prima pagina pagina precedente




sulla stampa
a cura di Fr.I. - 24 novembre 2013


Il Cavaliere che fu e il Letta che sarà
Eugenio Scalfari su la Repubblica


VOGLIAMO parlare dei mutamenti del clima che stanno devastando l'intero pianeta dalle Filippine alle terre di Sardegna, dal Pacifico allo scioglimento dei ghiacciai, degli uragani, dell'innalzamento del livello dei mari?

Vogliamo parlare dei Kennedy nella ricorrenza dell'uccisione a Dallas di John Fitzgerald e poi del fratello Bob che hanno avuto un ricordo inobliabile non solo in America ma nell'intero Occidente, relegando nell'oblio le loro inclinazioni di playboy scapestrati e perfino alcune imprudenti collusioni con la mafia di Chicago? Vogliamo parlare di papa Francesco e della Curia che gli si rivolta ora che tocca con mano il pericolo di essere detronizzata dal suo ruolo di guida politica della Chiesa e relegata al compito di fornire i servizi al popolo di Dio e ai vescovi con cura di anime?

Sono tutti temi di portata mondiale che dovrebbero impegnare l'attenzione dei governi e dei popoli se i popoli e i governi, specie nei Paesi di antica opulenza, non fossero alle prese con problemi di minore gittata ma d'assai più acuta urgenza ed emergenza: la crisi economica che ancora affligge l'Occidente, i populismi dilaganti, l'immigrazione dai Paesi poveri a quelli più agiati, l'Europa che non riesce a trasformarsi in uno Stato continentale e competitivo con quelli emergenti che la circondano e la schiacciano verso l'irrilevanza.

La nostra Italia in questo mare tempestoso si trova in una posizione del tutto singolare: è uno degli Stati fondatori della Comunità europea e dell'Unione che ne è seguita; è il secondo Paese industriale europeo dopo la Germania e prima della Francia; ma al tempo stesso la sua finanza pubblica è appesantita da un debito tra i maggiori del mondo, la sua competitività è tra le più basse, la sua classe dirigente tra le più scadenti e invise, la corruzione endemica è crescente, la sua politica stenta ad uscire dalle lotte intestine e a riscuotere un grado di consenso in mancanza del quale la democrazia decade e le divisioni gettano il Paese nell'incertezza e nella paura.

Questa situazione esiste ormai da anni e da anni siamo costretti ad occuparcene. Se parlassimo d'altro parrebbe a noi stessi una fuga in avanti o all'indietro per smarcarsi dal presente e quindi faremo ancora una volta il punto e daremo la nostra libera opinione su quanto sta accadendo a casa nostra. Non è un compito facile perché la confusione delle lingue le ha trasformate in una Torre di Babele. Bisogna dunque recuperare la chiarezza necessaria fugando il timore di servirsene contro l'ipocrisia delle lingue biforcute che, non a caso, sono quelle del serpente.
* * *
Berlusconi che ieri si è esibito in nuove dichiarazioni eversive, è ormai al punto terminale del suo ventennio. La sua decadenza è già avvenuta, si aspetta soltanto che il Senato ne prenda atto cosa che avverrà il 27 di questo mese. Ma se anche dovesse guadagnare qualche giorno, cosa che non sembra tecnicamente possibile, non accadrebbe nulla: c'è una sentenza definitiva che sarà comunque eseguita e lo porterà a scontare la pena che gli è stata comminata.

Nel frattempo è nata una nuova forza politica con una scissione del partito da lui fondato. Quella scissione è lui stesso che l'ha provocata cogliendo la sostanza dei fatti. La sua leadership unica e quindi dittatoriale all'interno del suo partito e la sua ricorrente tentazione di estenderla anche all'esterno era stata messa in crisi ma non dai suoi avversari politici e neppure dalla magistratura rossa di sua invenzione, bensì dal malcontento crescente che dilaga nel Paese e nel suo stesso partito.

Tutte le cose che hanno un inizio hanno anche una fine. Il problema è di saper predisporre una successione che abbia un progetto di futuro senza dimenticare l'esperienza positiva del passato. Ma se il passato è stato soltanto una dittatura personale, la successione evidentemente non esiste. Questo è quanto è avvenuto nel Pdl: i figli sono stati ripudiati e sono usciti sbattendo la porta.

Renderanno al padre gli onori dovuti votando contro la sua decadenza, ma si tratta di un atto formalmente dovuto che non modifica la situazione esistente. È nata la destra repubblicana, i moderati che si raggruppano fuori dal cerchio magico dell'egolatria d'un dittatore furbissimo nel saper vendere il suo prodotto fin quando quel prodotto ha i suoi potenziali compratori. Non ci sono più quei compratori e non c'è più neppure il prodotto da vendere.
Perciò questa storia è finita.
* * *
La nascita d'una nuova destra moderata ha avuto le sue logiche conseguenze sulla natura del governo Letta. Non sulla sua composizione perché i ministri in carica costituiscono parte integrante del nuovo partito; ma nella sua essenza sì, il governo è cambiato, se non altro su un punto fondamentale: non è più sostenuto da un partito che ha alla sua guida un pregiudicato.

