Camerati,
miliziani e neofascisti
Così cresce
la nuova estrema destra
Con la crisi
che ha impoverito la
piccola borghesia creando sacche di insofferenza diffusa, i manipoli
neri del
nuovo millennio escono dalle catacombe e sognano la riscossa
elettorale.
Cavalcando lo spettro populista che oggi si aggira in tutta Europa
Giovanni
Tizian su l'Espresso | 9 gennaio 2014
Camerata
Franco Bigonzetti. Al richiamo del leader segue il coro dei legionari:
«Presente». La scena si ripete ogni anno il 7 gennaio davanti alla
vecchia sede
del Movimento sociale italiano in via Acca Larentia a Roma. Sfilano per
ricordare i tre militanti del Fronte della gioventù uccisi nel 1978.
“Vittime
dell’odio comunista e dei servi dello Stato”, recita la targa. I
“martiri” sono
diventati il sacrario dell’ideologia neofascista: il luogo dove, tra
nostalgici
saluti romani e nuovi slogan, tenta di ripartire l’estrema destra
italiana.
Resta il motto antico “Dio, patria, famiglia”. Declinato però nell’anti
europeismo, nella critica al sistema bancario, nell’intolleranza contro
gli
stranieri e l’omosessualità, nella rivendicazione del mutuo sociale.
Parla alla
pancia dei cittadini. E ora che la crisi ha impoverito la piccola
borghesia, ha
creato sacche di insofferenza diffusa, disoccupazione record, i
manipoli neri
del nuovo millennio escono dalle catacombe e sognano la riscossa
elettorale.
Cavalcando lo spettro populista che oggi si aggira in tutta Europa.
PERICOLO
ALBA DORATA
In Grecia
trionfano i neonazisti di Alba Dorata, in Francia i sondaggi danno
sopra il 20
per cento il partito xenofobo del Front National di Marine Le Pen, a
Budapest
governa un fronte nazionalista. E in Norvegia le ultime elezioni hanno
legittimato persino Progresso, il movimento in cui militava il
massacratore
neonazista Andres Brevik. E in Italia è possibile un caso Alba Dorata?
«In
politica il “mai” non esiste, e gli spazi di competizione vuoti sono
destinati
a riempirsi», spiega a “l’Espresso” Marco Tarchi, professore
all’Università di
Firenze, in passato ai vertici del Msi: «Quindi, se non ci fosse
l’offerta
alternativa dei grillini, una formazione populista più spostata a
destra si
potrebbe affermare. Dubito che i gruppi oggi esistenti abbiano comunque
questa
chance: l’ascendenza neofascista è per loro una palla al piede». Alle
ultime
elezioni politiche la galassia a destra del Pdl ha racimolato poco più
di 400
mila voti. Ma il vento sta cambiando in fretta. Restano le divisioni e
faide
che hanno sempre caratterizzato le sfumature nere di questo fronte.
Proteste
come quella dei “Forconi” di un mese fa hanno però offerto
un’improvvisa
visibilità mediatica alle istanze più estreme, raccogliendo consensi
imprevisti. Preoccupata l’analisi del politologo Marco Revelli, figlio
dello scrittore
partigiano Nuto: «Ci sono tutte le condizioni drammatiche per
un’espansione sul
modello Alba dorata o Front national. Per un semplice motivo: l’habitat
della
destra è rappresentato dalla crisi».
ROMA È
PATRIA
Il cuore
nero dell’Italia pulsa sempre nell’Urbe. Qui sulle macerie del Fronte
della
gioventù e del Movimento sociale, ma anche nell’ombra lunga degli Anni
di
piombo, sono fiorite le primule del neofascismo del terzo millennio.
Una
galassia dove fede ultras, visione cameratesca e ideologia
nazionalista, si
saldano producendo un mix spesso esplosivo. La costellazione di sigle è
ampia,
ma poche hanno ambizioni elettorali. Forza Nuova, il partito guidato da
Roberto
Fiore fondato nel ’97, ha come quartier generale Piazza Vescovio.
Facile
identificarlo: una croce celtica marca il territorio. Su uno dei lati
della
piazza c’è l’unico pub, ritrovo informale dei militanti e dei tifosi
laziali, i
famigerati “Irriducibili” e della banda “De noantri”. Forza Nuova è
dinamica
nei contatti europei: gli ultranazionalisti ungheresi Hvim erano con
loro due
anni fa alla “marcia per la vita” antiabortista e il leader capitolino
ha
partecipato al congresso di Stoccolma dal partito Svenskarnas Parti.
