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1 settembre 2015


flussi

Farli entrare, farli guadagnare
The Economist


Lo Stato Islamico (IS) non nasconde la propria brutalità. Quando brucia vivi degli uomini o li decapita, pubblica i video online. Quando i loro combattenti schiavizzano e violentano ragazze infedeli, dicono che stanno realizzando la volontà di Dio. Per questo motivo, quando i fuggitivi da Siria o Iraq occupati dall'IS affermano di avere paura è molto probabile che dicano la verità.
L'Unione Europea è una delle regioni più ricche e più pacifiche della Terra, e ai suoi cittadini piace pensare di aver definito gli standard della compassione. Tutti i paesi dell'UE accettano il fatto di dover assicurare un “porto sicuro” a coloro che hanno una fondata paura di essere perseguitati.

La recente ondata di richiedenti asilo ha messo alla prova l'impegno dell'Europa verso questi ideali, tanto per usare un eufemismo, . Teppisti neonazisti in Germania hanno incendiato ostelli in cui questi sono ospitati. Un gruppo di persone “anti-immigrazione” costituisce oggi il più popolare partito politico in Svezia. Il primo ministro dell'Ungheria dichiara che gli immigrati clandestini, in particolare dall'Africa, minacciano la sopravvivenza della nazione.

Circa 270.000 richiedenti asilo sono arrivati in Europa durante quest'anno. Questi arrivi superano quelli del 2014, ma si tratta ancora soltanto di uno ogni 1.900 cittadini europei (e molti di loro saranno espulsi).
Zone molto più povere dell'Europa hanno visto flussi migratori molto più consistenti. Il piccolo Libano ha accolto 1,1 milioni di siriani, circa un quarto della popolazione locale. La Turchia ne ha accolti 1,7 milioni. La Tanzania, un paese dove il reddito medio è un quinto di quello europeo, ha ospitato, per decine di anni, centinaia di migliaia di rifugiati provenienti dal Congo e dal Burundi, con poche lamentele. Al contrario, quando i paesi dove i rifugiati arabi e africani arrivano prima (quali Italia e Grecia) hanno chiesto aiuto per occuparsi di queste persone, gli altri stati dell'UE hanno a malincuore accettato di ospitarne una parte: solo 32.256 nell'arco di due anni.

Fare bene facendo il bene

L'Europa può e dovrebbe fare di più. E non soltanto per ragioni morali, ma anche per ragioni “egoistiche”. La forza lavoro europea sta invecchiando e presto inizierà a ridursi. I governi hanno collezionato enormi debiti che prevedono di “scaricare” sulle generazioni future. Ciò sarà tanto più difficile quanto meno numerose saranno le generazioni future. Gli immigrati, compresi i richiedenti asilo, sono tipicamente giovani e hanno voglia di lavorare. Perciò possono facilitare la soluzione del problema: prendersi cura la cura degli anziani e farsi carico di una quota di debiti (nonostante non abbiano avuto alcun ruolo nella creazione di tali debiti).
Gli africani e gli arabi sono giovani. L'Europa potrebbe “prendere in prestito” parte della loro vitalità, ma solo se i governi saranno in grado di gestire meglio tutti i tipi di migrazione, cosa politicamente difficile e che richiederebbe anche riforme dei mercati del lavoro

Lo screening dei richiedenti asilo dovrebbe però essere rigido: la Siria oggi è un inferno; l'Albania non lo è. Ma dovrebbe anche essere veloce e generoso. Le persone che attraversano deserti e mari tempestosi per arrivare in Europa probabilmente non si trasformeranno in fannulloni al loro arrivo. Al contrario, dagli studi emerge che gli immigrati di tutto il mondo hanno più probabilità di avviare imprese rispetto ai nativi, che hanno meno probabilità di commettere reati gravi, e che contribuiscono al bilancio pubblico. Il timore che portino via il lavoro o trascinino verso il basso i salari locali, è fuori luogo. Poiché gli immigrati portano competenze complementari, idee e collegamenti, in genere tendono ad aumentare i salari dei “nativi” (anche se ci può essere una leggera riduzione di quelli di lavoratori “nativi” non qualificati). E i migranti stessi possono avere benefici enormi. Spostandosi in Europa, con le sue leggi prevedibili e le aziende efficienti, possono diventare molto più produttivi, e di conseguenza aumentare il proprio reddito.

Gli scettici potrebbero ribattere che l'impatto culturale della migrazione è profondamente destabilizzante, e che l'Europa non è né disposta né in grado di assorbire grandi flussi di migranti. Gli europei “indietreggiano” quando vedono folle di immigrati senza lavoro e non integrati, come in alcune zone di Parigi o di Malmo. E temono il terrorismo islamico, soprattutto dopo il massacro di Charlie Hebdo e il disarmo, nei giorni scorsi, del marocchino armato.

Non tutti coloro che esprimono tali timori sono reazionari. Ed è chiaro che il monitoraggio di gruppi jihadisti deve essere intensificato. Ma la risposta alla domanda più ampia - come può l'Europa assorbire meglio i migranti - può essere riassunte in due parole: farli lavorare. Questa formula funziona a Londra, New York e Vancouver. Il lavoro tiene i giovani lontani dai guai. Nel posto di lavoro, i migranti devono andare d'accordo con la gente del posto e imparare le loro abitudini, e viceversa. È per questo che le politiche che lasciano inattivi i nuovi arrivati sono distruttive: dalle restrizioni della Gran Bretagna verso richiedenti asilo che hanno un lavoro, alle rigide leggi sul lavoro della Svezia, che rendono antieconomico assumere lavoratori non qualificati. Un'Europa più aperta, con i mercati del lavoro più flessibili, potrebbe trasformare la crisi dei rifugiati in un'opportunità, proprio come ha fatto l'America con le varie ondate di profughi nel 20° secolo, tra cui molti provenienti dall'Europa. Farli entrare, e farli guadagnare.


  1 settembre 2015