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09 dicembre 2013


Il dovere di cambiare rispettando la Storia
Oggi comincia il Pd di Matteo Renzi: tre milioni di votanti gli chiedono il cambiamento per tornare ad avere fiducia nella sinistra, ma senza rinnegare la storia dei democratici.
Ezio Mauro e la redazione di
la Repubblica





Renzi stravince: «Non è la fine della sinistra»
A spoglio in corso, il sindaco travolge le primarie Pd con il 68 per cento. Cuperlo si ferma al 18 e assicura: non scenderemo dal treno ma non rinunceremo alle nostre idee. Civati al 14.
Redazione Politica de il Manifesto
 
«Non è la fine della sinistra, è la fine di un gruppo dirigente della sinistra. Stiamo cambiando i giocatori, noi non stiamo andando dall'altra parte del campo». La bandiera del Pci consegnatagli sabato in piazza da un anziano militante a Empoli era stato un gesto profetico, il simbolo della giornata di oggi. Matteo Renzi stravince le primarie del Pd, in una consultazione in cui l'affluenza – sulla quale non ci saranno subito dati ufficiali, come annunciato in serata dal responsabile dell'organizzazione Davide Zoggia – ha ribaltato il pronostico e dovrebbe raggiungere, alla fine, i 2milioni 700mila votanti.  Ed è una valanga per il sindaco di Firenze. Mentre nella notte lo spoglio va avanti,  Renzi si consolida al 68 per cento. Gianni Cuperlo lo guarda di lontano al 18 per cento, e poco più dietro si ferma Pippo Civati,  intorno al 14.
Renzi va benissimo nelle (ex) regioni rosse: in Emilia Romagna raccoglie il 71 per cento, in Toscana il 78, in Umbria il 76. I renziani vincono le sfide un po' ovunque: a Roma, dove il congresso del partito aveva visto prevalere Cuperlo. A Foggia, dove il renziano Ivan Scalfarotto prende quasi il doppio dei voti di Massimo D'Alema.
Già alle dieci di sera quando lo scrutinio aveva da poco traguardato il 10 per cento dei voti espressi, Cuperlo ammette la sconfitta, più cocente delle più tiepide previsioni.  «La sconfitta è interamente mia», ha detto con eleganza,  ma subito ha assicurato che non c'è scissione alle viste, anzi ha invitato i suoi sostenitori a non allontanarsi dal Pd: «La sinistra ha una storia interamente nuova da scrivere per tante ragioni e dobbiamo ripartire da qui dopo questa giornata così preziosa. Ci sono due stazioni: quelle dove i binari finiscono e quelle dove i treni si fermano per poi ripartire. Siamo a metà del viaggio. Il treno scelto è il nostro treno e non scenderà nessuno. Lavoreremo in spirito unitario ma  — ha sottolineato – non rinunceremo alle nostre idee». Anche Civati, dal centro congressi di via dei Frentani di Roma, dove aveva istallato il suo comitato, ha fatto i complimenti al vincitore: «La sinistra c'è» e il Pd è «ancora un partito di sinistra». « E non ha rinunciato a pungolare Renzi: «Con questo gruppo dirigente possiamo vincere le elezioni»,  «anzi, direi che possiamo persino farle». Cosa resta della 'sinistra' ex ds e come farà il sindaco a convivere con il governo delle larghe intese  mantendo il favore che ieri ha raccolto (le elezioni non sono all'orizzonte, nonostante la campagna di ultimatum a Letta dello stesso Renzi) sono i temi dell'immediato futuro del partito.
Ma per ora è il discorso di Renzi, dall'Hobihall di Firenze, a disegnare da subito il prossimo Pd. Legge elettorale bipolarista e taglio dei costi della politica di un miliardo di euro sono le prime due promesse del nuovo segretario. Ma il nuovo segretario assicura che «il meglio deve ancora venire. Da domani ci divertiamo».  Annuncia con ironia lo scioglimento della sua corrente:«Mi avete dato la fascia di capitano, io non farò passare giorno senza lottare su ogni pallone». Renzi punta tutto sulla «nuova generazione» e sul cambiamento. «Abbiamo la peggiore classe dirigente degli ultimi 30 anni». «Abbiamo avuto questi voti per scardinare un sistema. Non può bastare essere iscritto al club degli amici per amici per avere un ruolo. Noi non sostituiremo quel gruppo dirigente con un altro gruppo dirigente. I voti che abbiamo avuto sono per scardinare il sistema non per cambiare i loro, con i nostri».
Stamattina il nuovo segretario è atteso a via del Nazareno, dove potrebbe annunciare la nuova segreteria – nei giorni scorsi ha detto di averla già in mente, sei uomini e sei donne – e già in tarda mattinata convocare la sua prima conferenza stampa dalla tolda di comando del 'palazzo' in cui – ha già promesso – non starà spesso. Visto che intende restare sindaco della sua città e non prendere neanche casa a Roma. Firenze torna capitale, come nel regno sabaudo.