Fiore
padroneggia la piazza ma ha esperienza del Palazzo: nel 2008 è
subentrato come
europarlamentare ad Alessandra Mussolini. Inoltre la stagione al
Campidoglio di
Gianni Alemanno ha dato alla sua ed altre formazioni l’opportunità di
intensificare l’impegno sociale. La più strutturata è sicuramente Casa
Pound,
che dalla palazzina occupata a due passi dalla stazione Termini fa
proselitismo
tra i giovani e gli scontenti, conquistando consensi in periferia e nei
quartieri bene. In pochi anni ha costruito una rete nazionale, unendo
iniziative culturali e concerti, mobilitazioni di protesta e
distribuzioni di
cibo alle famiglie povere. E anche per loro i “Forconi” sono stati un
momento
di gloria, con 300 militanti schierati nei presidi.
MILIZIANI
DEL DUCE
Resta in un
angolo Militia, descritta dai carabinieri del Ros come un’associazione
«dedita
alla commissione di atti violenti, anche di matrice xenofoba». Ne sa
qualcosa
il capo della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, minacciato con
frasi
tipo: «Io ‘sto sempre con na bomba a mano e nel momento che sta per
esplodere, lui
esplode insieme a me». I miliziani hanno lanciato accuse anche ad
Alemanno,
«sionista», e a Gianfranco Fini, «traditore antifascista». I leader
Maurizio
Boccacci, un passato in Fiamma Tricolore, e Stefano Schiavulli sono
stati
condannati nel 2012 in primo grado per ricostituzione del partito
fascista. E
sono sotto processo per violazione della legge Mancino insieme a
Giuseppe
Pieristè, già in Ordine Nuovo. Il fascismo continua a essere la loro
unica
fede. Le sedi principali sono la palestra occupata Primo Carnera, in
via delle
Vigne nuove, e il centro sportivo Doria di Albano Laziale, dove risiede
Boccacci e dove hanno difeso il feretro di Erick Priebke dalla rivolta
degli
abitanti. Militia ha creato diverse sezioni distaccate al Nord e al
Sud.
Lavorano nell’ombra e rifiutano il dialogo con i gruppi
istituzionalizzati.
Sono pochi, il nucleo romano può contare su 30 persone, ma pronti a
tutto.
Secondo gli atti dell’inchiesta, volevano avviare un percorso politico
rivoluzionario: «Militia è un’organizzazione politica di stampo
nazional
rivoluzionario, che si rifà alla memoria storica e alla dottrina di
quei
movimenti che presero il potere in Europa a cavallo degli anni
‘30-’40», si
legge in un documento sequestrato. E tra i contatti spuntano cattivi
maestri dell’eversione.
Dal “Pantera” Luigi Aronica, ex Nar a Serafino Di Luia, ex Avanguardia
nazionale.
LOMBARDIA
NERA
In
Lombardia la rinascita nera è meno visibile, ma trova spesso contatti
con le
frange radicali della Lega: un’intesa nel segno dell’odio razziale e
del
tradizionalismo cattolico. Milano è però diventata negli ultimi anni un
crocevia di incontri internazionali estremisti, quattro solo nel 2013,
e
concerti nazirock. Ad aprile alle porte di Varese quattrocento persone
hanno
festeggiato il compleanno di Hitler, celebrando il ventennale di
“Varese
Skinheads”: li ha ospitati l’associazione culturale filoleghista “I
nostar
radis”. Il 21 aprile, eccoli tutti radunati con “Memento” al campo 10
del
Cimitero Maggiore di Milano per onorare i caduti della X Mas: c’era
persino una
corona di fiori della giunta Maroni, posata accanto a un’insegna delle
SS. Il
15 giugno in un capannone di Rogoredo sono arrivati in cinquecento:
teste
rasate di tutta Europa per una kermesse di musica e slogan sulla
superiorità
ariana. A settembre la replica a Cantù con il Festival boreale,
organizzato da
Forza nuova. Qui si sono trovati per tre giorni i principali movimenti
nazionalisti europei. Nella ricca Brianza sono spuntati i “Leoni
crociati”
monzesi: creste punk, tute mimetiche, svastiche e croci celtiche
tatuate.
Appoggiati dai commercianti del centro storico per tenere lontano gli
ambulanti
stranieri, si sono dati da fare per raccogliere fondi a favore dei loro
“camerati” carcerati o agli arresti domiciliari come il forzanovista
Mirko
Viola, esponente di Stormfront, sito neonazista chiuso per
antisemitismo.
