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sulla stampa
a cura di Fr.I. - 17-18 novembre 2013


Due giorni intensi che non potrò dimenticare
Eugenio Scalfari su la Repubblica


La scissione del Pdl e la nascita di quella che noi chiamiamo la destra repubblicana rappresenta una novità di grandissimo rilievo nel panorama della politica non soltanto italiana ma anche europea.
Il governo Letta ne esce rafforzato perché scompare la presenza di Berlusconi e del berlusconismo dalla maggioranza. La prima conseguenza riguarda l'essenza stessa del governo Letta-Alfano. Finora infatti si trattava d'una situazione di necessità anche se, con l'ipocrisia che a volte è politicamente indispensabile, molti si ostinavano a chiamarlo di "grandi intese". Ma dopo la scissione Letta- Alfano consente anche quelle intese per realizzare le riforme e gli interventi che la crisi europea richiede.
I partiti che ora compongono la nuova maggioranza senza Berlusconi debbono tener conto di questa novità e comportarsi di conseguenza. Soprattutto il Pd che ora è la maggiore forza politica non solo alla Camera ma anche al Senato.
Non mi diffonderò più a lungo su questo tema del quale da tempo il nostro giornale auspicava la realizzazione. In un futuro ancora lontano anche in Italia una destra moderata e liberale disputerà il potere con una sinistra liberal-socialista; ma nel frattempo entrambe sono impegnate insieme per riformare lo Stato e l'assetto europeo all'insegna del lavoro e dello sviluppo economico.




Scissione Pdl, cambiare tutto perché nulla cambi
Andrea Viola su il Fatto Quotidiano


Quanta ipocrisia nella finta scissione di Alfano e compagnia dal Pdl. E quanta demagogia nelle parole del Presidente Enrico Letta. Quello che ha fatto Berlusconi ed Alfano non è altro che una solita grande trovata elettorale per garantirsi ancora una volta il ruolo della vittima e al tempo stesso rimanere ancorato al Governo.
E sì, pensateci bene. Cosa cambia nel partito di Berlusconi? Nulla in peggio, anzi.
Dividendo il Pdl in due forze politiche falsamente diverse, Berlusconi ottiene un grande vantaggio. Intanto riprende il ruolo di oppositore al Governo delle tasse e riporta in vita il suo amatissimo “partito” azienda, ossia, Forza Italia. E nuovamente non potremmo più gridare con tranquillità Forza Italia. E va bene. Dall'altra parte continua a Governare con i suoi uomini fidati nei Ministeri chiave del paese.
Se questa scissione fosse vera, considerata la nuova composizione della maggioranza, al Nuovo Centrodestra non potrebbero spettare così tanti ministri e sottosegretari. Si dovrebbe rimescolare tutto e dare il giusto peso al partito di Alfano. E quindi un Governo nuovo e con meno Ministri del centro-destra.
Ma questo non accadrà. Rimarrà tutto così. E il motivo è molto semplice. Sono tutti d'accordo. Tutti contenti. Il Governo va tranquillamente avanti senza le intemperanze personali di Berlusconi e il centro-destra continua ad avere i suoi posti di Governo. Ergo nessuna vera scissione. Solo una grande furbata. La solita manfrina.
Letta insieme a Napolitano non fanno altro che pensare alla loro cara poltrona. Il Governo della finta stabilità per loro non è altro che il Governo del mantenimento del potere. Nessuna prospettiva di riforme e di interventi seri e concreti per il Paese. Solo finzione.
Pensate con 30 Senatori e 27 deputati, il partito di Alfano ha più Ministri del Partito Democratico. Una spartizione di certo non logica in una normale divisione politica. E di certo il Partito democratico se ne guarderà bene dal chiederne conto a Letta. Altrimenti, Napolitano potrebbe arrabbiarsi.
Un Governo che non riesce neanche ad essere trasparente e libero per un momento. Emblematico il caso Cancellieri. Dove un ministro della Giustizia, nonostante gli innegabili errori commessi, viene difeso non solo dal Presidente del Consiglio ma addirittura dal Presidente della Repubblica in persona. Non si è mai visto un Presidente, che dovrebbe rappresentare il ruolo di garanzia di tutte le forse politiche, intervenire politicamente in difesa di un ministro.
Quindi, nessuna scissione del Pdl. Ma una grande ed ennesima presa per i fondelli. Ma il problema è sempre lo stesso. La colpa non è dei bugiardi. La colpa è sempre dei creduloni. Perché i bugiardi esistono perché ci sono i creduloni.



