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L'Europa è in crisi esistenziale
Giuseppe Poliani

Junker

Lo dice il presidente della commissione europea J. C. Junker, oggi 14 settembre 2016.
Troppa disoccupazione, pochi investimenti pubblici strategici, immigrazione incontrollata, patto di stabilità troppo rigido, pochi diritti sociali, frantumazione degli interessi nazionali fra Est e Ovest e fra Nord e Sud, uscita della UK dall'Unione.
Mi fa molto piacere che il presidente Junker se ne sia accorto e, ripetendo una frase che ho già usato in diverse occasioni, direi che sentendo tutto ciò ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, per due motivi: per la oggettiva critica situazione europea e per il presidente Junker che solo oggi si sveglia dal torpore neoliberista e si accorge del disastro.

Quello che oggi il presidente belga, presidente nato e cresciuto all'ombra dei paradisi e delle evasioni fiscali europee, dice in forma edulcorata, era già stato detto in modo chiaro quanto inascoltato dalla sinistra radicale europea fin dall'inizio della grave crisi economico-finanziaria mondiale partita nel 2008 dagli USA con il pasticcio dei titoli derivati.
Nonostante l'emarginazione e la discriminazione culturale questa parte politica iniziava a criticare duramente, a costo anche di manganellate in piazza, la cosiddetta Europa dell'austerità.

Si contestava, allora come oggi, l'Europa neoliberista che, in nome della globalizzazione economica e del pareggio di bilancio, spazzava via i diritti sociali conquistati a fatica dai lavoratori, che riducevano la sanità e l'istruzione pubblica, i salari e i diritti sindacali, portando in un batter d'occhio legislativo, come non si era mai visto prima, le età della pensione a livelli disumani; una legge pensionistica che ha rovinato una generazione pur conservando i privilegi di casta della classe politica.

Si contestavano le privatizzazioni che favorivano il privato a scapito del patrimonio pubblico gettando i lavoratori nel tritacarne del privato, la mancanza di investimenti pubblici di utilità comune e per la difesa del territorio (sismica e idrogeologica) quando i potenti e i corrotti pensavano solo al ponte di Messina, alla TAV o al MOSE.

Si contestava l'Europa delle banche e del capitalismo finanziario che, dopo aver incamerato per anni centinaia di milioni di euro, non avevano contribuito a migliorare la situazione economica dell'Unione Europea.

Sull'immigrazione, dove la globalizzazione della solidarietà chissà perché non si mai avverata, si è contestata da subito la mancanza di una vera e seria programmazione comune per fronteggiare il fenomeno: ognuno ha fatto per sé, in politica estera si è lasciata la soluzione di tutto alle armi e nel controllo dei confini ci si è lasciati guidare da direttive disumane e persino assassine di ministri spregiudicati, lasciando allo sbando gli immigrati sia in mare sia negli insufficienti centri di accoglienza, salvo poi commuoversi per qualche fotografia tragica e pietosa che ha fatto il giro del mondo.
Il risultato è stato un crescere continuo in Europa di un razzismo strisciante misto a paura dell'immigrato/terrorista, l'unica vera cospicua e rapida crescita in Europa, che ha portato alla formazione di partiti antieuropeisti e ant'immigrati, più o meno nazisti e xenofobi.

Non si è capito che questi immigrati e rifugiati potrebbero rappresentare l'inizio della crescita demografica e quindi economica europea.
Non si è capito che un'Europa sociale sarebbe la premessa per una ripresa morale e civile oltre che economica dell'intera comunità.
Non si è capito che finché si vendono armi a chi opprime o scaccia i profughi o si mantengono relazioni politiche di buon vicinato con nazioni dove vigono dittature più o meno esplicite, non si riuscirà a fermare il fenomeno migratorio.

E che dire del terrorismo ? Lo abbiamo importato in cambio della pseudo democrazia in Iraq.
Anche in questo caso la sinistra europea ha avuto ragione.
Le scellerate e criminali politiche di aggressione militare a partire dal 1991 dei Bush, Blair, Cameroon e Sarkozy con il sostegno anche italiano ci hanno portato dove siamo ora, in una spirale di violenza che non sappiamo come disinnescare se non con altra violenza.

E ora in Italia si sta tentando il colpo grosso neoliberista con la modifica costituzionale che dovrebbe portare molti benefici secondo i suoi sostenitori:
Se si approvano le riforme ripartirebbe la crescita, ci sarebbe maggiore sicurezza contro il terrorismo, è una riforma che aspettiamo da trent'anni, più donne in politica e nel parlamento, risparmi per 500 milioni di euro per aiutare i poveri, bollette meno care (e questa è l'ultima che ho sentito). E ancora: chi vota NO non rispetta il lavoro del parlamento, chi vota NO è contro il governo Renzi, i partigiani veri voteranno SI', se vince il NO il salvataggio delle banche è a rischio se vince il NO meno investimenti in Italia (secondo Phillips, ambasciatore USA in Italia).

Se invece vincesse il NO si aprirebbero prospettive apocalittiche secondo quanto asseriscono i massimi esperti finanziari internazionali (FMI, BCE, agenzie di rating, etc.).
In realtà la riforma ridurrà ancora di più la democrazia e i diritti del cittadino, il quale sarà sempre più schiavo ricattabile e sempre meno lavoratore con una sua dignità, senza nessun impatto sulla crescita economica, i risparmi previsti, l'oscillazione di prezzi, bollette e investimenti.

La verità è che quest'Europa non va bene perché questa classe dirigente meschina e inetta ha fallito sia a livello europeo sia a livello di governi nazionali scimmiottando un liberismo del passato e quanto è successo in questi ultimi dieci anni lo dimostra; va sostituita con persone nuove, persone i cui veri valori morali e civili dell'Europa, tanto sbandierati nei discorsi in passato per farci credere di essere ancora superiori agli altri, non siano usati solo nei bei discorsi ufficiali ma siano custoditi nel cuore, guardando il territorio e partendo dagli ultimi per una rinascita libera, solidale e democratica dell'Europa.

Giuseppe Poliani

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  14 settembre 2016