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Trieste e il fascismo
Franco Isman



Trieste all'inizio del Novecento apparteneva all'impero austro-ungarico, era una città cosmopolita e tollerante in cui convivevano pacificamente moltissime etnie e religioni: dagli italiani agli austriaci, agli ungheresi agli slavi, ai turchi, agli armeni; dai cattolici, ai greco ortodossi, ai protestanti agli ebrei, era una piccola Vienna, con una classe colta, in gran parte di lingua e sentimenti italiani, e gli slavi dell'altopiano, rozzi contadini per lo più, erano chiamati “sciavi”.

Dopo la Grande Guerra Trieste fu annessa all'Italia: il 3 novembre 1918, in un tripudio immenso di folla, il cacciatorpediniere Audace attraccò proprio davanti a piazza Grande e sbarcarono i bersaglieri. Il molo si chiama oggi Audace e la splendida piazza porta il nome dell'Unità d'Italia, più semplicemente piazza Unità.

Poi arrivò lo squadrismo fascista e Trieste ebbe la sua parte, con le violenze e l'incendio del “Narodni Dom”, la casa del popolo (Hotel Balkan per gli italiani). Poi le angherie contro gli slavi, l'eliminazione di ogni forma di cultura e di insegnamento dello sloveno ed in genere l'italianizzazione forzata.
(parzialmente tratto da un articolo precedente di alcuni anni fa).

Trieste era fascista ?
Tutta l'Italia era fascista ma a Trieste il nazionalismo e l'ostilità per gli slavi ben si coniugava con la mistica fascista ed è probabilmente per questo che Mussolini il 18 settembre 1938, esattamente 78 anni fa, proclamò proprio a Trieste, in una Piazza Unità brulicante di camicie nere osannanti (200.000 persone secondo le stime di allora), la promulgazione delle famigerate leggi razziali.

Ed ora ?
“Il ricordo e la condanna di quell'infamia non appartengono alla destra o alla sinistra. Quel giorno è stato un'ingiuriosa rovina per l'Italia” scrive Lucio Magris sul Corriere.
Di più: l'aver vietato la commemorazione nella stessa Piazza Unità del tragico evento, “il male assoluto” secondo una definizione fatta propria dallo stesso Gian Franco Fini, rappresenta da parte della giunta un atto di contiguità con la destra neofascista di oggi.
Non è l'unico esempio di queste, diciamo, “simpatie” delle amministrazioni triestine: ne abbiamo parlato nel “bel momento” sul museo della guerra, in cui del ventennio fascista si dice soltanto che “…vara per la prima volta in maniera organica interventi che prevedono piani di edilizia popolare, maggiore sviluppo delle reti idriche e fognarie, misure assistenziali nei confronti della prima infanzia” e, con lo stesso rilievo, “Porta anche intolleranza contro le minoranze, una nuova guerra e le persecuzioni contro gli ebrei”.

Franco Isman

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  18 settembre 2016