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Trivellare o non trivellare ?
Franco Isman

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Il 17 aprile si svolgerà il referendum sulle trivellazioni petrolifere entro le acque territoriali, cioè entro 12 miglia (22,2 km) dalla costa, concesse prima del divieto sancito dal DL 83/2012. Non riguarda né quelle sulla terraferma né quelle in mare aperto, aperto relativamente per quel che concerne il Mediterraneo.

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Questo il testuale (e incomprensibile) quesito che troveremo sulla scheda: «Volete voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?». In sostanza chiede se si vuole che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c'è ancora gas o petrolio.

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Come tutti sanno i referendum per essere validi devono vedere la partecipazione del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto ed in pratica a quelli che sono contrari al quesito referendario si sommano le astensioni endemiche, ricordiamo il "tutti al mare" di Bettino Craxi nel 1991.
Come conseguenza dal 1995 i referendum sono regolarmente falliti con l'unica eccezione di quello del giugno 2011 dove ha fatto da traino quello contro il nucleare, sotto la spinta emotiva della tragedia di Fukushima. Si tratta di una grave disfunzione di cui si discute da anni. In Svizzera si va all'eccesso opposto: i referendum sono validi qualunque sia il numero dei votanti: chi non partecipa peggio per lui.
Nel progetto di modifica costituzionale attualmente in fase di approvazione alle Camere è prevista una riduzione del quorum nel caso la proposta referendaria sia presentata da almeno 800.000 cittadini.

Allo stato attuale, per incrementare la partecipazione al voto, il comitato referendario ha cercato di fare accorpare il referendum alle prossime elezioni comunali ma il governo, evidentemente per il motivo opposto, lo ha negato. Non è certamente il risparmio conseguente all'accorpamento il motivo per cui questo veniva richiesto ma non è vero che l'accorpamento sia vietato dalla legge, come qualcuno sostiene, semplicemente l'art.7 del DL 98/2011 prescrive l'Election day (termini stranieri nelle leggi italiane!) per le diverse elezioni (politiche, amministrative, europee) ma per il referendum non lo impone né lo vieta.

“L'Italia ha fatto enormi progressi verso il raggiungimento dell'autosufficienza energetica” e non è davvero il caso di correre dei rischi, dicono gli ecologisti, presentando statistiche in cui si confonde più o meno volutamente il fabbisogno di energia elettrica, dove quella da fonte rinnovabile raggiunge quasi il 50%, con il fabbisogno energetico totale.
Sono affermazioni assolutamente fuorvianti in quanto l'energia rinnovabile copre soltanto il 20% del fabbisogno energetico totale mentre l'80% deriva da petrolio e gas naturali, per la massima parte di importazione.
L'energia rinnovabile è rappresentata per quasi la metà (48%) da energia idraulica prodotta dagli storici impianti idroelettrici e non è sensibilmente aumentabile.
L'energia solare (20%) ha avuto un forte sviluppo grazie ad una politica di incentivi che ha completamente falsato il mercato rendendo conveniente “coltivare” nei campi impianti fotovoltaici al posto del mais, ma non si può seguitare su questa strada.
Le bioenergie rappresentano il 14%, l'energia eolica il 13% e quella geotermica il 5%.
Non c'è da contare su significativi aumenti. L'unica alternativa ai combustibili fossili è il nucleare.
Il miglior settore di energia rinnovabile… è rappresentato dal risparmio energetico, e qui si sono compiuti grandi passi con i nuovi sistemi di illuminazione otto volte più efficienti (led) e con gli isolamenti spinti nelle nuove case di abitazione. E su questa strada è giusto spingere al massimo.

Petrolio e metano sono di chi se li piglia, ma l'inquinamento è di tutti.

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I giacimenti di idrocarburi nell'Adriatico, il “Central Basin” e il “Southern Basin” vanno praticamente da costa a costa fra Italia e Croazia e non ha davvero senso regolamentare, e cioè limitare, le estrazioni da parte italiana in mancanza di un accordo, cercato ma non trovato, con la Croazia.
Riportiamo due cartine abbastanza impressionanti, in particolare dove si vede che il settore 01 della Croazia arriva praticamente all'imbocco della rada di Trieste e proprio dirimpetto a Venezia. Ma la concessione all'ENI indicata con 1 nella cartina è molto più vicina.

I disastri ecologici sono sempre possibili, anzi sono statisticamente probabili.

Il referendum non ha alcuna possibilità di raggiungere il quorum, ha in realtà molto poca rilevanza, il suo scopo sembra essenzialmente politico e non si capisce bene perché il governo non abbia recepito direttamente la richiesta che è semplicemente di sanare un contrasto con il DL 83/2012 alla scadenza delle concessioni. Cosa che è comunque in grado di fare anche in seguito.

Franco Isman

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  11.03.2016 agg. 13.03.2016