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La settimana sulla stampa
a cura di Fr.I. - 7 settembre 2008


L´impossibile dialogo tra il lupo e l´agnello
Eugenio Scalfari su
la Repubblica

il lupo e l'agnello
Un osservatore spassionato che volesse descrivere quanto sta accadendo nella sinistra italiana in tutte le sue varie espressioni, da quella riformista a quella massimalista, dovrebbe servirsi della parola "implosione". La sinistra sta implodendo, i suoi punti di riferimento non sprigionano più l´energia sufficiente a delineare una direzione di marcia, i fari non emettono più segnali di luce capaci di illuminare i lineamenti della costa e gli scogli che la cospargono.
Implosione ed entropia: dopo lo sforzo compiuto nella campagna elettorale e la sconfitta subita l´energia si è dispersa e degradata. Il secondo principio della termodinamica descrive questo processo che si applica non solo in natura ma in ogni entità organizzata e questo è anche il caso dell´opposizione politica e di quella sindacale. Le forze centrifughe prevalgono su quelle centripete. Il risultato è la frammentazione della sinistra e, al limite, la sua polverizzazione.
Il fenomeno potrebbe ancora essere arrestato? Difficile dirlo, ma certo il punto di non ritorno, la soglia oltre la quale il processo diventa irreversibile è molto vicino e questo si avverte con particolare intensità nel Partito democratico che essendo la forza più rilevante dell´opposizione è quella dove i fenomeni di decomposizione sono più visibili e suscitano i massimi contraccolpi.
Il presidente della Regione Lazio, che vuole entrare come azionista nella nuova Alitalia contro il parere del suo partito, ha detto l´altro ieri che il centralismo democratico è finito. L´ha detto con un senso di liberazione.
È vero, il centralismo democratico del vecchio Pci è finito da tempo e comunque i rappresentanti di istituzioni rispondono ai loro elettori prima ancora che agli organi del partito al quale appartengono.
La rivendicazione di questa autonomia istituzionale è un bene che non va sottovalutato, ma tra l´autonomia e il "liberi tutti" c´è una differenza di fondo quantitativa e qualitativa che non può essere ignorata. Diversamente il "liberi tutti" si trasforma rapidamente in un "tutti a casa" che è esattamente ciò che sta accadendo nel Partito democratico, in Rifondazione comunista e in tutto quel vasto elettorato che rappresenta il 40 per cento di elettori e che sta perdendo il senso dell´appartenenza nel momento stesso in cui perde di vista le finalità dell´azione politica e degli strumenti necessari per realizzarne gli obiettivi concreti.
Ho fatto altre volte il confronto con un fiume che rompe gli argini e si sparge nelle campagne circostanti. Quando questo fenomeno avviene le ipotesi su quanto accadrà subito dopo sono tre. La prima è che l´acqua del fiume rientri nel suo letto naturale e riprenda a scorrere come prima; la seconda è che si scavi un nuovo alveo e scorra con la stessa pendenza tra nuovi argini; infine la terza è che diventi palude, acquitrino infestato da miasmi e zanzare, luogo di caccia alle anatre che, ignare e indifese, starnazzano in cielo.
* * *
Il governo, la sua maggioranza e gran parte dei "media" cercano dal canto loro di accentuare questo processo di disfacimento dell´opposizione. In vari modi.
Uno di essi, il più frequentato, si svolge intorno alla parola "dialogo". S´invoca il dialogo, si vuole il dialogo e se ne tesse la tela attraverso il dialogo con pezzi dell´opposizione o addirittura con singoli personaggi. «La sventurata rispose» scrive il Manzoni quando la Monaca di Monza parla con il suo amante e acconsente al rapimento di Lucia. Credo che nella maggioranza dei casi i personaggi che hanno accettato di dialogare siano in perfetta buona fede e non abbiano in animo di far rapire alcuna Lucia, ma non toglie che la polverizzazione d´un partito di opposizione passa anche attraverso pratiche che si prestano ad essere scambiate per trasformismo, quale che siano le intenzioni degli interessati, suscitando fenomeni analoghi e non sempre altrettanto innocenti. 
Il vero punto in discussione sta proprio nella parola dialogo. A volte il lessico è lo strumento diabolico che Mefistofele usa con i vari Faust che cadono nelle sue grinfie. Si dovrebbe usare – come fa il presidente Napolitano quando tocca quest´argomento – la parola confronto. Walter Veltroni l´ha detto molte volte: il confronto tra forze politiche in un sistema di democrazia parlamentare avviene in Parlamento e alla luce del sole.
A quel confronto nessuno si può sottrarre a meno di non modificare la Costituzione. E il Partito democratico non si è sottratto, ottenendo in alcuni casi qualche successo.