Scissione Pdl, governo al sicuro per 7 senatori
L'esecutivo avrebbe comunque la maggioranza anche nell'ipotesi di una rottura di Forza Italia dopo il voto di decadenza su Berlusconi. Inizia la conta nell'ex Pdl: chi va con Alfano e chi con i lealisti
su la Repubblica

ROMA - "Stiamo ricevendo moltissime adesioni da tutta Italia, comunque tutti i ministri sono con noi". Angelino Alfano lo ha detto durante l'incontro con la stampa, a Roma, per spiegare le ragioni della scissione. E la conta di chi va con il Nuovo centrodestra e chi con il nuovo Forza Italia sarà un altro dei temi caldi dei prossimi giorni. I numeri più importanti sono quelli del Parlamento, dove il governo avrebbe comunque la sua maggioranza seppure ridotta, al Senato, a 7 voti, nel caso che Forza Italia decidesse di togliere il sostegno all'esecutivo.

A Palazzo Madama, dunque, se Forza Italia e Gal decidessero di togliere la fiducia al governo, l'opposizione conterebbe potenzialmente 153 voti: 66 di FI, 50 del M5S, 16 della Lega, 16 del gruppo Misto e 5 di Gal.

La maggioranza potrebbe fare affidamento, invece, su 168 voti: 108 del Pd, 30 di Ncd, 20 di Scelta civica (al netto della scissione, sia popolari che montiani sostengono il governo), 10 delle autonomie. In caso di rottura, magari a seguito del voto sulla decadenza di Berlusconi, considerato che la quota di maggioranza assoluta è a 161 voti, il governo Letta-Alfano sarebbe insomma tenuto in piedi da 7 senatori. Questa è la previsione più prudente, che non tiene conto neanche del voto dei 6 senatori a vita.

Alla Camera invece il problema non si pone perché il solo gruppo del Pd conta 293 deputati e supera la soglia della maggioranza assoluta di 316 anche soltanto grazie ai 47 di Scelta civica. L'effetto della spaccatura del Pdl sarebbe dunque solo la nascita del nuovo gruppo Ncd che avrebbe al momento 27 deputati contro i 69 di Forza Italia.

Tra chi ha già scelto dove andare c'è il presidente della Regione Calabria, Scopelliti, uno di coloro che seguirà Alfano: "Più che una scelta sofferta - ha detto Scopelliti - è stata una scelta imposta da quanti, falchi e falchetti, hanno costantemente 'gridato' all'orecchio di Silvio Berlusconi per far saltare l'unitarietà del partito". Il governatore calabrese lo ha detto a circa 400 tra amministratori e dirigenti locali convocati in tutta fretta per una riunione nella sala Nicola Calipari di Palazzo Campanella, a Reggio Calabria. "Il Paese ora ha bisogno di un governo forte - ha aggiunto - , impensabile andare ad elezioni se cade l'esecutivo, e non da ultimo, riteniamo di poter difendere meglio Berlusconi dal governo, siamo con Berlusconi". Andrà invece con Berlusconi uno degli assessori di Scopelliti, Giacomo Mancini. Lo ha annunciato su Facebook. 