Una svolta per la politica, ora il difficile cammino verso la Terza Repubblica
 Stefano Folli su Il Sole 24Ore

La vittoria di Matteo Renzi era in un certo modo annunciata, tuttavia ha assunto con il passare delle ore quasi i contorni di un plebiscito vinto: affluenza notevole e soprattuto percentuali schiaccianti. Un punto di svolta non solo e non tanto per il Pd, quanto per una politica nazionale bisognosa di volti nuove e idee almeno in parte originali. L'avvento del giovane fiorentino rappresenta quindi di per sé una boccata d'aria fresca, in quanto la politica - nel suo rapporto con l'opinione pubblica - è quasi sempre soprattutto uno stato d'animo, o se si vuole è la capacità di creare un'aspettativa. Renzi ne ha create parecchie di queste aspettative e non gli sarà facile esaudirle. Ma oggi non è questo il tema. Il punto è che il leader plebiscitario uscito dalle primarie incarna un desiderio autentico di voltare pagina e uno sforzo non banale in tale direzione.

Si può ben dire allora che stiamo vivendo il passo d'esordio della Terza Repubblica, dopo l'estinzione della Prima (ormai una ventina d'anni fa) e il malinconico fallimento della Seconda. Renzi riassume in sé le caratteristiche del politico della Terza Repubblica: giovane, post-ideologico e quindi pragmatico, immaginifico e un po' spregiudicato. Non ha quasi nulla del personaggio della Prima Repubblica, ma ha ereditato qualcosa della stagione berlusconiana, ossia di quella lunga fase di transizione che per comodità va sotto il nome di Seconda Repubblica. Da domani ci inoltreremo dunque in questo territorio vergine e potremmo persino avere qualche sorpresa positiva. Ad esempio, scoprire che al dunque ricostruire le istituzioni e dare al paese una decente legge elettorale è magari meno difficile del previsto.

Dipende da una serie di fattori non tutti subito decifrabili, ma che si possono condensare in una frase. Renzi dovrà decidere fin dalle prossime ore cosa vuole essere o diventare. Se riterrà di interpretare solo l'uomo del bipolarismo come l'abbiamo conosciuto in questi anni, allora sarà indotto a cercare un dialogo e un rapporto con Berlusconi, ossia con l'altra figura che ha incarnato le virtù (poche) e i difetti (molti) del ventennio appena trascorso. Probabilmente l'opzione non gli porterebbe fortuna, ammesso che il suo partito gli conceda di percorrere quel sentiero. Se invece comprenderà che non ci può essere una singola versione del bipolarismo e che quella sperimentata fin qui non è certo la migliore, allora si può immaginare che la costruzione della Terza Repubblica potrà assumere un ritmo meno incerto di quanto alcuni prevedono.

In altre parole, il nuovo Pd di Renzi non potrà essere esclusivamente una macchina elettorale, secondo i meccanismi rigidi dell'appena trascorsa Seconda Repubblica. Dovrà invece essere lo strumento duttile e ben radicato nel territorio, sotto il profilo politico e culturale, in grado di riavvicinare il cittadino alle istituzioni. E per farlo il neo segretario del Pd dovrà trovarsi gli interlocutori giusti, muovendosi senza eccessive impazienze: anche per un mero fatto generazionale, lui che si è affermato sulla scena come il "rottamatore" degli anziani. Ragione per cui non potrà essere Berlusconi il suo interlocutore privilegiato, bensì i personaggi nuovi che si sono a loro volta affacciati sulla scena. Letta e Alfano primi fra tutti. Finora Renzi non ha mostrato uno straordinario interesse a dialogare con nessuno di due: il primo lo tollera in quanto premier, il secondo lo maltratta. Invece dovrà considerarli un po' di più, senza naturalmente sottovalutare le grandi forze che oggi si collocano all'opposizione e che rappresentano un pezzo d'Italia.


  09 dicembre 2013