questa “crisi” è anche nostra: di un'Europa che fatica ad esserci e che, ancora una volta, si è dimostrata irresponsabile nel fare crescere alle sue porte una “crisi” trasformatasi velocemente in una guerra. Certo, la maggior parte dei paesi europei sanno che non vi può essere soluzione se non sul piano politico, e che la stessa non può passare, né essere rafforzata, dall'invio di armi a Kiev. E' un bene questo, ma non basta.

L'Europa si dimostra divisa e la soluzione politica è quella che si fatica a pronunciare chiaramente perché, pur sapendo che è l'unica praticabile al contempo è la dimostrazione inequivocabile che non valeva la pena di sacrificare la vita di nessuno, nemmeno di un singolo uomo per essa. Perché l'Ucraina è e deve restare un paese di frontiera multipolare e multiculturale, e per questo non deve entrare nella NATO ma piuttosto doveva e deve stabilire accordi commerciali, culturali e politici sia con la Comunità Europea che con la Russia. Pur sapendo che non c'è alternativa, l'Europa fatica a porre sul piatto tale soluzione perché è consapevole che far oggi ciò che poteva essere fatto ieri ha dei costi pesanti; non solo le migliaia di vittime innocenti, ma anche la rinuncia definitiva a qualsiasi pretesa di riannessione della Crimea e un riconoscimento in qualche modo, sotto confederazione o ampia autonomia, alle regioni orientali dell'Ucraina. In pratica una sconfitta per Kiev e per chi l'ha sostenuta fino ad oggi in modo irresponsabile e inadeguato; ma non vi è altra soluzione.

Quello che andava fatto ieri, va fatto oggi, perché un domani potrebbe essere troppo tardi. Se il disfacimento della Jugoslavia degli anni '90 ci ha dimostrato come l'orrore possa avere l'avvento sulla ragione, una volta lasciato campo libero ai nazionalismi e alle irresponsabili influenze esterne, dobbiamo avere ben presente che in Ucraina non si gioca solo una partita interna, pur sfuggita di mano, ma sempre più una partita tra potenze “non più mondiali”, Russia e Stati Uniti. Una partita dagli esisti incerti, tra i quali non è possibile escludere un allargamento del conflitto alle restanti parti del nostro continente. L'Europa non può e non deve permetterlo. Fare oggi ciò che andava fatto ieri fermerebbe, pur con colpevole ritardo, il massacro di civili e permetterebbe all'Ucraina di iniziare a costruire il proprio futuro che non può che essere che a cavallo dei “due mondi”. Oggi con molte più difficoltà rispetto a ieri a causa delle ferite e delle lacerazioni che questa nuova guerra si trascinerà dietro anche dopo la sua fine; sarà anche nostro compito contribuire a sanarle e rimarginarle, perché noi tutti ne siamo colpevoli e non potremo dire un domani: noi non c'eravamo, noi non sapevamo.

Umberto De Pace

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  8 febbraio 2015