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DOSSIER SILVIA ROMANO

Silvia

Cara Silvia
Barbara Schiavulli su Radio Bullets (11.05.2020)

Cara Silvia,
ti scrivo solo per dirti che sono contenta che tu sia libera. Non mi interessa quale sia la tua religione, quali abiti indossi o quel sorriso che hai sfoggiato mentre molti avrebbero voluto vederti rattrappita in te stessa dopo un anno e mezzo di prigionia. Mi importa solo che una giovane donna possa riprendere a scegliere, che possa continuare a scrivere la sua storia, che possa essere felice e triste nei modi e nei tempi che riterrà opportuno.
Sono contenta per la tua famiglia che riprenderà a respirare come non faceva da mesi anche se lo si fa dietro una mascherina. Molti ti stanno giudicando e lo faranno nei prossimi mesi, tutti si chiedono con morbosità quello che ti è successo, mentre vorrei dirti solo quello che è accaduto in un pianeta dove tu sei stata sospesa. Forse non sapevi del coronavirus che ha cambiato il mondo, forse non hai riconosciuto le facce dei politici che ti hanno accolta, perché non c'erano prima della tua sparizione o erano abbastanza irrilevanti. Ci sono delle persone, perfetti sconosciuti, che non ti hanno mai dimenticata, che ti hanno pensata, citata e ricordata. Qualcuno perfino ogni giorno. Tante anche se sono più silenziose e discrete.
 
Le persone che sono pronte a proteggerti e a fare scudo, anche se forse non ne hai bisogno, sono più di quelle che sbraitano, giudicano e sentenziano. Quelle che stanno davanti al computer perché non hanno molto da fare e probabilmente danno sfogo alla loro bruttezza, lanciando invettive come se fossero sputacchi infetti.
Mentre alla maggior parte è bastato vederti abbracciare tua madre e tuo padre per aver avuto un momento di gioia condivisa e nazionale. Forse sei stata la notizia migliore di questo 2020 che, tu non lo sai, non è stato un granché, ci sono stati tanti morti nel mondo. Chi si è commosso nel vederti arrivare, chi ha alzato le mani al cielo, chi ha sorriso ed esultato, sono i cittadini di un paese unito, sano, comprensivo.
Gioire per un singolo attimo senza pensare a niente altro. Perché il presente è stato di tutti in quel momento in cui ti lanciavi nelle braccia di tua madre, ma il passato e il futuro che ti aspetta è solo tuo. Sola con il tuo corpo, i tuoi pensieri, in un'intermittente altalena di quello che hai passato e delle emozioni che ti aspettano. Che sono tue. Solo tue. E non ci riguardano. Nessuno di noi. A noi basta che tu sia sana e salva. E quanto ti ci vorrà a riprenderti dipende da te e dalla tua voglia di ricominciare. L'unica cosa che importa è che tu sia libera di rimetterti in gioco, di sbagliare, fare, disfare, come fanno tutti. Non so se questa esperienza ti renderà una persona migliore o peggiore, ma farà parte della donna che sarai e il solo poterlo dire, pensando che sei a casa tua tra le persone che ti hanno aspettato senza mai smettere di crederci, mi sembra fantastico.