Il confronto parlamentare avviene tra forze politiche e non tra singoli personaggi e questa è la sostanza della democrazia parlamentare. Certo un partito non vive soltanto in Parlamento: vive, dovrebbe vivere, nel Paese, sul territorio, elaborando programmi specifici e concreti all´interno di una visione complessiva del bene comune e delle regole che ne scandiscono il funzionamento.
Questa presenza politica e questa elaborazione culturale sono gli aspetti manchevoli che abbiamo segnalato; a causa di questa assenza o presenza troppo debole i fenomeni di implosione, frammentazione, dialogo di singoli con lo schieramento avversario, si moltiplicano con diffuso gaudio del governo, della maggioranza e dei "media" consenzienti e addirittura dediti al picconamento dell´opposizione.
* * *

Ma una stanza di compensazione tra interessi forti la nuova Alitalia lo è già. Non a caso il senatore Luigi Zanda ha scritto una lettera pubblica e formale al presidente dell´Antitrust segnalando i macroscopici conflitti di interessi di alcuni azionisti della Cai, in particolare i Benetton, i Riva, gli Aponte e parecchi altri. Sarà interessante vedere come si comporterà l´Antitrust su una questione così delicata. 
Quale dovrebbe essere la funzione del Partito democratico, posto che il trasporto aereo è un tema di rilievo nazionale sul quale una forza politica ha pieno titolo di esprimersi?
Credo che il Pd – come ogni altro partito – debba dire la sua sulla privatizzazione della Compagnia, sui molteplici conflitti di interesse presenti nella nuova società, sul piano industriale, sugli oneri che esso comporta per la finanza pubblica. Il problema degli esuberi è una derivata del piano industriale, come correttamente sostiene la Cgil.

I soci della Cai, tutti ad eccezione di Colaninno, hanno interessi extra-Alitalia da promuovere e tutelare e questa è già una buona ragione per metter nel piatto un "cip" e sedersi a quel tavolo. Ma ce n´è un´altra di ragione: far nascere una nuova Alitalia, ripulita da tutte le croste accumulatesi durante gli anni. La ripulitura non costerà nulla alla Cai, la fa Fantozzi a spese dello Stato.
Una volta compiuta la ripulitura, Alitalia possiederà una flotta di media importanza, una serie di diritti di volo soprattutto sul territorio nazionale e un pacco-passeggeri di trenta milioni di unità destinate ad aumentare fino al raddoppio. Il conto economico, l´abbiamo detto, darà risultati magri, ma il valore patrimoniale di una società ripulita a dovere sarà notevolmente più elevato: dopo il 2011 la Cai potrà valere a dir poco un quarto in più rispetto al patrimonio di partenza. A quel punto gran parte degli attuali azionisti, che non hanno alcun interesse per il trasporto aereo, usciranno dall´affare realizzando cospicue plusvalenze. A spese dello Stato e dei contribuenti.