Che la sinistra riformista fosse costretta ad allearsi col partito di Berlusconi suscitava, al di là dello stato di necessità da tutti riconosciuto, il mal di pancia di un'ampia fetta dei militanti e dei potenziali elettori del Pd. La nascita e il successo del Movimento 5 Stelle riflette anche quel mal di pancia. Lo sfrizzolamento delle correnti e gli interessi personali di alcuni dei loro esponenti nel Pd trova la sua motivazione giustificativa nel medesimo mal di pancia ma ora quella motivazione è caduta perché non c'è più Berlusconi dietro la nuova destra. Quindi lo sfrizzolamento non dovrebbe più esserci nel Pd. Infatti il correntificio di quel partito cerca ora nuove giustificazioni per sussistere, una delle quali è stata la fiducia data da Letta alla Cancellieri per scongiurare la sua uscita dal ministero e gli effetti negativi che sarebbero derivati da una sfiducia parlamentare: un rimpasto nel momento stesso in cui la maggioranza di sostegno del governo cambiava natura.
La Cancellieri, come tutti sanno e tutti hanno riconosciuto, non ha commesso alcun reato o almeno finora la Procura non l'ha trovato e non l'ha infatti registrata tra gli indagati. Ha però fatto, la Cancellieri, una telefonata o forse due inappropriate ad un ministro della Giustizia. In un'altra situazione era logico che fosse invitata (o costretta) a dimettersi. Nella situazione data è comprensibile che Letta la coprisse. Quando la nuova maggioranza sarà consolidata nella sua autonomia è opportuno che la Cancellieri si dimetta di sua iniziativa e sia sostituita con un altro ministro tecnico scelto al di fuori dei partiti. Allo stato delle cose la sua situazione è del resto del tutto simile a quella di Vendola e della sua telefonata sull'affare Ilva con i rappresentanti della proprietà Riva, ma nessun partito ha chiesto le dimissioni di Vendola dalla presidenza della Regione Puglia.
* * *
La permanenza del governo Letta fino al semestre di presidenza europea a noi assegnata che ci sarà dal giugno al dicembre dell'anno prossimo, è fondamentale perché la vera battaglia per l'uscita dalla crisi economica si combatte in Europa ed è già cominciata. Letta è quello che meglio può condurla con l'appoggio d'una maggioranza politica responsabile e quella, altrettanto indispensabile, del capo dello Stato.

Naturalmente questa battaglia europea dev'essere affiancata a interventi sull'economia italiana che, senza mettere in causa gli impegni europei, faccia il meglio possibile con le (poche) risorse a nostra disposizione. Nella legge di Stabilità qualche cosa si è fatto ma si poteva e ancora si può fare di più. Per esempio si possono rilanciare gli investimenti in infrastrutture con i miliardi disponibili delle erogazioni europee per le Regioni in difficoltà. Si può portare avanti il pagamento dei debiti alle aziende e ai Comuni creditori. Si può restringere la platea dei beneficiari delle detrazioni d'imposta, abbassando il livello del reddito cui la detrazione è consentita e dando di più ad un minor numero di beneficiari. Si può aumentare il taglio del cuneo fiscale a debito dell'Inps e colmare il buco intervenendo sulle aliquote contributive di alcune categorie che hanno maggiori potenzialità di reddito.

Analogo provvedimento si poteva (e si potrebbe ancora) prendere sul pagamento dell'Imu da parte di case il cui valore patrimoniale è più elevato. L'Imu fu un'imposta sulle case messa dal governo Monti con l'intento di trovare nuove risorse di tipo sostanzialmente patrimoniale e progressivo nell'ammontare dell'imposta. La sua abolizione fu decisa dal governo Letta con una finalità politica: togliere a Berlusconi la finta motivazione di mandare il governo all'aria per dissensi sull'economia e sulle tasse. Questa finalità è ora venuta meno. Certo il nuovo partito di Alfano non può, nella sua fase di nascita, accettare che l'Imu sia riproposta. È chiaro che non può, ma dovrebbe accettare che oltre alle seconde case paghino anche i proprietari di prime case che abbiano caratteristiche di elevata patrimonialità e quindi rendite catastali più alte. Bisogna certo aiutare la nuova destra ma anch'essa deve aiutare l'economia italiana e le fasce di lavoratori e di consumatori più disagiate.
* * *
La battaglia europea resta però quella fondamentale. Letta e Saccomanni l'hanno già iniziata questa settimana e la proseguiranno. Ma un altro che sta sempre più intervenendo su quel terreno è Mario Draghi con l'Unione bancaria da lui sostenuta a spada tratta insieme alla Commissione europea. La Bundesbank si oppone e anche la Merkel frena, ma difficilmente potrà resistere a lungo su quella posizione se si troverà di fronte un forte schieramento europeo del quale Letta rappresenta la nostra punta di diamante.

Mi confortano i giudizi dati in proposito da Asor Rosa sul “Manifesto”, da Reichlin su “l'Unità” e da Massimo Cacciari in una sua recente apparizione televisiva. Asor Rosa in particolare è da sempre un uomo della sinistra italiana, come Reichlin ed anche più a sinistra di lui ai tempi di Berlinguer. Tutti e due e Cacciari dicono la stessa cosa: l'interesse della sinistra per aprirsi una strada futura che non può essere altro che europea, consiste nel dare il proprio appoggio a Letta. Leggere queste affermazioni sul “Manifesto” e su “l'Unità” di fronte a giornali e trasmissioni televisive che si autodefiniscono democratiche tifando per Grillo, fa senso o almeno a me lo fa perché sono del loro stesso avviso.
Adesso Grillo cavalca lo sciopero dei lavoratori di Genova e vuole che si estenda a tutta Italia. Non solo lo sciopero ma anche i cortei di violenza e gli assalti alle sedi del Pd.

Rottamare tutto per ricostruire tutto e tenersi il “Porcellum” ma senza la libertà di mandato per i membri del Parlamento: ecco il caso tipico d'un rottamatore che sogna la dittatura personale. Spero che non abbia imitatori. Lui del resto non fa che imitare il Berlusconi che fu (ma che viva fino a cent'anni).


  24 novembre 2013