E ti ripeto se hai trovato Dio, qualsiasi sia la sua sfaccettatura, non ci riguarda, se hai mentito, pianto, supplicato, se ti sei umiliata o sei stata coraggiosa non ci riguarda neanche. Sei una persona che doveva essere salvata, questo era il ruolo del nostro paese, quello che tu avrai nel mondo sono fatti tuoi.
Purtroppo molti questo non lo capiranno, ogni persona esposta diventa un'icona che deve essere come ognuno pensa sia giusto sia. Molti proietteranno in te frustrazioni e desideri: non andrà bene se sorriderai, non andrà bene se piangerai, non andrà bene se ringrazierai, non andrà bene se non ringrazierai. Fregatene. È il migliore consiglio che ti si possa dare, sempre che io ne possa dare, fatti scivolare di dosso tutte le schifezze che ti proveranno a lanciare addosso, scuoti il tuo bel velo verde dalle ipocrisie che proveranno a bussarti a casa, hai passato di peggio.
Forse non crederai al fatto che ci sono delle brutte persone che cercheranno di farti ancora violenza psicologica, quasi non bastasse un anno e mezzo di prigionia. Qui c'è gente che si lamenta per essere stata due mesi sul divano e ora pontifica sulla storia, che non conosce, di qualcuno che è stata tenuta prigioniera in paese straniero in guerra da decenni.
Qualcuno ha già detto che, se ti fossi convertita, andresti arrestata o che te lo sei meritata perché se tanto volevi fare del bene, potevi farlo ai poveri di qui. Scaccia questi produttori di fesserie perché meriti di stare tranquilla, di sentirti al sicuro, di riposare e pensare. Chi se ne frega se sei musulmana, cristiana o atea, sii quello che ti fa stare bene. Qui puoi essere chi vuoi, credere in quello che vuoi e amare chi vuoi. Chi inveisce contro i musulmani, non li conosce. I cattivi non hanno religione, colore nazionalità o sesso.

Te lo dice una persona che ha trascorso ormai la maggior parte della sua vita in zone di guerra e che è stata attaccata spesso perché, da indipendente, è andata in giro anche quando il governo diceva di non farlo. Ma bisogna passarci o esserci per capire l'inondazione di un'anima che non sa stare a guardare, per te era aiutare i bambini, per me era raccontare storie di chi non aveva voce e che ti spinge a partire, a fare, a volte a rischiare, sapendo che fa parte del pacchetto. Il mondo non sarebbe stato costruito se le persone fossero state tutte prudenti.

E non si viene salvati perché ce lo si aspetta, ma perché questo deve fare un paese civile, se vuole essere considerato un paese civile. Non ti curare di tutti quelli che ti attaccano, pensa alle tue ferite, al percorso che dovrai ricostruire, alle prossime scelte che ora sei libera di fare. Sei abbastanza giovane da essere forte, hai provato abbastanza dolore da essere saggia. Ma anche no. Non devi niente a nessuno se non a te stessa. Dovrai affrontare la paura, risalire a cavallo. Alcuni anni fa, dopo un evento abbastanza forte della mia vita, mi sono imbattuta in una frase che poi mi sono tatuata su un braccio, la frase in arabo di un mistico iraniano del XIII secolo: “Una ferita è il luogo dove la luce entra in te”. Ed è questo il mio unico augurio, quello di riuscire ad elaborare il dolore, la paura e le scelte che hai dovuto subire in qualcosa di buono, di usarle per continuare a fare quello che avevi scelto di essere.
Buona fortuna, Silvia e bentornata.
E ora spero che tu non sia mai più una notizia, a meno che sia buona.


Silvia Romano, l'Italia paga l'incoscienza delle Ong
Massimo Donelli su quotidiano.net (12.05.2020)

Siamo tutti felici che Silvia Romano, 25 anni, milanese, sia tornata a casa dopo 536 giorni di prigionia tra Kenya e Somalia. Un lieto fine che, tra l'altro, permette di trarre qualche utile insegnamento. Aisha (così si chiama Silvia dopo essersi convertita alla religione islamica) non è, infatti, la prima volontaria di una Organizzazione non governativa (Ong) che viene sequestrata. 
Ricordate Simona Torretta, romana, e Simona Pari, riminese, entrambe 29 anni, rapite il 28 agosto 2004 a Bagdad e liberate dopo un mese? Prigionia più breve, ma stessa storia.
Ovvero ragazze che, senza formazione e senza protezione, vengono inviate in territori ad alto rischio per attività non proprio imprescindibili: intrattenere bambini e bambine (una sorta di oratorio estivo).

