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A New York, capitale del coronavirus,
si scavano nuove fosse comuni
Hart Island, isoletta a largo del Bronx, ospita un milione di morti troppo poveri per un funerale o privi di cari che li reclamino. Oggi vede il viavai dei detenuti, che scavano nuove sepolture collettive.
Irene Soave sul Corriere della Sera - AP Photo/John Mincillo



Nella classifica dei luoghi più tristi della terra avrebbe diritto a un posto Hart Island, isoletta di 1,6 km per 500 metri al largo del Bronx che ospita le fosse comuni di New York, dove è sepolto chi non ha amici né famigliari che ne reclamino le spoglie, o chi non può permettersi un funerale. Chi, insomma, non viene preso in carico da nessuna impresa funebre. Oggi Hart Island accoglie un numero senza precedenti di cadaveri, in bare chiare tutte uguali: sono i morti di Coronavirus e arrivano a 25 al giorno. E decine di detenuti della vicina prigione di Rikers Island sono stati assunti a contratto per scavare nuove fosse, per nuove grandi sepolture comuni.

Il ritmo «normale», a Hart Island, sarebbe di una ventina di bare alla settimana; ma oggi New York è la capitale mondiale del Covid, con più contagi che in qualunque altro Paese al mondo (ne conta 159 mila confermati, circa 15 mila più dell'Italia) e l'amministrazione cittadina ha disposto che i morti non reclamati, dagli obitori, vengano portati a Hart Island più in fretta del normale. Sull'isola, dal 1980, sono stati sepolti circa 70 mila cadaveri; ma il suo uso come cimitero — e prima anche come rifugio per i senzatetto, fino agli anni Settanta, e prima ancora come penitenziario — è molto più datato, e si calcola che le viscere dell'isola ospitino già più di un milione di cadaveri. Finire a Hart Island, per un newyorkese, è forse il più triste degli epiloghi: significa solitudine estrema, o povertà estrema, o tutte e due. Ma oggi la città non sa più dove mettere i suoi morti: le sepolture sono quadruplicate nelle ultime due settimane, e gli obitori straripano.

Del resto Hart Island ha già visto una pestilenza: nel 1983, nel pieno del panico da Aids, l'associazione di categoria delle imprese funebri di New York chiese ai suoi membri di non trattare i cadaveri di chi era morto di questa nuova spaventosa malattia. Fino al 1986, moltissimi morti di Aids vennero quindi sepolti a Hart Island, in una parte separata dell'isola e a una profondità maggiore. Tra loro c'erano anche dei bambini. Le loro storie, e quelle di tutti coloro che sono stati sepolti a Hart Island dal 1980, sono raccolte con pazienza da una fondazione: censiscono un morto dopo l'altro, e chi si ricordasse troppo tardi di qualcuno sepolto qui può scrivere loro la sua storia, per «sottrarli alla morsa dell'anonimato», scrivono sul sito i fondatori. Anche loro, nei giorni del Covid-19, hanno molto lavoro extra.




  10 aprile 2020