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Sistema elettorale, Costituzione e referendum
Franco Isman

simboli elettorali 1948

In principio fu il proporzionale.
Le elezioni dell'Assemblea Costituente del 2 giugno 1948 si tennero con questo sistema di voto, sancito dal decreto legislativo luogotenenziale n. 74/ 1946, dopo essere stato approvato dalla Consulta Nazionale.
La Costituzione all'art.48 sancisce il diritto di voto ma nulla dice sulle sue modalità.
E' però evidente che i Costituenti, in particolare nell'estensione dell'art.138 sulle modalità di revisione della Costituzione stessa e dell'art.83 relativo all'elezione del Presidente della Repubblica, con le relative maggioranze necessarie, avessero in mente e si riferissero al sistema elettorale proporzionale allora vigente.

Poi, per la Governabilità, nel 1953 fu varata la cosiddetta “Legge truffa” che attribuiva il 65% dei seggi alla lista che avesse superato la metà dei voti validi. Usata nelle elezioni del 1943 non sortì effetto e fu abrogata l'anno successivo.
Nel 1993 fece capolino il maggioritario con il “Mattarellum”, dal nome dell'attuale Presidente, utilizzato nelle elezioni del 1994 e del 2001, quindi nel 2005 venne il “Porcellum” del beneamato Calderoli, formalmente proporzionale ma con un abnorme premio di maggioranza, bocciato come incostituzionale in alcune sue parti dalla Consulta nel 2014.
Nel 2015, a seguito di questa bocciatura, venne, per la sola Camera, l'”Italicum”, mai utilizzato.
Quattro le preferenze esprimibili dagli elettori nel sistema elettorale proporzionale, nessuna in quelli successivi.

Il sistema elettorale in vigore, sia per la Camera che per il Senato, è il cosiddetto “Rosatellum” (Legge 3 novembre 2017, n. 165), approvato da centro-destra e centro-sinistra ma non dal Movimento 5 stelle.
E' un sistema elettorale misto in cui il 61% dei seggi è assegnato in modo proporzionale alle singole liste, il 37% nei diversi collegi uninominali ove viene eletto il candidato più votato ed il 2% è riservato al voto degli italiani residenti all'estero; non vi sono premi di maggioranza.
Anche qui sia le liste che i candidati nei collegi uninominali sono stabiliti dai singoli partiti, senza che gli elettori abbiano alcuna possibilità di esprimere delle preferenze. Deputati e senatori, che siano tanti o pochi, non hanno alcuna rappresentatività.

Diversi negli anni i referendum costituzionali, da quello, davvero pericoloso per la democrazia, di Berlusconi nel 2006 a quello di Renzi del 2016 fino a quello di adesso che testualmente recita:
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?
Una modifica di cui si parla da anni, probabilmente opportuna ma di importanza assolutamente secondaria rispetto ad una modifica della legge elettorale nel senso di dare agli elettori la facoltà di scegliere i propri rappresentanti e non semplicemente di votare quelli decisi dai diversi partiti. Proporla in questo momento, con una certa vittoria dei SI, senza aver prima affrontato quest'ultimo problema è soltanto demagogico. Una buona ragione per votare NO.

Ma c'è un problema che viene assolutamente ignorato da tutti, partiti e media, ed è l'assoluta necessità di adeguare l'artico 138 della Costituzione, quello che ne disciplina le modalità di revisione.
I padri costituenti con questo articolo, che prevede la maggioranza assoluta in ciascuna Camera alla seconda votazione, stante il sistema elettorale proporzionale allora vigente, intendevano assicurare alle modifiche il consenso della maggioranza effettiva del Paese.
Ma da quando, a partire dal cosiddetto “mattarellum” del 1993, si passò dal proporzionale puro ad un sistema parzialmente maggioritario, l'articolo 138 non assicura più la corrispondenza fra maggioranza in Parlamento e maggioranza nel Paese ed avrebbe dovuto essere modificato di conseguenza. Chi scrive ha più e più volte sostenuto che si è trattato di una mancanza enorme da parte dei legislatori, di un tradimento dello spirito se non della lettera della Costituzione.
La conseguenza, gravissima conseguenza, è che la Costituzione viene lasciata in balia della parte politica che ha vinto le elezioni, che le modifiche non rispecchiano più la volontà della maggioranza degli elettori e che c'è il rischio di modifiche altalenanti a seconda della maggioranza al potere. Unica salvaguardia il referendum cui devono essere sottoposte (a richiesta qualificata) le modifiche se non hanno raggiunto la maggioranza dei due terzi in ciascun ramo del Parlamento.

Identica cosa vale anche per l'articolo 83 che regola l'elezione del Presidente della Repubblica prescrivendo la maggioranza semplice del Parlamento in seduta comune dopo il terzo scrutinio; solamente la revisione costituzionale del 2016 (Renzi), bocciata nel referendum, aumentava il quorum.

Ma su tutto questo il silenzio è tombale.

Franco Isman


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  7 settembre 2020