* * *
Ci sono molti altri temi di confronto tra maggioranza ed opposizione: la sicurezza, la giustizia, l´istruzione, la sanità. L´uscita dei partiti dalle Asl e dalla Rai e il riassetto dell´azienda televisiva. Il federalismo fiscale. E naturalmente le riforme costituzionali, legge elettorale compresa.
Il luogo del confronto è il Parlamento dove contano i voti ma conta anche il consenso che i partiti si guadagnano nel Paese con la loro presenza, le loro proposte, i loro programmi, i valori dei quali sono portatori.
Se la crisi della sinistra e in particolare del Pd è l´appannamento della leadership, conviene dunque concentrarsi su questa questione e risolverla. Bisogna contemporaneamente costruire il partito sul territorio, risollevare l´animo e l´impegno degli elettori, dare forza al vertice del partito, utilizzare l´esperienza dei cosiddetti senatori del Pd portando però nella prima linea operativa una generazione di giovani da addestrare e a cui affidare a tempo opportuno la guida. 
Nelle aziende e nelle banche di grandi dimensioni questo schema si chiama "duale", un consiglio di sorveglianza e un consiglio di gestione; nel primo stanno i saggi, nel secondo gli operativi. Forse uno schema del genere non si adatta ad un partito politico ma può comunque essere adatto a suggerire una soluzione adeguata.
C´è pochissimo tempo per riprendere la marcia. L´opposizione scricchiola, la gente si disimpegna, le rivalità interne si incistiscono. Bisogna spezzare questo circuito nefasto. 
Credo che la responsabilità di riaccendere le luci d´una casa abbuiata incombano su Veltroni. Del resto è lui il segretario in carica. Decida e operi, chiami a raccolta tutti coloro che in quel partito ci credono ancora e cammini insieme a loro con idee precise e chiaramente enunciate. 
Chi vuole dialogare con l´avversario a titolo personale non è un traditore. Può essere un ingenuo. Oppure un vanitoso. Comunque, se vuole farlo lo faccia a proprio rischio senza pretendere di rappresentare un partito perché l´ingenuità e la vanità possono condurre al disastro una forza politica.


Cellulari, aumenti fino a 83 euro
Monica Rubino su
Kataweb


 
  telefonini
La denuncia di Altroconsumo http://www.altroconsumo.com: Tim e Vodafone mandano in pensione le tariffe più economiche con rincari per i profili medi da 49 sino a 83 euro in un anno e picchi d'aumento sulle singole telefonate di oltre il 100%
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha annunciato l'avvio di un procedimento contro gli operatori Tim e Vodafone per i cambiamenti dei piani tariffari, come richiesto formalmente da Altroconsumo con un esposto. L'Antitrust ha accolto i rilievi mossi dall'associazione, ravvisando estremi di pratiche commerciali ingannevoli e omissive ai danni dei i 3,6 milioni di utenti di Telecom italia mobile e i circa 6 milioni del gruppo inglese.
I cambiamenti, previsti per Tim dal 9 settembre e per Vodafone dal 1 ottobre, potranno essere sospesi.  Nella comunicazione di avvio del procedimento, si legge che “esistono i presupposti perché l'autorità deliberi la sospensione provvisoria delle pratiche descritte” (cioè dei cambiamenti dei profili tariffari annunciati in agosto), perché le pratiche commerciali potrebbero “considerarsi ingannevoli e omissive.

Per Altroconsumo è oscuro il sistema con cui i due operatori hanno comunicato il cambio delle tariffe, che riguardano unicamente tipologie ricaricabili. Tim ha inviato un semplice sms a ciascun cliente, invece di una comunicazione scritta inviata 30 giorni prima della variazione contrattuale come previsto dal decreto Bersani.

In tutto le tariffe colpite sono dieci: Tim Menu (lanciata addirittura nel 1999), poi Unica, Unica 10, Unica New. E ancora: Tim Zeroscatti, Tim Tribù nella sua versione 1 eurocent, Tim Famiglia, Tim Relax Base, Tim Club e Tim Base.  
 
Ma secondo l'associazione dei consumatori sarebbe Vodafone (che pure ha inviato i messaggini per informare i clienti delle nuove tariffe) a vincere il premio speciale della scarsa trasparenza. "E' impossibile - spiega Altroconsumo - ricostruire in dettaglio come cambiano tutti i piani tariffari, non si riesce a farlo nemmeno via internet. Le informazioni sono disponibili solo per i clienti che hanno il tipo di tariffa soggetta a modifiche". In tutti i casi, inoltre, lo scatto alla risposta è aumentato a 16 centesimi, uno dei costi più alti di tutto il panorama tariffario italiano.
 
Per le prossime due settimane l'associazione apre a tutti le linee telefoniche e il sito. Si può accedere alla banca dati online dopo essersi registrati. Oppure si può telefonare al numero 02-6961517, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 13 e dalle 14 alle 17.

