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17 settembre 2017

Il Papa: «Sul problema migranti la prudenza è giusta.
Riceverli non basta, è necessario integrarli»
Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera


Papa Francesco

Da Bogotà a Cartagena, Francesco è in movimento da più dodici ore quando raggiunge i giornalisti in fondo all'aereo, poco dopo il decollo verso Roma, sul volto ancora i segni dell'incidente del mattino in papamobile. Il livido sotto l'occhio sinistro è diventato viola ma lui scherza e sorride, «mi sono sporto per salutare i bambini e non ho visto il vetro, pum!». Si dice «commosso» dal popolo colombiano, in particolare i genitori che sollevavano i loro bimbi perché il Papa li benedicesse: «Era come se dicessero: questo è il mio tesoro, la mia speranza, il mio futuro. Mi ha colpito la tenerezza, gli occhi di quei papà e di quelle mamme, è stato bellissimo: un popolo che è capace di fare bambini e li mostra come dicendo “questo è il mio tesoro”, è un popolo che ha speranza e ha futuro». Il pontefice parla per quaranta minuti, prima che la turbolenza sul Mar dei Caraibi consigli di sedersi. L'immigrazione e l'elogio all'Italia e governo italiano che «sta facendo di tutto» per lavorare in campo umanitario anche su un problema, i centri in Libia, di cui non è responsabile. I cambiamenti climatici e la «stupidità» dell'uomo. La speranza che Trump «ripensi» il provvedimento contro i giovani «dreamers» stranieri che rischiano l'espulsione. La Corea del Nord e il Venezuela. Come sempre, risponde ad ogni domanda.

Santità, di recente la Chiesa ha espresso comprensione verso la nuova politica del governo di ridurre le partenze dalla Libia e quindi gli sbarchi. Si è scritto di un suo incontro con il presidente Gentiloni, c'è stato? E cosa pensa di questa politica, considerato che i migranti bloccati in Libia vivono in condizioni disumane?
«L'incontro con il primo ministro Gentiloni è stato personale e non su questo argomento. Il problema è venuto fuori alcune settimane dopo, l'incontro era prima. Io sento un dovere di gratitudine per l'Italia e la Grecia, perché hanno aperto il cuore ai migranti. Ma non basta aprire il cuore. Il problema dei migranti è prima di tutto avere il cuore aperto, sempre, è un comandamento di Dio, accogliere, perché anche tu sei stato schiavo in Egitto... Ma un governo deve gestire questo problema con la virtù propria del governante: la prudenza. Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo riceverli, ma integrarli. In Italia ho visto esempi di integrazione bellissima: quando sono andato all'università Roma Tre, ho riconosciuto una delle ragazze che mi ha salutato: meno di un anno prima era venuta con me in aereo da Lesbo, studiava biologia nella sua patria, ha imparato la lingua e ha continuato. Questo si chiama integrare. Di ritorno dalla Svezia ho parlato della politica di integrazione del Paese come un modello, ma anche la Svezia ha detto, con prudenza: il numero è questo, di più non posso, perché c'è il pericolo della non integrazione. Terzo, c'è un problema umanitario. L'umanità prende coscienza di questi lager, le condizioni in cui vivono nel deserto? Ho visto delle foto, gli sfruttatori... Ho impressione che il governo italiano stia facendo di tutto per lavori umanitari e per risolvere anche un problema che non può assumere. Cuore sempre aperto, prudenza, integrazione, vicinanza umanitaria. Nell'inconscio collettivo nostro c'è un principio: l'Africa va sfruttata. Oggi a Cartagena abbiamo visto un esempio di quello sfruttamento. E un capo di governo ha detto su questo una bella verità: quelli che fuggono dalla guerra è un altro problema, ma tanti fuggono dalla fame, facciamo un investimento là perché crescano. Ma nell'inconscio collettivo c'è che ogni volta che tanti Paesi sviluppati vanno in Africa, è per sfruttare. Dobbiamo capovolgere questo. L'Africa è amica e va aiutata a crescere».


  17 settembre 2017