Nobiltà d'animo e massimo rispetto, per carità. Ma, va detto, anche incoscienza da parte delle fanciulle e sottovalutazione del rischio da parte delle Ong. Con conseguenze, letteralmente, disastrose. Simili avventure, infatti, si traducono, prima di tutto, in danno ai contribuenti: "Per liberare un ostaggio italiano a certe latitudini o si paga o si spara", ha scritto Fausto Biloslavo, che da trent'anni fa il corrispondente di guerra. L'Italia non spara. Paga. Stavolta, almeno quattro milioni di euro. Finiti ad Al Shabaab, succursale somala di Al Qaeda che tratta donne e bambini come carne da macello; e, ora, con quel gruzzolo ne combinerà di ogni.
Non basta. Al danno erariale si aggiunge quello politico-militare, giacché, volendo fare del bene, le tre fanciulle e le loro Ong hanno finito per finanziare, alla grande, il terrorismo. Tanto da spingere Gianfranco Cattai, dal 1972 presidente di Focsiv, sigla cui aderiscono 87 associazioni di volontariato, a dire: "Nessuno dei nostri avrebbe fatto partire una ragazza da sola". Cattai ha gestito 27mila cooperanti in 48 anni. Le sue parole pesano come macigni sulla coscienza di chi ha agito con tanta leggerezza. E vorremmo che fossero uno spartiacque tra il prima e il dopo.
Perché se le Ong smetteranno finalmente di giocare con la vita, scaricando sullo Stato i costi della loro scelleratezza e sfruttando il candore di fanciulle generose… E se anche una sola ragazza sincera e, però, inesperta rinuncerà a partire dopo aver letto queste righe, beh allora il sequestro di Silvia-Aisha e la sua mercificata liberazione daranno un senso a una storia che, per dirla con Vasco Rossi, un senso non ce l'ha.


Sgarbi duro con Silvia Romano: "Si è convertita? Va arrestata"
Il politico e critico d'arte commenta la liberazione della giovane cooperante milanese e la notizia della sua conversione all'Islam: "Va arrestata per concorso esterno in associazione terroristica. O si pente o è complice dei terroristi"
Federico Garau - su il Giornale Lun, 11/05/2020

Il caso di Silvia Romano, la giovane cooperante milanese rapita in Kenya il 20 novembre 2018 e liberata lo scorso venerdì dopo il pagamento di un riscatto da parte dello Stato Italiano, continua a far discutere e sulla vicenda è intervenuto anche Vittorio Sgarbi.
Il noto opinioninista e critico d'arte non ha deluso chi è da sempre abituato alle sue uscite schiette e talvolta fin troppo sferzanti.
Andando completamente controcorrente e prendendo le distanze da chi in questo momento sta festeggiando il ritorno della ragazza, ora convertita all'islam, il politico ha espresso la propria opinione su Facebook."Se mafia e terrorismo sono analoghi, e rappresentano la guerra allo Stato, e se Silvia Romano è radicalmente convertita all'Islam, va arrestata (in Italia è comunque agli arresti domiciliari) per concorso esterno in associazione terroristica", commenta Sgarbi, che aggiunge: "O si pente o è complice dei terroristi".
La questione conversione della Romano, la quale ha dichiarato di avere scelto spontaneamente di abbracciare il nuovo credo, è effettivamente motivo di discussione. Il tema, che verrà certamente trattato in molti salotti televisivi, sarà anche oggetto di indagini più serie. Proprio questa mattina, infatti, il Codacons ha annunciato il suo esposto presentato alla Corte dei Conti perché si faccia chiarezza sul riscatto versato ai rapitori della ragazza. Se Silvia, ora Aisha (nome attribuito ad una delle spose più importanti di Maometto), non avesse davvero subìto violenze durante il suo perido di prigionia, tanto da aver addirittura intrapreso liberamente un percorso di conversione, verrebbero a mancare le condizioni tali da giustificare il pagamento di un riscatto da parte del governo per ottenere la sua liberazione. "Sembrerebbe non sussistere la condizione che il codice penale richiede, ossia reale minaccia di morte imminente. Va accertato poi se la stessa potesse muoversi liberamente nei luoghi dove veniva portata senza che i servizi, pur informati, abbiano mai tentato come fatto altre volte di liberarla. Se inoltre la Romano abbia liberamente scelto di abbracciare la religione dei suoi rapitori convertendosi all'Islam, e se vi fossero i requisiti per il pagamento di un riscatto", dichiara infatti l'associazione.
Il post polemico di Vittorio Sgarbi ha provocato la reazione degli internauti, che hanno risposto al suo commento. "Certo che la situazione lascia sorgere dei legittimi dubbi... È stato pagato un cospicuo riscatto... presumibilmente ai suoi carcerieri... e considerato che tra questi vi era anche l'attuale marito credo che l'intera vicenda vada approfondita bene", replica un utente. "Pensavo che la libertà religiosa fosse prevista dalla Costituzione, devo proprio rimettermi a studiare", dichiara invece un donna. "Dopo un anno e mezzo di prigionia, mi sarei aspettata una persona fragile e sofferente ma tutt'altro.. mi ha fatto piacere vederla bene sia fisicamente che mentalmente ma qualcosa non torna", ammette un'altra utente. "Adesso si capisce perché i 600 euro e i soldi della cigd nn arrivano", ironizza un altro internauta.