Approfondimenti
I RINCARI:
Tabella 1
Tabella 2


Il lottatore rosso che sfidò il nazismo
La storia di Seelenbinder, dai Giochi al lager.
Andrea Sceresini e Nicola Palma su
il Manifesto


  Werner Seelenbinder
Germania, è il 24 ottobre del 1944. Nel campo di concentramento di Brandenburg-Görden, alle porte di Berlino, un gruppo di uomini viene condotto alla morte. I prigionieri camminano in fila, con le mani legate dietro alla schiena. Bisogna fare in fretta, perché il boia sta aspettando, e la lista si profila lunga. Improvvisamente, però, uno di loro alza la testa. Ha i capelli neri, le guance magrissime. Pesa 60 chili, ma sotto la divisa a strisce ancora si indovina ciò che resta di un'antica muscolatura possente. Si volta verso le celle, e grida: «Compagni, oggi noi saremo ammazzati. Ma voi resisterete. Morte a Hitler: salutateci l'Armata rossa». Il suo nome è Werner Seelenbinder, ha 40 anni, ed è stato uno dei più forti campioni di lotta greco-romana dell'intera Europa. Appeso sul petto, porta cucito il triangolo rosso. Significa: deportato politico, militante comunista. Un marchio che mostra con orgoglio. Durante il processo, qualche mese prima, il giudice lo ha violentemente insultato. Poi, rivolgendosi ai giurati, è esploso: «Guardatelo, è il nostro pericolo pubblico numero uno». Per il regime, ha sempre rappresentato una minaccia. Lo chiamano «Cane rosso». Il suo è un palmares invidiabile e per questo fa paura. Vincitore dei Giochi olimpici operai: a Francoforte, nel 1925, e a Mosca, tre anni più tardi. E ancora, due medaglie di bronzo ai campionati europei, e sei ori in Germania. Nel 1936, decide di iscriversi alle Olimpiadi di Berlino: la sua partecipazione è un solitario gesto di sfida. Il più plateale e, probabilmente, anche il meno propizio. Annuncia agli amici: «Hitler, lo saluterò a modo mio. Se conquisto il podio, farà bene a non presentarsi». Gli va male, arriva quarto. Ma i suoi propositi sono ben noti a tutti: nessuno, neppure gli atleti ebrei, o gli americani di colore, hanno osato tanto. Il Fuhrer non se ne dimenticherà: mentre la storia, a quanto pare, sì. Oggi, quasi nulla sembra essere rimasto del suo passaggio. Neppure a Berlino, dove gran parte delle vecchie targhe commemorative sono scomparse nel 1989, con la caduta del muro. Ne sopravvivono pochissime. Una di queste recita: «In memoria di Werner Seelenbinder, lottatore olimpico, che si batté contro la guerra e il fascismo». Si trova a Bezirk Neukölln, nella periferia sud, alle porte di un piccolo stadio: l'unico che i suoi connazionali hanno voluto dedicargli.

