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Il golpe di Erdogan
Franco Isman

turchia 1967-2014

Mustafa Kemal Atatürk, dove Atatürk significa Padre dei turchi, è tuttora considerato l'eroe nazionale, padre della Turchia moderna, anche se il regime di Erdogan ha cancellato molte delle sue riforme.
Atatürk “diede vita a una serie di riforme fondamentali di chiaro stampo laico e occidentale. Abolì il califfato e pose le organizzazioni religiose sotto il controllo statale, laicizzò lo Stato, riconobbe la parità dei sessi, istituì il suffragio universale, la domenica come giorno festivo, proibì l'uso del velo islamico alle donne nei locali pubblici, adottò l'alfabeto latino, il calendario gregoriano…
In ambito giuridico abrogò ogni norma e pena che poteva ricollegarsi alla legge islamica, promulgò un nuovo codice civile, che aveva come modello il codice civile svizzero, e un codice penale basato sul codice italiano dell'epoca, ma mantenne la pena di morte. Legalizzò inoltre le bevande alcoliche e depenalizzò l'omosessualità” (liberamente tratto da Wikipedia).

Recep Tayyip Erdogan, figura importante del Partito del benessere, islamico conservatore, ritenuto colpevole di incitamento all'odio religioso, è stato imprigionato nel 1998; uscito dal carcere ha fondato il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) islamico moderato.
Nelle elezioni legislative del 2002  l'AKP ha ottenuto il 34,3% dei voti, diventando il primo partito del paese e ottenendo una schiacciante maggioranza in parlamento per via del sistema elettorale turco, proporzionale ma con uno sbarramento del 10% dei voti validi.
Sotto il governo di Erdogan la Turchia e la stessa Istambul si islamizzano sensibimente, suscitando la preoccupazione dell'esercito, messo dallo stesso Ataturk a custode della laicità dello Stato.
Nello stesso tempo la popolarità di Erdogan aumenta per merito di un'accorta politica economica che crea una nuova classe media di ex contadini inurbati, con un reddito che passa da 2.000 addirittura a 10.000 dollari all'anno

Nel 2013 una serie di manifestazioni contro il governo vengono represse violentemente dalla polizia con 9 morti e oltre 8000 feriti. Numerosissimi arresti, più di 900 persone secondo le stesse fonti governative.
Nonostante questa involuzione autoritaria, nel 2014 Erdogan vince le elezioni presidenziali e l'anno successivo il suo AKP vince nuovamente le elezioni politiche conquistando la maggioranza assoluta in Parlamento.

E siamo ai nostri giorni.
Nella notte di venerdì 15 luglio un consistente numero di unità delle forze armate, esercito ed aviazione, tentano un colpo di stato: commandos assaltano il Grand Yazici Turban nella lussuosa località balneare di Marmaris, sulla costa mediterranea della Turchia, dove Erdogan è in vacanza. Il blitz fallisce per la reazione della guardia presidenziale, è una versione, o perché Erdogan era stato avvertito ed aveva già preso il volo, secondo altri, addirittura per un allarme del Mossad, i servizi segreti israeliani, dicono alcuni.

I generali si dividono: il capo di stato maggiore, pur nelle mani dei ribelli, si rifiuta di appoggiare il golpe, il comandante della piazza di Istambul ordina la resistenza armata. Erdogan, sfuggito alle teste di cuoio dei ribelli, ancora dall'aereo lancia un proclama con l'iPhon che un giornalista della CNN turca rilancia in diretta.
“Alle 3:20 di sabato mattina Erdogan atterra a Istambul con i suoi sostenitori in delirio che al prezzo di morti e feriti hanno sfondato i cordoni dei militari golpisti” scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere.
Gli F16 golpisti bombardano il parlamento ad Ankara, ma il golpe è fallito e i ribelli si arrendono in massa praticamente senza combattere.

Questa la versione più o meno accettata da tutti, ma la dietrologia si scatena e circola insistente la voce che il fallito golpe sia stato in realtà pilotato dallo stesso Erdogan per potersi sbarazzare di tutti gli oppositori che gli danno fastidio.
Scrive Erodoto nelle sue storie .”… Pisistrato escogitò il seguente stratagemma. Ferì se stesso e le proprie mule e poi spinse il carro nella piazza centrale fingendo di essere sfuggito a un agguato di nemici che, a sentire lui, avrebbero avuto la chiara intenzione di ucciderlo…”, il popolo gli assegnò allora un corpo di guardia e in breve tempo Pisistrato divenne il tiranno di Atene…
Precedenti storici a parte, l'ipotesi appare azzardata se si pensa ai numerosi morti e feriti (rispettivamente 265 e 2000), specialmente fra i fedelissimi dello stesso Erdogan, ed alle distruzioni provocate dai bombardamenti.

Ad ogni modo la reazione si scatena, viene dichiarato lo stato di emergenza ed in pochi giorni vengono arrestate 13.165 persone (dati ufficiali), si tratta di 8.838 militari (tra cui 123 generali e ammiragli), 2.101 magistrati, 1.485 poliziotti, 52 autorità amministrative e 689 civili. E non possono certamente essere tutti implicati nel golpe.
Vengono chiuse 934 scuole, 15 università, 109 dormitori studenteschi, 19 sindacati, 104 fondazioni, 1.125 associazioni e 35 strutture sanitarie.
21.000 docenti di scuole pubbliche vengono sospesi e viene revocata la licenza di insegnamento a migliaia di professori di scuole private.
Viene chiesta agli Stati Uniti l'estradizione di Fetullah Gulen, un tempo amico ed ora acerrimo nemico di Erdogan, accusato di essere l'ispiratore del fallito golpe.
Il premier Binali Yildirim annuncia che si passerà al più presto ad un sistema presidenziale in cui il Capo dello stato avrà tutto il potere esecutivo, e da quel momento “lo Stato maggiore delle forze armate non dipenderà più dal ministero della Difesa ma sarà subordinato alla presidenza”.

Un colpo di stato in piena regola, una dittatura secondo le peggiori tradizioni.
Anche Hitler era stato eletto in regolari elezioni, e Mussolini negli anni Trenta aveva il sostegno entusiastico della grandissima parte degli italiani.

Ma c'è di peggio: fin dal primo giorno successivo al golpe fallito, Erdogan ha manifestato la chiara intenzione di reintrodurre nell'ordinamento giuridico turco la pena di morte, abolita nel 2004 su spinta dell'Europa, da applicare agli autori del fallito colpo di stato.
La gravità di un provvedimento del genere va al di là della pena di morte in sé in quanto contrasta con un principio giuridico fondamentale e cioè che non si possono introdurre pene che abbiano effetto retroattivo. Un vero obbrobrio giuridico.
Se lo chiede il popolo lo faremo, ha detto Erdogan. Il popolo, la piazza scatenata, e il parlamento in cui Erdogan ha la maggioranza assoluta approverà.

E fra non molto dovremo vedere le file di forche con appesi i generali golpisti, ma non soltanto questi, e non soltanto adesso.

Franco Isman

impiccati


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  26 luglio 2016