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18 maggio


Il 25 maggio bisogna votare per Renzi e per Schulz
Eugenio Scalfari su la Repubblica


Da molte settimane, esattamente da quando all'improvviso mise in crisi il governo Letta con un voto quasi unanime della direzione del Pd di cui era (ed è tuttora) il segretario politico, io ho criticato il governo Renzi e soprattutto lui medesimo che accentra nelle sue mani tutto il potere, con una minoranza di sinistra che di fatto si è messa il silenziatore per disturbarlo il meno possibile.

Le ragioni delle mie critiche sono note. Riguardano la legge sul lavoro, la rottura con le organizzazioni sindacali, la legge elettorale, la riforma (di fatto l'abolizione) del Senato e la rivalutazione di Berlusconi. Quest'ultima era forse inevitabile per mandare avanti il programma di riforme, ma in tutte le cose e specialmente in politica c'è modo e modo di ottenere un risultato senza intestarlo con inutile enfasi ad un uomo che per vent'anni ha sgovernato il Paese e - dopo decine di leggi ad personam - è stato finalmente condannato con sentenza definitiva. Un pregiudicato insomma e non un padre della Patria.

Ma la critica maggiore che ho sempre ripetuto al simpaticissimo Matteo Renzi - che sa vendere i suoi "articoli" mirabilmente - è stata quella che, lungi dal risolvere uno per ogni mese a cominciare da subito, i problemi che affliggono il Paese da trent'anni, non avrebbe potuto fare altro che proseguire il programma già impostato da Monti e poi aggiornato e avviato da Letta con i tempi e i passaggi da lui previsti e addirittura, per la sua parte maggiore, già contenuto nella legge di stabilità scritta da Letta con la preziosa collaborazione dell'allora ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni e approvata in via definitiva dal Parlamento.

In effetti le cose sono andate ed andranno così. Ormai a dirlo non è più soltanto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, ma lo stesso Renzi: "Per vedere i risultati ci vorranno un paio d'anni". Noi lo sapevamo, tutti quelli che si occupano dei problemi attuali lo sapevano e Renzi stesso, che è persona di indubbia intelligenza anche se finora la sua sola e breve esperienza politica è stata quella di sindaco, lo sapeva. Ma voleva quel posto subito e perciò ha detto il contrario della verità e il suo partito gli ha creduto. Poi, adesso, la verità è chiara a tutti.

I lettori mi perdoneranno questa lunga ma indispensabile premessa. Indispensabile perché ora debbo infatti dire agli elettori che rappresentano la parte responsabile del Paese e che mi auguro siano una cospicua maggioranza del corpo elettorale, che debbono a mio avviso votare per il Pd e quindi per Matteo Renzi che ne è il leader. Naturalmente il mestiere che faccio mi impone di dimostrare il perché di questa esortazione ed è quanto ora mi accingo a fare.

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Tra sette giorni da oggi gli europei e quindi anche gli italiani andranno a votare per eleggere i deputati al Parlamento di Strasburgo. La legge con la quale si voterà è proporzionale con una soglia di sbarramento del 4 per cento; chi non la supera resta fuori.

Gli ultimi sondaggi consentiti dalla legge davano Forza Italia in rapida e inarrestabile discesa: rischia un risultato per loro catastrofico.

Grillo è in salita. E molti prevedono che lo scandalo dell'Expo possa farlo ancora crescere: potrebbe avvicinarsi pericolosamente al Pd di Renzi. Le ripercussioni in Europa saranno di una certa gravità ma non catastrofiche. Male che vada i partiti antieuropeisti o euroscettici e contrari all'euro non dovrebbero superare il 30 per cento, anzi le previsioni europee più attendibili li danno più vicini al 20 che al 30.

Si profila come possibile un'alleanza a Strasburgo dei popolari con i socialdemocratici, già più volte avvenuta. Da questo punto di vista dunque non ci dovrebbero essere temibili ribaltoni salvo un punto tutt'altro che trascurabile: questa volta la nomina del presidente della Commissione europea (che è poi l'organo di governo della Ue) spetta al Parlamento e non più al Consiglio dei primi ministri dell'Unione. Si tratta di un passo avanti estremamente importante nella faticosa (e troppo lenta) costruzione dell'Europa federale. Se i popolari prevalessero sia pur di poco sui socialdemocratici, il presidente non sarebbe il socialdemocratico Schulz ma un altro scelto dai popolari che non ne hanno ancora detto il nome. Forse non un tedesco (Schulz invece è tedesco ma non gradito alla Merkel e alla Cdu-Csu) ma un democristiano. È pur vero che a Berlino c'è ora un governo di grandi intese tra democristiani e socialdemocratici, ma il Cancelliere con i poteri del cancellierato è Angela Merkel.

Insomma, l'esito delle elezioni europee e quindi la scelta del nuovo presidente della Commissione Ue, dipende dal voto del 25 maggio. Di tutti i partiti italiani in lizza il solo che ha assicurato di votare Schulz è il Pd di Renzi. Non ci fossero altri motivi (e ci sono e li vedremo tra poco) gli italiani responsabili che vogliono veder progredire l'Unione Europea verso uno Stato federale non hanno altra scelta che votare per il Pd.

