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sulla stampa
11 maggio 2017

Trump e l'ombra dei veleni di Nixon.
"Quel licenziamento forse nasconde qualcosa"
Si ripete la vicenda del 1973, quando il presidente cacciò il procuratore che indagava sul Watergate. Un episodio della storia americana ricordato come la "Notte del massacro del sabato sera".
Vittorio Zucconi su la Repubblica

Il presidente Donald Trump con l'ex direttore dell'Fbi durante un incontro alla Casa Bianca 


WASHINGTON - È quell'odore acre di paura, quel sentore di "noi contro il resto del mondo" sprigionato oggi dalla Casa Bianca di Trump che riporta l'America ai giorni cupi di Nixon e del Watergate. Alle sei della sera di martedì, quando la guardia del corpo del presidente ha consegnato di persona la lettera di licenziamento del direttore Jim Comey alla reception dell'Fbi come un Pony express, i campanelli d'allarme della memoria hanno cominciato a suonare e gli altoparlanti dei televisori a gridare il nome che a quasi 45 anni dopo ancora rimbomba nella memoria storica della nazione, fra terrore e speranza: "Impeachment".

Tanti sono gli anni che dividono la presidenza Trump dai giorni dell'autunno 1973 quando un Richard Nixon ormai lambito sempre più da vicino dalle inchieste sullo scasso del quartier generale Democratico nel palazzo del Watergate e sui tentativi di insabbiare le inchieste, cercò di fermare tutto licenziando l'Inquisitore Speciale e portando a dimissioni in massa al ministero della Giustizia. Fu la "Notte del Massacro del Sabato Sera" e se il licenziamento del direttore dello Fbi non raggiunge il livello della "strage" nixoniana, c'è un parallelo che anche un senatore repubblicano, Richard Burr, ha subito individuato. La cacciata del direttore di quella superpolizia federale che sta conducendo le indagini segrete sui possibili rapporti illeciti fra Mosca e il Team Trump "crea l'impressione che abbiano qualche cosa da nascondere". Non si capisce perché questa cacciata proprio ora e perché con il ridicolo pretesto di avere condotto male le indagini su Hillary Clinton, quelle indagini che tanto aiutarono Trump a vincere.

Vivemmo allora, noi imbarcati nella nave delle battaglie politiche a Washington, ore e giorni febbrili, tra sospetti, accuse, interventi del governo e dei suoi "plumbers", degli stagnini voluti da Nixon per bloccare quelle fughe di notizie che lo stavano distruggendo e che venivano - lo riveleranno anni dopo i cronisti del Washington Post - da quello stesso Fbi che oggi Trump ha decapitato. Ma l'America del 2017 è molto diversa dall'America del 1973. La convalescenza dai terribili anni Sessanta, dagli omicidi politici, dalla lunga, sanguinosa malattia della guerra in Vietnam finita con la resa americana non era neppure cominciata e la voglia di un capro espiatorio per purificare la nazione dalle proprie colpe era acuta. Nixon, ben oltre gli errori, i crimini, la paranoia che lo portarono alle dimissioni per evitare la destituzione ormai certa nel 1974, era il perfetto simbolo politico da sacrificare.

Ma il sentimento di inevitabilità, che impregnava Washington in quel biennio '73 e '74, che ogni giorno segnava con nuove rivelazioni e nuovi tentativi di bloccarle l'agonia di un presidente, oggi manca. Il Congresso è saldamente nelle mani di un partito Repubblicano che privatamente aborre Donald Trump, ma pubblicamente non osa tradirlo, non avendo alternativa. I Democratici, che si agitano per creare una nuova figura di Inquisitore Speciale sul "Russiagate" non hanno i numeri, in Parlamento, per spingere il governo a nominarlo, né per formare una Commissione d'inchiesta con poteri giudiziari.

  11 maggio 2017