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LA SINISTRA CHE VERRA'

Il capolavoro e l'identità dissolta
Umberto De Pace


Capolavoro” e “identità dissolta” sono due concetti agli antipodi fra loro quando riassumono il pensiero indotto dall'osservare un identico fenomeno. Tanto più se coloro che osservano, e conseguentemente esprimono il loro giudizio, sono soggetti che conoscono bene la materia di cui si tratta. Quindi né scuse per malcelata ignoranza, né fatuità di giudizio può essere accampata quale giustificazione per un eventuale errore di valutazione. Ne consegue che i due soggetti hanno una visione radicalmente diversa in materia, e che difficilmente potranno mai raggiungere una visione condivisa. Poco male potremmo dire da un punto di vista filosofico generale ma, c'è un ma che nel caso specifico non ci permette di passar sopra, come se nulla fosse, a tale contrasto di vedute. Il motivo sta nel fatto che la materia del contendere è niente meno che il contratto sul quale si basa la convivenza fra i soggetti in questione. Mi riferisco alla Carta Costituzionale, al centro del dibattito in questi giorni dopo l'approvazione definitiva della sua modifica al Senato.

Un capolavoro. Abbiamo fatto un capolavoro tutti insieme”, questo è stato il commento del presidente del consiglio Matteo Renzi. Di tutt'altro parere l'appello lanciato da alcuni costituzionalisti, per i quali la proposta di legge approvata dissolve “... l'identità della Repubblica nata dalla Resistenza. E' inaccettabile per il metodo e i contenuti, lo è ancor di più in rapporto alla legge elettorale già approvata”. Qualcuno può pensare di cavarsela giustificando il tutto, da una parte, con l'atteggiamento guascone – verso il quale spesso il premier indulge – e dall'altra con il sottolineare il background culturale dei firmatari l'appello accusatorio (Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone) ma vorrebbe dire semplicemente sottovalutare la portata e l'importanza del problema, al cui centro vi sono le fondamenta della nostra società ed è dovere di tutti quindi preoccuparsene.

Dopo vent'anni vissuti in una improbabile seconda Repubblica, in preda a un interminabile passaggio verso un nuovo assetto istituzionale e costituzionale, assistere oggi a quanto sta accadendo non può che far cadere ogni illusione a chi pensava che finalmente fosse giunta l'ora per una maggiore condivisione d'intenti e una democrazia più matura. E se è pur vero che pretendere che tale compito fosse svolto da un parlamento e un governo tutto sommato “illegittimi” – sia pur pienamente “legali” – era una semplice chimera, è altrettanto vero che dopo un'attesa di vent'anni ci si aspettava ben altro. Non solo il cambiamento in corso non raccoglie le speranza e la fiducia di una buona parte dei cittadini ma addirittura ne sollecita la protesta, in un'ottica di divisione e contrapposizione anch'essa così cara al premier che del divide et impera, di berlusconiana memoria, pare abbia fatto il proprio motto.

Ma come in tutto le cose bisogna saper cogliere anche i lati positivi della vicenda. Quello che emerge con maggior nitidezza è l'opera di pulizia e chiarezza che Matteo Renzi ha saputo apportare al sistema politico del nostro paese. Il suo vigore giovanilistico, la sua spregiudicatezza, ma soprattutto la sua visione politica, permettono al paese di voltare pagina ricollocando il Partito Democratico al centro dell'assetto politico italiano. E' in fase di conclusione quell'interminabile, anch'esso, traghettamento di uno dei principali partiti politici italiani dalla sinistra comunista del PCI, al centro democratico del PD renziano. Al di là dei più che comprensibili malesseri interni al partito – i quali si spera che trovino al più presto una loro risoluzione e collocazione – è innegabile che in tale prospettiva sia sempre più urgente la costituzione di una forza politica di sinistra, che sappia riunire tutte quelle forze ed energie oggi disperse in più o meno piccoli partiti, movimenti, associazioni; ma soprattutto che sappia essere punto di riferimento per quella fetta ancor più vasta di disillusi e senza partito che dell'astensione hanno fatto il loro ultimo strumento di protesta, o per quanti parcheggiano indolenti nel limbo pentastellato.

I temi dell'assetto costituzionale e della legge elettorale non possono che rappresentare uno dei temi più importanti per qualsiasi società. Temi sui quali tutte le forze politiche devono intervenire portando il proprio apporto, ognuna partendo dalle proprie convinzioni e ideali, per giungere a un confronto e a una sintesi con chi la pensa diversamente. Ciò non è stato fatto sufficientemente in parlamento, almeno fino ad oggi, viste le distanze abissali tra il “capolavoro” e “l'identità dissolta”. Pur rimanendo in attesa dei futuri passaggi parlamentari e istituzionali, conviene prepararsi per tempo a una difficile quanto importante battaglia politica e culturale che troverà compimento nel referendum confermativo che si terrà da qui a un anno. Un appuntamento a cui la sinistra (quella che verrà) non può mancare.

Umberto De Pace

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  19 ottobre 2015