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18-19 ottobre 2016


Muro del pianto e Piazzale delle Moschee
in basso il Muro del Pianto, sopra la Spianata delle Moschee

Unesco approva risoluzione Gerusalemme est: ira di Israele
Adottato il controverso testo che aveva suscitato le proteste di Netanyahu. A indignare Israele la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa, ignorando il termine ebraico Monte del Tempio. Secondo il premier israeliano, "è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l'Egitto con le piramidi". Minacce di morte a Irina Bokova, direttrice generale Unesco, contraria al documento. Ucei: "Gravissima l'astensione dell'Italia"
su la Repubblica

La protesta di Israele. Il testo della risoluzione era stato duramente criticato dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu e aveva portato  all'interruzione della cooperazione dello Stato ebraico con l'agenzia Onu. La risoluzione parla di 'Palestina occupata' e critica la gestione israeliana dei luoghi santi nella Città Vecchia di Gerusalemme. A far infuriare gli israeliani, però, è stata in particolare la decisione di usare esclusivamente il nome islamico per riferirsi al complesso della moschea di Al-Aqsa, ignorando il termine ebraico Monte del Tempio. La zona, che riunisce anche il Muro del Pianto, parte del muro occidentale del Tempio ebraico distrutto dai romani, il luogo più sacro al mondo per gli ebrei, e la Spianata delle Moschee, il terzo luogo sacro musulmano, è da sempre fonte di grandissime tensioni. Dire che "Israele non ha connessioni con il Monte del Tempio e il Muro del Pianto è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l'Egitto con le piramidi", si era indignato Netanyahu.

Il vice ambasciatore palestinese all'Unesco, Mounir Anastas, ha viceversa sottolineato che la risoluzione "ricorda a Israele che sono una potenza occupante a Gerusalemme Est e chiede di mettere fine alle sue violazioni", compresi gli scavi archeologici intorno ai siti religiosi.

I precedenti. Non è la prima volta che l'Unesco si trova al centro di polemiche: i Paesi arabi hanno più volte promosso risoluzioni per mettere sotto pressione Israele e i suoi alleati. Ad aprile scorso, è stato approvato un testo di condanna delle "aggressioni israeliane e delle misure illegali contro la libertà di culto e l'accesso dei musulmani alla Moschea di Al-Aqsa", non citando il nome ebraico Monte del Tempio. Nel 2011, l'Autorità nazionale palestinese è stata ammessa tra i membri dell'Unesco, atto che ha portato gli Stati Uniti a interrompere i finanziamenti all'agenzia.

Minacce alla direttrice Bokova, che aveva criticato il documento Michael Worbs, alla guida del comitato esecutivo dell'Unesco, ha fatto sapere che avrebbe voluto più tempo per cercare un compromesso mentre la direttrice generale dell'Agenzia, Irina Bokova, aveva da subito preso le distanze dalla risoluzione, sottolineando che "nessun posto più di Gerusalemme è spazio condiviso di patrimonio e tradizioni per ebrei, cristiani e musulmani. La sua eredità è indivisibile e ciascuna delle sue comunita' ha diritto al riconoscimento esplicito della propria storia e al rapporto con la città. Negare, nascondere o eliminare qualsiasi delle tradizioni ebraiche, cristiane o musulmane mina l'integrita' del sito e contrasta con le ragioni che hanno giustificato la sua iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco". Parole che, secondo il Jerusalem Post, le hanno causato "minacce di morte". La sua decisa presa di distanza non ha però cambiato di una virgola il testo finale della risoluzione.

Nomi arabi anche per luoghi della tradizione ebraica Il documento - che usa sempre la terminologia araba per definire luoghi chiamati in modo diverso da musulmani e ebrei - è in sostanza una denuncia delle violazioni degli accordi internazionali compiute - ad avviso dell'organismo dell'Onu - da parte israeliana per quanto riguarda lo Status Quo storico della spianata delle moschee, ancora formalmente sotto giurisdizione giordana.