Raccolgono firme contro Equitalia e contro i diritti delle coppie gay
in difesa
della famiglia naturale: temi che trovano sponda nella piccola
borghesia
lombarda.
FRONTE DEL
NORD
La centrale
veneta è Verona, la città dei delitti neonazisti della banda “Ludwig”.
Trent’anni dopo, a contendersi lo spazio più a destra sono i
forzanovisti e
Casa Pound. Le due sigle qui si fanno una vera guerra con agguati e
raid. Ma
anche la politica al potere è contagiata: a capo dell’associazione
culturale
Hellas Verona (la squadra di calcio in serie A) c’è Alberto Lomastro,
il leader
dei duri della curva nei primi anni ’90, coordinatore e candidato nelle
liste
della Fiamma Tricolore e poi accolto a braccia aperte nella Lega di
Flavio
Tosi. Un altro amico del sindaco è il presidente della municipalizzata
Amia
Andrea Miglioranzi, un passato nel “Veneto fronte skinhead”e a metà
anni
Novanta tra i primi a finire in cella per istigazione all’odio
razziale. Gli
snodi del network estremistico arrivano fino a Trieste, dove un anno fa
è nata
Alba Dorata made in Italy. La discesa in campo dei cugini filonazisti
del
partito greco è monitorata dai Ros che mettono sotto osservazione il
fondatore
Alessandro Gardossi, ex di Forza Nuova e Lega Nord: «Alba Dorata Italia
intende
accreditarsi, anche in prospettiva elettorale, quale catalizzatore del
disagio
sociale determinato dalla congiuntura economica».
TRA
VIOLENZA E MALA
L’intreccio
di estremismo e malavita si manifesta un po’ ovunque. L’icona è Massimo
Carminati, il “Nero” di “Romanzo Criminale” passato dai Nar al rango di
re
degli affari illeciti di Roma. Ma a Milano ci sono forzanovisti
condannati per
‘ndrangheta, come Giuseppe Amato, scagnozzo del padrino Pepè Flachi e
due volte
candidato nelle liste di Forza Nuova Milano. La palestra della violenza
restano
però soprattutto gli stadi, spesso cercando di indirizzare la forza
verso una
strategia politica. Nel 2007 Roma è scossa da due episodi drammatici.
Il 30
ottobre muore Giovanna Reggiani, aggredita da due immigrati. Due
settimane dopo
un poliziotto uccide il tifoso laziale Gabriele Sandri. Il pretesto
ideale per
mobilitare squadracce di ultras e militanti di Forza nuova con
l’obiettivo di
«fare pulizia» e mettere in difficoltà il governo di centrosinistra di
Romano
Prodi. «Pulizia etnica, solo quella può salvarci», è una delle frasi
captate
dall’antiterrorismo del Ros: «Se no uscimo tutte le sere e famo come
ieri sera…
perché chi ti governa dall’alto inizia a strippare… pensano se questi
hanno
fatto una cosa del genere, fra due anni me se presentano sotto ar
Parlamento e
me danno la caccia».
PICCOLI
NEOFASCISTI CRESCONO
Nelle
scuole di Roma e provincia le sezioni giovanili di Casa Pound-Blocco
Studentesco e i loro rivali in nero di Forza nuova-Lotta studentesca
crescono.
Il Blocco ha ottenuto oltre 40 rappresentanti negli organismi
scolastici. «Un
risultato figlio del sindacalismo studentesco che portiamo avanti da
oltre
sette anni», commenta deciso il giovanissimo camerata Fabio Di Martino,
responsabile romano del movimento: «La lotta al caro libri, il
contributo
volontario obbligatorio e per una maggiore rappresentanza sono istanze
molto
sentite dagli studenti». Nel 2011 per il Blocco, che quest’anno per
protesta
non ha presentato proprie liste, si è candidato Manfredi Alemanno,
figlio
dell’allora sindaco. Ma pure nel Napoletano sono presenti e mirano ad
altre
città del Sud. Lo stesso fa Lotta studentesca, che si vanta:
«Rappresentiamo il
15 per cento degli studenti di Roma e provincia». A Milano la presenza
negli
atenei sta diventando incisiva: alla Statale il prossimo incontro di
Lealtà
Azione è fissato per il 17 gennaio. Sono tutti virgulti di un’onda
nera, che
punta sui giovani delusi da tutti i partiti. E che potrebbero diventare
la
nuova leva del futuro prossimo.
Ha collaborato
Michele Sasso
13
gennaio
2014