Stessa strada di Scopelliti per Giacomo Bugaro, vicepresidente del consigliio regionale delle Marche: "Non ho aderito oggi alla nuova Forza Italia perché mi appare cosa diversa dalla 'mia' Forza Italia del 1994 nello spirito e nella linea politica. Spero di sbagliare, ma ne dubito". Bugaro aveva firmato con altri consiglieri regionali del Pdl un documento di sostegno alla linea di Alfano. Va con Ncd anche il consigliere regionale Daniele Silvetti.

Alla Regione Lombardia il numero lo dà l'ex presidente Roberto Formigoni con un tweet: "Guarda guarda cos'è successo alla Regione Lombardia: 9 su 19 consiglieri del vecchio Pdl sono entrati in Nuovo centrodestra. Che succederà?". La decisione formale della nascita dei due gruppi ci sarà all'inizio della settimana, ma non dovrebbe cambiare nulla per la giunta Maroni che avrà il sostegno di emtrambe le neo-formazioni.

In Sicilia, patria di Angelino Alfano, la rottura è nettissima: sono 15 i parlamentari (otto senatori e sette deputati) eletti nell'isola che hanno scelto di aderire al  Nuovo centrodestra, mentre sono 10 (5 senatori e 5 deputati) i 'lealisti' che faranno da apripista ai club della nuova Forza Italia. Con Alfano vanno l'ex presidente del Senato, Renato Schifani e i sottosegretari, Giuseppe Castiglione e Simona Vicari. Berlusconi, invece, può contare sugli ex ministri Stefania Prestigiacomo e Antonio Martino, ai quali si aggiungono Saverio Romano, leader del Pid-cantiere popolare e Gianfranco Miccichè.

Stesse percentuali all'interno dell'Assemblea regionale; 6 i deputati che lasceranno il Pdl per aderire al nuovo gruppo: Nino D'Asero, Francesco Cascio, Nino Germanà, Pietro Alongi, Vincenzo Fontana e Vincenzo Vinciullo. Con Berlusconi andranno i restanti 4 deputati Pdl: Marco Falcone, Giorgio Assenza, Salvatore Pogliese e Giuseppe Milazzo. Nei prossimi giorni nasceranno gruppi di Ncd e Forza Italia anche nei comuni. Lasceranno l'incarico anche i due coordinatori regionali Pdl, Giuseppe Castiglione e Dore Misuraca, entrambi diretti verso Ncd.



L'addio al Pdl (in frantumi), rinasce Forza Italia
Berlusconi lancia oggi il partito che si richiama alla sua «discesa in campo». Alfano e i «governativi» non ci saranno
sul Corriere delle Sera

Al Palazzo dei Congressi di Roma è andato in scena il «funerale» del Pdl, il partito inventato da Berlusconi con il famoso «discorso del predellino» in Piazza San Babila a Milano. E nello stesso giorno dell'ultimo saluto alla sua creatura politica, il Cavaliere tiene a battesimo Forza Italia, che nasce, anzi, rinasce per dare un futuro più identitario e definito al centrodestra berlusconiano .
LA FRATTURA- Il Pdl è andato in frantumi proprio nel momento in cui termina la sua vita politica: l'ala definita «governativa», guidata da Alfano, dopo giorni inquieti e tentativi di mediazione con i «falchi» , i «fedelissimi» del Cavaliere, ha deciso di non partecipare al Consiglio Nazionale e annunciare la nascita del Nuovo centro destra, promettendo - parole di Alfano - di non votare la decadenza di Berlusconi e di correre alleati, ma indipendenti, alle prossime Europee. Tecnicamente, fanno notare, non si tratta di una scissione: semplicemente, una parte del partito che lo stesso Berlusconi ha condannato a morte, non si ritrova nel nuovo che nasce. Avevano chiesto garanzie interne (a parte la leadership indiscussa di Berlusconi, primarie e scelte condivise in tutte le cariche) e una dichiarazione di sostegno al governo letta fino a al 2015. Non hanno ottenuto nè l'una nè l'altra cosa, più per l'opposzione dei «falchi» che per il no dello stesso Berlusconi.


  17 novembre 2013