La risoluzione si sofferma soprattutto su due aspetti: il fatto che gruppi della destra ebraica sempre più spesso si rechino sulla Spianata delle moschee (e non solo al Muro del Pianto), rivendicando il diritto a pregare sul 'Monte del Tempio', che sorgeva in quel luogo prima di essere distrutto dai romani nel 70 dopo Cristo. L'Unesco deplora fermamente - si legge - "le continue irruzioni da parte di estremisti della destra israeliana e dell'esercito nella moschea di Al Aqsa e nell' Haram al Sharif, e chiede a Israele, potenza occupante, di adottare  misure per prevenire provocazioni che violano la santità e l'integrità" della Spianata dello moschee. Secondo punto, il documento denuncia gli scavi fatti e le infrastrutture costruite unilateralmente dalle autorità israeliane nel complesso che riguarda anche la spianata delle Moschee, e agita "il crescendo di aggressioni e di misure illegali contro la libertà di preghiera dei musulmani nei loro luoghi santi".

In sintesi, l'Unesco chiede a Israele di accettare il rispetto pieno dello Status Quo, concordato tra lo Stato ebraico e la Giordania dopo la guerra del '67, che però dovrebbe garantire anche agli ebrei la possibilità di visitare la Spianata, ma non di pregare, riservando questo diritto ai soli musulmani. Secondo lo Status Quo, l'esclusiva autorità sulla Moschea di Al Aqsa e sulla spianata dell'Haram al Sharif spetta al dipartimento per gli affari religiosi giordano, il Waqf.  Lo Status quo - bisogna ricordare - venne di fatto messo in discussione dalla famosa passeggiata, nel settembre del 2000, di Ariel Sharon sulla spianata, che anticipava chi oggi rivendica il diritto degli ebrei a salire a pregare sul Monte del Tempio (come gli israeliani chiamano l'Haram al Sharif). Il documento dell'Unesco definisce Israele "la potenza occupante" su Gerusalemme est. Un termine corretto da un punto di vista del diritto internazionale e delle risoluzioni Onu post 1967, ma che certo è indigeribile per le autorità israeliane, come anche l'intero tono accusatorio del documento.

Presidente Ucei: "Gravissima l'astensione dell'Italia": "E' gravissimo che questo accada senza l'opposizione dell'Italia, la cui politica estera non può certo essere dettata dal caso, dalla superficialità o, peggio ancora, dall'opportunismo. Non ci meravigliamo allora se il domani porta con sé atti e fatti di odio e sangue". Così la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. "Tremila anni di storia, ebraica ma anche cristiana, cancellati con una decisione di chiaro stampo revisionistico e negazionistico. Questa risoluzione, che tratta in modo fuorviante anche l'identità di alcuni siti di Hevron e Betlemme, è un insulto all'intelligenza, alla decenza, alle battaglie che tante persone di buona volontà combattono ogni giorno per contrastare i professionisti dell'odio e della menzogna. Dando credito a questi malfattori e favorendo una vergognosa manipolazione politica che già vediamo in atto, l'Unesco si pone fuori dalla storia e scrive, con pesanti responsabilità dell'Italia e gli altri Paesi astenuti e favorevoli, una delle pagine più gravi e al tempo stesso grottesche della storia dell'Onu".


Unesco: Israele rispetti status quo sulla Spianata delle Moschee
L'Agenzia dell'Onu ha approvato in via definitiva la risoluzione contestata dal governo Netanyahu che denuncia la negazione dei diritti degli ebrei sul luogo santo
Michele Giorgio su Il Manifesto