A 21 anni, arrivano i primi successi. Nessuno, sul ring, riesce a tenergli testa. Lui, però, continua a lavorare e ai compagni che temono un suo ritiro dall'officina, risponde: «Non preoccupatevi, resterò sempre quello che sono». Nel 1928, ottiene la tessera del Kpd, il partito comunista tedesco. Ma la situazione, attorno a lui, si fa sempre più difficile: crisi economica, conflitti sociali, scioperi, scontri armati e tentativi di golpe. La debole repubblica di Weimar è più vacillante che mai. Il 30 gennaio del 1933, Hitler ottiene l'incarico di formare un nuovo governo. Immediatamente, tutte le organizzazioni operaie vengono sciolte. Migliaia di attivisti finiscono in carcere. Altri passano alla clandestinità. Seelenbinder vorrebbe essere tra questi ma al momento gli viene imposto di soprassedere. Ha 29 anni, è celebre, osannato e conosciutissimo. Può continuare sulla sua strada: il regime non si azzarderà a colpirlo. Passano pochi mesi e Werner conquista il suo primo titolo di campione di Germania. Le finali si svolgono a Dortmund, in uno stadio stracolmo e rumoreggiante di applausi. Giunge il momento delle premiazioni: il pubblico si alza in piedi, col braccio teso, mentre l'orchestra, ai piedi del palco, esegue l'inno nazista. Seelenbinder è l'unico a non cantare: se ne resta fermo, con lo sguardo fisso, e le mani significativamente conserte dietro alla schiena. Scriverà Walter Radetz, il suo biografo: «Qualcuno, quella sera, gli donò un grosso mazzo di rose rosse. Lui le alzò in alto, di fronte alla platea. Poi ne prese alcune e le distribuì al secondo e al terzo classificato. I due poveracci erano troppo terrorizzati: non ebbero il coraggio di rifiutare». Il giorno seguente, scoppia il caos. La stampa nazista è furiosa: Werner viene arrestato, interrogato e rinchiuso nella Columbia-Haus, una delle prime carceri della Gestapo. Vi resterà dieci giorni. Alla reclusione, si aggiunge poi un lungo periodo di squalifica sportiva: sedici mesi. Il trofeo, però, nessuno può levarglielo. Scontata la pena, Seelenbinder incomincia a viaggiare: lo farà assiduamente, sia prima che dopo le Olimpiadi. La sua presenza è richiestissima, soprattutto all'estero. Lui si adegua di buon grado, va da un amico e fa modificare tutti i fondi delle sue valige. Vi nasconde qualunque cosa: documenti falsi, stampa sovversiva, volantini, manifesti, valuta straniera. Ogni gara, una vittoria. Ogni vittoria, un nuovo carico. E' il Soccorso rosso internazionale: una delle ultime ancore di salvezza, di fronte all'irresistibile avanzata del regime. Ma a Werner non basta. Nel 1938, inizia a stringere contatti con i gruppi della resistenza illegale. Aderirà a quello di Robert Uhrig, un operaio delle officine Osram di Berlino. L'organizzazione è ben radicata e conta varie centinaia di militanti, molti dei quali comunisti. Seelenbinder si mobilita fin da subito per procurar loro denaro e rifugi: un'impresa rischiosa e comunque destinata al fallimento. E' il 4 febbraio del 1942, quando, come un fulmine, scatta il blitz delle Ss. Gli attivisti sono quasi tutti arrestati: con loro c'è anche Werner. Lo portano nel carcere di Alexanderplatz, e quindi a Großbeeren, uno dei più duri lager della Prussia centrale. Viene picchiato e torturato. La polizia non gli dà tregua: vuole nomi, indirizzi, descrizioni dettagliate. Lui, però, non parla. Un giorno, preso dallo sconforto, sussurra a un compagno: «Se mai riuscirai a tornare a casa, toccherà a te raccontare ciò che abbiamo vissuto. Devi dire tutta la verità, soprattutto ai giovani. Solo così, forse, non si ripeterà più». L'ultima lettera è per suo padre, il vecchio muratore di Stettino: «Spero di essermi conquistato un posto in qualche cuore, tra gli amici e i compagni di sport. Questo pensiero mi rende molto orgoglioso: ti prometto che saprò essere forte». Così se ne va Werner Seelenbinder, che di mestiere faceva l'atleta.


vaccino
Oxford, test al via: "Mai più febbre e mal di gola". La chiave di volta è una proteina, comune a tutti i ceppi, "da attaccare".
Elena Dusi su
la Repubblica

l virus dell´influenza scappa. Ma gli scienziati tentano di placcarlo una volta per tutte. All´università di Oxford sta per iniziare la sperimentazione sull´uomo di un vaccino "universale" contro febbre e mal di gola: valido contro tutti i ceppi del virus e capace di proteggere per cinque anni di seguito. Russa, australiana o cinese (ogni anno l´origine del virus dà il nome all´influenza): tutte verrebbero bloccate dal nuovo scudo.
«Ma prima di mettere in circolazione il vaccino universale - avvertono i medici di Oxford - dobbiamo completare tutte le tappe della sperimentazione». E per questo ci vorrà ancora una manciata di anni.
Quel che rende difficile la caccia al virus dell´influenza è la sua capacità di mutare di continuo. Ogni anno in autunno, nel momento in cui l´epidemia di tosse e starnuti sta per iniziare, i laboratori di virologia di tutto il mondo scattano per isolare il microrganismo che sarà protagonista dell´inverno successivo. A seconda della forma del virus, si mette a punto il "cappuccio" adatto per neutralizzarlo. Poi i vari paesi danno il via alla campagna di vaccinazione della popolazione, soprattutto anziani e bambini. E da una quindicina d´anni a questa parte (da quando i vaccini contro i disturbi di stagione vennero diffusi) a ogni nuovo inverno la gara riparte da zero.
Oxford ha deciso di cambiare strategia: anziché incappucciare il microrganismo, lo ammanetta. Con la tecnica attuale, il vaccino insegna alle nostre cellule immunitarie a riconoscere una proteina che si trova sull´involucro esterno del virus. Ma queste piccole protuberanze sono proprio l´elemento che varia ogni anno. Nella continua selezione naturale che caratterizza la vita nell´infinitamente piccolo, nuovi ceppi di bacilli subentrano continuamente ai vecchi. Le proteine che valevano l´inverno scorso sono diverse rispetto alla stagione che verrà. 
A rimanere costante tra tutti i ceppi influenzali è invece una proteina che si trova all´interno del virus. E il nuovo vaccino "universale" insegna al sistema immunitario che proprio quella è la proteina da attaccare. Qualunque virus influenzale (aviaria inclusa), nel momento in cui si avvicinerà all´organismo, sarà attaccato dalle nostre cellule-soldato.
A parole la strategia sembra perfetta. Ma in passato tentativi simili si sono mostrati poco efficaci, arenandosi nel corso dei vari livelli di sperimentazione.