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Prima di lasciare il tema europeo ci sono tuttavia altre importanti considerazioni da aggiungere. Ne ha già parlato con dovizia di notizia di argomenti Bernardo Valli nel suo articolo di venerdì scorso. Ne ho parlato anch'io nell'ultimo numero dell'Espresso recensendo un pregevole libro del germanista Angelo Bolaffi dal titolo Cuore tedesco. Ma vale la pena di parlarne ancora sia pur brevemente. 

Che la Germania, dopo la caduta del muro di Berlino e la riunificazione dell'Est con l'Ovest, sia di nuovo diventata la potenza egemone al centro dell'Europa è fuori di ogni dubbio e chiudere gli occhi a questa realtà sarebbe comportarsi peggio di uno struzzo.

Ma è la stessa Germania ad essere piena di incertezze e profondamente divisa al proprio interno sulle iniziative da prendere. Direi che ogni tedesco, ogni famiglia, ogni ceto ed ogni azienda tedeschi sono diversi dentro di loro e lo è altrettanto la stessa Merkel.

La conseguenza (deleteria) è che l'incertezza tedesca si riflette inevitabilmente sulle istituzioni europee. Esse sono e si sentono dominate dalla Germania la quale le guida per interposte persone. I tedeschi occupano nell'Unione una serie di strutture operative ma nei posti di vertice appaiono assai poco. Dominano le strutture ma non le rappresentano verso l'esterno.

Si aggiunga a questa situazione le posizioni della Gran Bretagna, che è fuori dall'euro ed euroscettica, della Polonia anch'essa fuori dall'euro e della Francia che è un caso a parte.

La Francia è l'altra grande potenza europea e la Comunità europea prima e l'Unione poi sono nate perché Francia e Germania decisero 60 anni fa di scrivere la parola fine sui loro contrasti secolari e imboccare la via non della tregua ma della pace. La Francia però, finora, si è trincerata dietro la sua storica ma non più attuale, grandeur e non contempla finora un'Europa veramente federale. Vuole che l'Ue resti una confederazione di Stati sovrani con qualche sobria cessione di sovranità. In questa fase tuttavia sta attraversando una crisi economica non molto dissimile dalla nostra. Se continuerà così avrà bisogno che la Germania allenti le briglie dell'austerity e la Germania, di fronte ad una richiesta proveniente da Parigi, non potrà rifiutarsi.

Non potrebbe neppure rifiutarsi se i movimenti anti-europei e anti-euro diventassero una forte minoranza al Parlamento di Strasburgo e nella stessa Germania.

Infine c'è ed opera con coerente fermezza la Bce guidata da Draghi, la sola istituzione finora che sia realmente sovranazionale rispetto alla confederazione degli Stati europei.

Se in questa situazione così complessa e fragile fosse Schulz a guidare la Commissione di Bruxelles, l'Europa potrebbe compiere un passo avanti decisivo e forse la Germania uscirebbe dalla sua incertezza. Schulz alla guida della Commissione sarebbe il primo tedesco al governo dell'Europa ed è il più dichiaratamente europeista ed interventista, politicamente ed economicamente, dei tedeschi. Questo è dunque il significato del 25 maggio. Tenetelo ben presente quando andremo alle urne.

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Infine c'è il significato di politica interna delle elezioni imminenti. Se il Pd riuscisse ad ottenere almeno 5 punti sopra il movimento grillino, l'affermazione di quest'ultimo sarà stata certamente notevole ma quella del Pd altrettanto. In una situazione di quel genere Renzi avrà interesse a governare fino alla scadenza naturale della legislatura puntando sul rafforzamento del suo governo (che oggi forte non è) e facendo il possibile perché il partito di Alfano faccia breccia nel fronte moderato. Quanto al Pd dovrà essere un perno centrale tra una destra moderata ed europeista e la sinistra di Vendola ma anche, con gli opportuni distinguo, dei Zagrebelsky e dei Rodotà.

Un grande partito democratico deve avere una sua destra e una sua sinistra ed alcune neutralità possibilmente amichevoli di forze sociali che sono anche canali di consenso.

Si porrà anche, ad un certo punto, il problema del Quirinale già preannunciato da Giorgio Napolitano. Ci sono vari possibili e validi candidati anche se sarà difficile che sappiano emulare il Presidente uscente. Personalmente ho un'idea chiara in proposito ma dirla ora significherebbe soltanto bruciarla. C'è ancora tempo ma a quel punto è sperabile che la candidatura quale che sia venga accettata dalle Camere rapidamente. Il Quirinale è la più alta magistratura e personifica lo Stato. Gli italiani amano poco lo Stato ed esso ha fatto complessivamente assai poco per essere amato. Questo sarà il compito del futuro: uno Stato amato, un'Europa federale che sia competitiva sui grandi temi nella società globale. L'Europa è stata la culla dell'Occidente; i diritti dell'uomo e del cittadino sono nati qui e mai come oggi il mondo ha bisogno di conoscerli e di applicarli. 

Buona vita e buona fortuna.


  18 maggio 2014