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David Bowie, ovvero l'osceno in musica
Tania Marinoni

HEIL HEIL

David Bowie è morto, forse a New York, magari a Londra: non si sa. E la notizia viene accolta tra i fan con evidente incredulità, interpretata quasi come una boutade, sebbene un po' macabra e grottesca. È l'ultimo quesito lasciato senza risposta dall'artista dalle mille maschere. Ufficiale, e che gli fa onore, è la coraggiosa battaglia intrapresa contro il cancro per diciotto mesi, vissuti nella più totale riservatezza.

David Bowie è morto e tutto il mondo sembra ammutolire, persino chi in vita lo aveva fortemente criticato per quelle simpatie filonaziste ostentate e poi negate: per quei libri di Goebbels e Speer con cui varcava il confine della Polonia dopo il viaggio in URSS, per quelle dichiarazioni in cui auspicava per la Gran Bretagna un leader fascista, per quel braccio teso nel saluto a cui una folla unanime rispondeva con un fragoroso e raccapricciante “Heil Hitler!”.

Ma chi era David Bowie? Tutto e il suo esatto contrario, la negazione decisa di ciò che in precedenza aveva gridato. La sfera politica e quella sessuale erano strumenti utili per condurlo al successo: l'artista britannico non conosceva limiti invalicabili, ma solo opportunità, da cogliere al volo. David Bowie aveva mille visi e nemmeno un volto, tante maschere dietro cui celava il desiderio di affermazione. Si, perché le sue provocazioni, per quanto spinte e in apparenza spontanee, venivano lanciate al momento opportuno e nel luogo adatto, quasi progettate a tavolino. La tragedia più grande della storia diveniva nel saluto romano un gesto teatrale, per essere poi smentito in un'intervista. La fede fascista era prima ostentata in tutta la sua vacua esteriorità e poi negata in una dichiarazione di apoliticità. Persino l'ambiguità sessuale diventava espediente per costruire il personaggio del momento, sempre sfuggente e transitorio, irriverente e volutamente contraddittorio. Tra i nobili compiti affidati all'arte si annovera certamente anche quello di suscitare interrogativi, mettendo in crisi la communis opinio e destabilizzando il pensiero assopito, ma in una logica costruttiva.

L'ostentazione di gesti indecorosi resta tale e non assume altra valenza se inscenata su un palcoscenico. “…alla fine a Bowie si può perdonare tutto, come spesso accade per il mondo della musica” afferma Emiliano Liuzzi in “David Bowie e il nazismo come fatto teatrale”. No, a David Bowie e alla musica non si può perdonare tutto, specialmente se si crede che l'arte debba e possa suscitare emozioni e trasmettere valori. David Bowie iniettava la sua ispirazione artistica con istrioniche forme di apologia nazifascista, con atti pornografici, e quindi osceni, sotto i riflettori. Il “Duca Bianco” è morto e quando si spegne una vita è giusto lasciare la parola al silenzio e spazio ad un doveroso sentimento di rispetto. Ma non si deve incensare e insignire con l'appellativo di artista chi ha musicato la decadenza dei costumi nella società attuale, chi ha soffocato il nobile senso del pudore, chi ha oltraggiato il decoro.

Tania Marinoni

Paolo Patruno  25 maggio 2017 alle ore 16:25
Mi chiedo se il direttore responsabile dell'Arengario richieda ai propri collaboratori e contributori di verificare con correttezza fonti e fatti. Ho il dubbio che non lo faccia altrimenti un articolo del genere non sarebbe mai stato scritto. Di opinioni se ne possono avere diverse ma qui si riportano in maniera totalmente distorta i fatti. Ma questo è giornalismo? E se questo è lo stile generale del quotidiano che credibilità potrà mai avere su altre.tematiche ancor più difficili da riscontrare da parte dei lettori?

Laura Patrizi 27 maggio 2017
La signora marinoni non ha idea di chi sia l'uomo e l'artista del quale ha dissertato in maniera così manichea, tanto da non concedere né attenuanti né tantomeno assoluzioni, così come chi le ha permesso di divulgare un così intransigente e ottuso pensiero, distorto, tendenzioso e strumentale.
Peccato, un vero peccato, aver perso un'occasione per aprire la mente, e andare oltre.

Franco Isman
direttore editoriale di Arengario.net 27 maggio 2017
Siamo sempre molto attenti nel verificare quanto pubblichiamo andando a controllare più di una fonte, chiedo quindi al signor Paolo Patruno di segnalare quali siano a suo parere i fatti totalmente distorti.
Quanto alla signora Laura Patrizi, dico che l'apologia del nazismo, che si è macchiato del più orrendo crimine dello scorso secolo, è reato sia in Germania che in Italia ed è sempre e comunque odioso ed inaccettabile.

