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PALESTINA E ISRAELE

Riwaq, la tutela dell'identità culturale
Tania Marinoni

Luisa Morgantini con Suad Amiry

E' il 1948, l'anno che i palestinesi non dimenticheranno, quello della spartizione voluta dall'ONU e della guerra. L'anno che apre alla Nakba la distruzione per opera del governo israeliano di interi villaggi e l'esodo di 700.000 tra uomini, donne e bambini. E' il 1948, la data che traccia lo spartiacque tra il mito della tradizione e il dramma corale che riecheggia con vigore nelle famiglie e si annida silenzioso nelle coscienze. Il tragico canta la grande e struggente narrazione di un popolo riservato che piange pubblicamente la perdita collettiva e nel privato quella individuale: ad essere violato, nelle testimonianze, è sempre il territorio e non la propria casa. La memoria comune e la dimensione intima vengono devastate invece sia nei pubblici spazi, che negli ambienti residenziali. In molti abbandonano le città, i villaggi e le dimore congelate nell'ultimo atto di una vita che non apparterrà più ai legittimi proprietari; diverse sono le abitazioni demolite e sostituite con fabbricati moderni che si inseriscono nel tessuto urbano preesistente all'insegna di una stridente distonia. Alcuni immobili vengono adibiti ad usi impropri per recitare una parte sottratta ad altre ombre nel crudele teatro della storia.

L'identità di un popolo si riconosce anche nel suo patrimonio culturale, nella meraviglia della natura e nello stile architettonico dei suoi monumenti. Suad Amiry, architetto e scrittrice di Damasco, ha militato nelle delegazioni palestinesi in favore della pace in Medio Oriente: credendo nella preservazione del patrimonio storico e architettonico quale strumento indispensabile per tutelare l'identità palestinese, fonda nel 1991 a Ramallah, RIWAQ, il Centro di restauro e conservazione degli edifici storici. “Una volta rimossi dal loro contesto culturale, i dettagli architettonici perdono la loro rilevanza storica... Esattamente come i palestinesi, che hanno perso la loro rilevanza una volta rimossi dal loro habitat naturale, la loro terra” constata con amarezza l'autrice nel romanzo “Golda ha dormito qui”.

Un team di architetti, storici, archeologi e studenti ha redatto il Registro Nazionale degli Edifici Storici, un progetto che in tredici anni di ricerca ed analisi ha prodotto un archivio documentale, corredato da elaborati grafici e fotografie di circa 420 villaggi in 16 distretti della Cisgiordania, Gerusalemme est e nella Striscia di Gaza.  Per definire le strategie di intervento sugli immobili occorre infatti un'adeguata conoscenza preliminare del patrimonio immobiliare in esame. Attraverso il censimento si perviene ad importanti informazioni relative agli aspetti quantitativi e dimensionali, oltre alle caratteristiche tecniche delle costruzioni. Il prezioso strumento rivela che il 50% dei fabbricati storici della Palestina risiede in cinquanta villaggi: 50.230 costruzioni con i relativi centri storici diventano così oggetto di recupero nei progetti di conservazione, lo strumento centrale per la diffusione del messaggio di Riwaq alla società palestinese. La maggior parte degli immobili restaurati ospita attività pubbliche, come iniziative rivolte all'infanzia, cliniche e scuole.
Ripristinare questi edifici e destinarli ad una pubblica fruizione è un esempio vivente della capacità di restituire alla collettività strutture storiche dismesse, che riacquistano così un ruolo attivo nella vita quotidiana della popolazione. Tali realtà divengono altresì veri e propri nodi di connessione tra quartieri separati, fungendo da centri di attrazione per attività culturali: catalizzano iniziative che necessitano di spazi e offrono spazi per nuove forme di interazione sociale. Risorse umane e finanziarie estremamente ridotte hanno in passato ostacolato la tutela del patrimonio culturale in Palestina: la pratica della conservazione si applica oggi a singoli edifici, porzioni degli stessi, o, quando possibile, ad interi fabbricati di qualche centro storico. Ma il tema del restauro richiede di abbandonare una visione frammentata della modalità di operare, rivolta a singoli elementi, in favore di un approccio organico alla problematica. Una tale sfida non richiede solo di predisporre una linea d'azione politica, ma un effettivo cambiamento di mentalità: una cura riservata agli spazi e che incoraggi lo sviluppo di un intero sito.

La conservazione, in passato intesa come un'attività costosa, si svolge in questo contesto all'insegna della sostenibilità: la“Creazione del Lavoro attraverso la Conservazione” ha trasformato con successo il patrimonio culturale in un importante strumento economico. Così il restauro, discostandosi dalla tradizionale e limitante pratica della tutela storica, prevede una serie di interventi e di azioni finalizzate al miglioramento delle condizioni fisiche, economiche e culturali di un intero sito, consentendo altresì uno sviluppo in ambito sociale. Gli interventi garantiscono agli immobili sia una risposta adeguata ai bisogni espressi del vivere contemporaneo, sia la tutela fisica degli edifici: la fruizione di strutture collettive e di ambienti privati, così come la qualità della vita della popolazione locale, conosce un miglioramento sensibile. Il centro storico di Birzeit, una piccola città universitaria a nord di Ramallah, è uno dei cinquanta villaggi di Riwaq scelto come progetto pilota per il processo di riqualificazione. L'obiettivo consisteva nel trasformare la città in un fulcro centrale di attività e servizi, adibendo edifici storici non solo ad uso residenziale, ma anche ad attività culturali ed educative. Il forte richiamo turistico locale con eco internazionale porta nel 2007 alla formulazione dei Piani di Restauro per i quattro centri più significativi. Grazie a questi strumenti si opera non solo per una tutela legale, ma anche per garantire quella sociale ed economica delle aree storiche in oggetto. Per un territorio occupato, contraddistinto da un'economia sottosviluppata e da scarse risorse come la Palestina, vincere la sfida lanciata dalla conservazione e dal recupero dei suoi splendidi centri storici diventa la condizione indispensabile per continuare a testimoniare l'identità culturale di un popolo negli anni a venire.

Tania Marinoni

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  12.09.2015