Ecco Chrome, il browser di Google
Svelato su internet da un fumetto
La fuga di notizie e poi la conferma: oggi (2 settembre) il lancio in oltre 100 paesi
L'ingresso nel mercato dei programmi per navigare online: sfida a Microsoft
Più sicuro e veloce, pensato per chi guarda video, chatta, gioca, scrive e compra online
Alessio Balbi su
la Repubblica


  fumetto

ROMA - "I programmi che usiamo per navigare su internet sono stati ideati quando il web era un insieme di pagine testuali. E' ora di costruire da zero un browser pensato per ciò che la rete è diventata: un network di applicazioni". Con queste parole Google ha confermato il lancio internazionale, quest'oggi, di Chrome, il nuovo software nato per insidiare il primato di Microsoft nel mercato dei programmi per la navigazione online, e non solo. Una conferma precipitosa, resasi indispensabile dopo quella che verrà ricordata come la prima fuga di notizie provocata da un fumetto.

La voce dell'ingresso di Google nel mercato dei browser è giunta inattesa nella tarda serata di lunedì, quando il sito Blogoscoped.com ha rivelato di essere entrato in possesso di alcune tavole disegnate dal cartoonist Scott McCloud nelle quali si presentava con dovizia di particolari il nuovo navigatore di Mountain View. La notizia è rimbalzata in un attimo nel tam-tam dei blog, e qualcuno ha anche pensato a un pesce d'aprile in ritardo. Ma il documento era troppo dettagliato, e alla fine è stata la stessa "Big G" ad ammettere l'imminente lancio del software.

Chrome si rivolgerà ad un utente che non si limita a sfogliare pagine, ma guarda e carica video, chatta, gioca, scrive, compra online. Un utente che, in altre parole, usa ogni singola pagina web come un'applicazione, portando su un unico browser funzioni che fino a poco tempo fa avrebbero richiesto software distinti: messaggistica, videoscrittura, lettori multimediali e così via.

Un browser per il Web 2.0, direbbe qualcuno. Per questo, Chrome è molto più che un nuovo concorrente di Internet Explorer nel mercato dei navigatori web. Con il suo nuovo prodotto Google punta a incorporare nel browser le funzioni di programmi come Outlook, Word, Excel, Windows Media Player. Un vero e proprio attacco al cuore dell'impero Microsoft.

Infine, Chrome punterà su velocità, leggerezza e sicurezza. Sono le caratteristiche che hanno fatto la fortuna di Firefox, il navigatore che negli ultimi quattro anni è riuscito a rosicchiare quasi un quinto del mercato di Explorer. Si vedrà se il browser di Google saprà fare di meglio, e a scapito di chi.