Laura Patrizi 27 maggio 2017
Gentile Franco Isman, grazie per l'informazione in relazione all'apologia del nazismo, della quale non solo sono a conoscenza, ma che reputo odiosa e inaccettabile come e più di lei. 
Ribadire questo concetto, però, mi convince ancora di più che lei e il suo entourage di questo uomo e artista avete capito ben poco.
Cordialmente.

Patrizia Germani 28 maggio 2017
Per intanto può rispondere gentilmente anche alla precisa richiesta che ho fatto in base alla fonte della risposta dei fan all'episodio alla Victoria Station? Grazie. Se posso aggiungere, credo che la Germania abbia fatto i conti con il nazismo molto più di quanto noi lo si abbia fatto con il fascismo (purtroppo abbiamo ancora episodi vergognosi di apologia che vengono tollerati, ma questo è altro discorso), eppure la città di Berlino ha apposto una targa commemorativa di riconoscimento nel luogo dove Bowie ha vissuto negli anni Settanta. Forse varrebbe la pena di chiedersi come mai sia stato amato anche dalla Germania attuale, se davvero fosse stata una persona sospetta di apologia di nazismo.

Laura Patrizi 28 maggio 2017
Esatto.
Altrimenti quella targa avrebbe avuto vita molto breve.
Quando Bowie è morto, in moltissime città, specie nelle più rappresentative della vita e dell'arte di Bowie, si sono formati dei gruppi spontanei di raccoglimento, di fans accorsi per onorarne l'operato artistico e per manifestare l'affetto che lui ha meritato in questi 50 anni nei quali ha dispensato il suo Genio.
Anche a Berlino, e come ovunque, non si sono viste braccia tese, bandiere con svastiche o cori inneggianti al nazismo, se non quelli a "Space Oddity". Mi permetta poi di dirle: non voglio dare insegnamenti, ma se si scrive di qualcuno o di qualcosa, specialmente se poi ciò che si scrive verrà letto da qualcuno che, non conoscendo, si farà un'idea, bisogna scriverne con cognizione di causa, che non significa solo verificare un fatto e una notizia, anche perché bisogna vedere la fonte della verifica, ma averne una conoscenza profonda e completa. 
Vi siete limitati a prendere uno "spunto" - un artificio? - e avete mortificato in quelle poche righe 50 anni di storia della musica, e non solo.
Bowie ha cento maschere e un volto, quello di David Robert Jones, artista straordinario, uomo gentile e padre di famiglia, nonché marito, per 24 anni - e senza uno scandalo - di una bella signora di colore, guardi un po'...

Laura Patrizi 28 maggio 2017
E le dirò anche, dopo ave riletto, non senza un moto di rabbia, le ultime righe dell'infamante, a questo punto, articolo della signora marinoni, che in quelle parole ha insultato non solo un uomo e un artista degnissimo e immenso, ma anche i milioni di fans che per 50 anni hanno seguito e amato lo stesso, la cui eredità è, grazie al cielo, a disposizione di chi ha mente e spirito per accoglierla.

Patrizia Germani 28 maggio 2017
Non te la prendere, Laura. Noi che lo abbiamo seguito negli anni sappiamo che parlano la sua vita e la sua opera. Conosciamo le sue ombre e non le rinneghiamo ma le sappiamo inquadrare dato che conosciamo il perché, conosciamo cosa di quel periodo ha dato adito a tanto clamore, conosciamo i retroscena, il bisogno che aveva di approfondire tutto. Conosciamo la storia di Ziggy, di H. Jack, del Duca Bianco e di Nathan Adler. Sappiamo cosa pensava dei suoi alter ego,come sapeva anche criticarli in quanto personaggi. A me spiace solo che nel chiudere le porte così si perda un'occasione. Può piacere o non piacere, ma un giudizio così non mi dà l'impressione di un vero padroneggiare l'argomento. Posso ovviamente sbagliare, per questo aspetto chiarimenti se vorranno darli (soprattutto vorrei proprio sapere da dove esce questa novità dei fans inneggianti a Hitler...). Però, come dicevi sopra, non bastano le fonti, si dovrebbe studiarlo e sappiamo quanto materiale c'è su di lui. I suoi percorsi sono stati un continuo incrociare di argomenti e punti chiave, che andavano e tornavano e si intrecciavano. È troppo complesso come artista.

Laura Patrizi 28 maggio 2017
Lo stesso Cardinal Ravasi, che suppongo conoscerete, mentre la signora marinoni cercava le parole giuste - per lei - per infangare il ricordo di tanta grande perdita, ha lanciato un tweet nel quale, parafrasando il testo di uno dei successi tra i più famosi di Bowie, gli augurava "buon viaggio" e "may God's love be with you"... E con questo chiudo, non credo si possa dire di più. Di nuovo cordialmente.


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  14.01.2016