Gerusalemme, 19 ottobre 2016, Nena News – Via libera definitivo dei 58 Paesi membri del Consiglio esecutivo dell'Unesco, riuniti ieri a Parigi, alla risoluzione su Gerusalemme Est e lo status della Spianata delle Moschee presentata dai palestinesi e da alcuni Paesi arabi (Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan) e fortemente osteggiata da Israele che ha sospeso le relazioni con l'agenzia dell'Onu per l'istruzione, la cultura e la tutela del patrimonio storico-archeologico nel mondo.
Rispetto al voto della scorsa settimana sul testo preliminare – 24 paesi si dissero favorevoli e 6 contrari (Usa, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Estonia, Olanda. L'Italia si era astenuta) – ieri il Messico ha cambiato idea e si è unito al gruppo degli astenuti. Questa decisione però non ha avuto alcun impatto sulla adozione definitiva della risoluzione.
Forti le reazioni di Israele che, come la scorsa settimana, accusa l'Unesco di non riconoscere i legami tra gli ebrei e il Monte del Tempio che secondo la tradizione ebraica corrisponde al sito della Spianata delle Moschee (Haram al Sharif in arabo). Lo Stato ebraico ribadisce che il testo della risoluzione usa sempre la terminologia araba per definire luoghi che vengono chiamati in modo diverso da musulmani ed ebrei e non affronta la questione se il Muro del Pianto sia un luogo sacro per gli ebrei oppure no. Il premier Netanyahu nei giorni scorsi aveva definito «assurda» la posizione dell'Unesco che, spiegava, equivale a dire che «la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l'Egitto con le Piramidi».
Il paragone non regge ma le proteste di Israele stanno raccogliendo larghi consensi in giro per il mondo, anche tra i parlamentari ed esponenti politici italiani. E questo spingerà il governo Netanyahu ad intensificare le accuse contro la decisione presa dall'Unesco che, ad una lettura più attenta, ha finalità politiche e non religiose. In sintesi non mira ad affermare i diritti dei musulmani e a negare, come afferma Israele, quelli degli ebrei. Piuttosto vuole condannare le violazioni avvenute sulla Spianata delle Moschee e richiamare lo Stato ebraico al rispetto assoluto dello status quo del luogo santo che formalmente è ancora sotto giurisdizione giordana.
La risoluzione si sofferma su due aspetti. Il primo riguarda il fatto che attivisti della destra ebraica – che Israele descrive come “turisti” – sempre più spesso vanno alla Spianata delle mosche rivendicando il diritto a pregare al sito del Tempio che sorgeva in quel luogo prima di essere distrutto dai romani nel 70 dopo Cristo.
L'Unesco perciò condanna queste presunte visite di preghiera che, peraltro, fanno salire la tensione tra ebrei e musulmani, e chiede a Israele, potenza occupante, di adottare misure per prevenire provocazioni che violano l'integrità delle moschee. Il secondo punto riguarda la denuncia degli scavi fatti e le infrastrutture costruite unilateralmente dalle autorità israeliane nell'area che riguarda anche la Spianata delle Moschee nonchè «il crescendo di aggressioni e di misure illegali contro la libertà di preghiera dei musulmani nei loro luoghi santi».
L'Unesco in sintesi invoca il rispetto dello status quo concordato tra Israele e la Giordania dopo la guerra del '67 e l'occupazione di Gerusalemme Est che, comunque, garantisce agli ebrei la possibilità di visitare il luogo santo ma non di pregarvi e riserva questo diritto ai musulmani. Status quo che nel settembre 2000, occorre ricordare, fu messo in discussione dalla famosa “passeggiata” dell'ex premier israeliano Ariel Sharon sulla Spianata che con 16 anni di anticipo rivendicava il diritto degli ebrei a pregare sul Monte del Tempio. Un gesto che innescò la seconda Intifada palestinese. Infine il documento approvato ieri dall'Unesco ribadisce che Israele è la potenza occupante a Gerusalemme est. Il testo perciò è in linea con il diritto internazionale e le risoluzioni dell'Onu 242 e 338 votate dopo la Guerra dei Sei Giorni.
Al di là delle polemiche sorte intorno al tono della risoluzione denunciato con forza da Israele, il governo Netanyahu prova ad erodere, poco alla volta, lo status quo del luogo santo, facendo leva sui sentimenti religiosi dei cittadini ebrei e sulla solidarietà che riceve dai Paesi occidentali. L'obiettivo sembra essere quello di ottenere in futuro il controllo, anche solo parziale, della Spianata nel quadro di un accordo internazionale che dovrebbe prendere il posto di quello bilaterale con la Giordania.
È difficile che Amman accetti questa possibilità, visto che la monarchia hashemita si considera custode di Haram al Sharif. Più di tutto questo progetto è pericoloso in una città dove gli equilibri religiosi sono sempre molto delicati e le “visite” degli attivisti della destra israeliana sulla Spianata delle Moschee rischiano di innescare un incendio disastroso.


  19 ottobre 2016