Tutto il tempo, tutta la vita
Vittorio Zambardino su
la Repubblica


  Chrome

Google è nata il 7 settembre 1998 a Menlo Park. Forse oggi è rinata.
Niente di più noioso di una ennesima guerra dei browser. Se questa lo fosse. Invece con il lancio di Chrome, con pelosa umiltà definito “browser”, Google comincia a dare concretezza a un sogno (per alcuni una visione, per altri un incubo) del browser che si fa guscio operativo del computer, culla di applicazioni che non vengono “attivate” dall'interno del browser ma vi risiedono in modo nativo, o quasi.
“Io voglio te” - Applicazioni, poi, mica l'obiettivo è excel o word (anche quello, certo): qui si tratta di tenere in attività tante pentole, e dentro di quelle i contenuti della vita: la mia posta, il mio lavoro, il mio facebook, i miei video, le mie notizie. Semplicemente “tutto”. Tutta la vita, tutto il tempo-media degli utenti: perché, pensate che si limiterà a farvi scrivere un messaggio mail senza cambiare applicazione? Lo credete davvero?
Il mulino del tempo umano - Noi qui pensiamo che Google abbia messo a punto il mulino nel quale macinare notizie (e giornali), immagini (e televisioni), social networks (e relazioni tra le persone), e poter quindi legittimamente dire, un po' come Freddy Kruger delle sue vittime: io sono loro. Non per gusto di far colore, ma perché, come dice Kottke.org, noi passiamo la gran parte del nostro tempo dentro un browser, a leggere, informarci, scrivere, e poi fare acquisti, guardare il conto in banca e a chattare. Lavoro e piacere, privato e pubblico.
“E' il killer di Windows” - Le conseguenze - sfida a Microsoft, voglia e obiettivo di mettere le mani su tutta l'esperienza internet degli umani e non sulla semplice ricerca - non sono novità, ognuno ci arriva da solo e non c'è bisogno di prediche.
E tuttavia va letto con attenzione ciò che scrive l'autorevolissimo TechChrunch, per capire tutto il senso dell'operazione: “Non fatevi ingannare (…) qui c'è odio allo stato puro per Microsoft (…). Proprio mentre l'apparenza vi fa credere che Chrome sia in concorrenza con Firefox e Internet Explorer, in realtà qui l'obiettivo è Windows (…. ) Il browser sarà usato come l'unico sistema operativo“.

Se ne parla in italiano (blog, news):
·        Punto Informatico: Il browser di BigG
·        Cablogrammi: Nel decennale l'assalto finale a Windows
·        Html: il browser di Google pronto al lancio
·        Motori ricerca: il browser di Google
·        Dot coma: Browser wars, la sfida finale
·        Mondotechblog: Ecco Chrome la sfida di Google
·        Luca De Biase: Se il computing si fa online, il browser è il sistema operativo
Se ne parla in inglese:
·        New York Times: un accesso universale a internet
·        John Battelle: Questo è un sistema operativo basato su web
·        TechCrunch:  Ecco Chrome,il killer di Windows
·        Tecnologizer: Dieci domande su Google Chrome
·        Kottke: Tutti gli annunci di un browser di Google


Google Chrome: ecco i pro e i contro
Gianni Rusconi su
Il Sole 24 Ore

Gli aggettivi si sprecano, i commenti entusiasti pure, ma non mancano anche le critiche. Google Chrome è appena nato ed è un vero e proprio fiume mediatico quello che si è scatenato a valle dell'annuncio del nuovo browser della società di Mountain View. Chi di tecnologia ci vive ha sicuramente scaricato il programma e si è fatto un'idea precisa di cosa porti in dote Chrome e della valenza delle sue sbandierate funzionalità innovative. Ma per un utente di computer "normale" capire se la "new entry" della grande G sia una vera rivoluzione dell'esperienza del Web e soprattutto se tale software è migliore di quelli attualmente in circolazione diventa quasi un'impresa. E la domanda che sovviene spontanea è la seguente: Chrome è migliore di Internet Explorer, Firefox, Safari, Opera e via dicendo?.

Sentendo la campana Google, appare scontato che abbracciare Chrome sia una professione di lungimiranza tecnologica, di spirito innovativo nell'era del Web 2.0. Ed è la natura di Chrome a confermarlo, in quanto – dice Google - veicolo avanzato di navigazione per la prossima generazione di applicazioni Web.

Se poi sia cinque volte più veloce di Firefox e 100 volte più di Internet Explorer 7 è tutto ancora da dimostrare.

Andando invece ad ascoltare chi di browser se intende, e leggendo quindi i relativi commenti fioriti a centinaia sui blog, la realtà della discesa in campo di Google nei browser è un po' meno romantica e futuristica di quanto non la vogliano dipingere i vertici di Mountain View. La sensazione è che, nonostante le iniziali pecche, sia in effetti un avversario con i fiocchi per Microsoft e il suo Internet Explorer 8 di là da venire. I pregi riscontrati all'istante da chi l'ha installato (su pc Windows) in italiano sono diversi e fra questi la possibilità di importare preferiti, password e altre impostazioni da Internet Explorer e altri browser. Alcune tecnologie di base sono "vecchiotte" mentre è del tutto nuovo come annunciato il motore JavaScript, sviluppato in linguaggio open source al pari del più recente engine di Mozilla, Tracemonkey. Il fatto di essere avanti lo si deve a vari "add on" e in molti fanno notare in proposito come l'inclusione di Google Gears e la possibilità di lanciare le applicazioni Web nel browser senza esporre menu e barra di navigazione nell'installazione di default sono avanguardie di un modello evoluto di utilizzare il proprio desktop (inteso come interfaccia utente del computer). Fra pulsanti che mancano (quello della home page e della ricerca rapida) e barre degli strumenti che appaiono e scompaiono (per una gestione più fluida delle pagine Web), Chrome presenta come detto anche qualche difetto e qualche tratto in comune con i browser concorrenti. Come – qualcuno l'ha evidenziato - la homepage contenente le miniature delle pagine più visitate, viste per la prima volta in Opera, funzionalità che in Chrome viene maggiormente resa funzionale interagendo con il menu dei siti preferiti.

Detto quindi che per i comuni mortali e non navigare nel G-browser è di fatto la stessa cosa che farlo con i vari Explorer, Firefox od Opera, a vantaggio del nuovo nato c'è il fattore velocità, sia nell'avvio del browser che in fase di navigazione.

Fra i "bachi" di Chrome – che ha detta di qualcuno richiede più risorse per il suo funzionamento rispetto a Ie7 e Firefox – c'è chi è inorridito del mancato supporto delle applet Java; Chrome non permette cioè l'installazione de di un motore quale quello di Sun e agli occhi degli smanettoni questo sembra essere una pecca a cui Google deve rimediare in fretta. Altri, per contro, mettono in cima alla lista delle mancanze la funzione per bloccare le pubblicità simile a quelle presenti in Firefox e Opera (ma la grande G, il commento dello stesso detrattore, vive però di pubblicità).



Ospedali, miniere e santuari
Viaggio in Bolivia, Terra Madre
La lunga fame dei campesinos
Ettore Mo sul
Corriere della Sera - foto di Luigi Baldelli


  Bolivia

ANZALDO (Bolivia) — Nessuno spazio sarebbe adeguato per raccontare compiutamente questa storia. Che si svolge in Bolivia dove un medico italiano, Pietro Gamba (di Stezzano, Bergamo), vive e lavora da oltre 25 anni: per alleviare le sofferenze di 30 mila persone o cento piccole comunità sparse su una landa impervia di mille chilometri quadrati che si stende dalla provincia settentrionale di Cochabamba a quella meridionale di Potosí, dove le miniere d'argento, piombo, rame e zinco appestano l'aria. Scenario sublime: la cordigliera delle Ande a tre, quattro, cinquemila metri, appena sotto il paradiso.


Per qualche misteriosa ragione la Bolivia si addice a Pietro Gamba, e viceversa. Non si spiega altrimenti il fatto che la sua prima, veloce escursione in America latina, nel '75, abbia avuto come meta La Paz, alla Casa del Niño, dove ha inizio il suo apostolato laico e dove impara a masticare con moderazione la foglia di Coca aderendo al rito sacrale del Pijchu che lo inserisce nel mondo arcaico dei boliviani. Ci sarà un'altra incursione, meno fugace, dal '76 al '78; ma quando, nell'85, torna in Bolivia, dopo aver conseguito a Padova la laurea in Medicina e chirurgia, sarà per rimanerci: e per essere alla fine proclamato, senza alcuna cerimonia liturgica, il medico dei campesinos. Il rapporto coi suoi pazienti non si esaurisce certo nei giorni di ricovero all'ospedale: perciò, non appena ha un giorno libero, salta in macchina e li va a trovare nei più remoti villaggi della regione dove — aggiunge con un sorriso — sono andati a seppellirsi prima di morire. Uno di questi è don Julio, cui un anno fa il dr. Pietro aveva amputato il braccio destro su cui, precedentemente, erano intervenuti i «curanderos» con nauseanti impacchi di sterco e urina. Al momento non sembra avere grossi problemi economici: se la cava discretamente, abbinando le attività di agricoltore e allevatore. Ha un toro, due asinelli, un gallo e 25 pecore: «Ogni anno — confessa — mia moglie ed io ne sacrifichiamo una per la festa del patrono».




  7 settembre 2008