Da Giuliana Sgrena a Silvia Romano, il giallo dei riscatti (sempre smentiti)
Adnkronos 12/05/2020

La cifra dei riscatti ufficialmente mai pagati, ma di cui, in un modo o nell'altro, più fonti parlano liberamente, stando a indiscrezioni stampa e non solo avrebbe raggiunto, nel corso degli anni, circa 80 milioni di euro. Tanti soldi per liberare gli ostaggi italiani che, dal 2004 a oggi, sono stati rapiti in Iraq, Siria, Libia, Afghanistan, Somalia e non solo. Somme che non lasciano traccia, che mai sono state (e mai lo saranno) confermate e verificate, ma il cui pagamento si dà per scontato, tanto da avere, in più occasioni, provocato polemiche in casa e la sollevazione di qualche nostro alleato, Stati Uniti per primi, contrari a finanziare i terroristi fosse anche per riportare a casa una vita umana. Più volte si sono tentati calcoli e ipotizzate cifre a sei zeri. Ci provò il settimanale Panorama nel 2012, altre testate fecero altrettanto negli anni a seguire ed ogni qualvolta un cittadino italiano rapito da organizzazioni islamiche tornava a casa dopo mesi o anni di prigionia. E così, ad esempio, il governo italiano avrebbe pagato 4 milioni (stessa cifra rivelata in questi giorni dal Giornale per Silvia Romano) per riportare a casa le "due Simone", Simona Torretta e Simona Pari, le cooperanti sequestrate il 7 settembre 2004 in Iraq e liberate il 29 dello stesso mese. A rivelarlo fu il Sunday Times citando fonti della stessa intelligence italiana.


Silvia Romano, esposto Codacons a Corte dei Conti su presunto riscatto
(Adnkronos on line)
 
Sul caso di Silvia Romano e del presunto riscatto pagato per la sua liberazione interviene oggi il Codacons, presentando un esposto alla Corte dei Conti e costituendosi parte lesa in rappresentanza della collettività nella indagine aperta dalla Procura di Roma. “La vicenda presenta molte, troppe zone d'ombra su cui è necessario fare chiarezza -spiega l'associazione- Ovviamente salvare i nostri connazionali è un obbligo per lo Stato Italiano, e siamo tutti lieti per la liberazione di Silvia Romano, ma il pagamento di un riscatto in favore dei rapitori potrebbe rappresentare un reato non solo penale ma anche contabile”.

Dalle prime dichiarazioni della cooperante “sembrerebbe non sussistere la condizione che il codice penale richiede, ossia reale minaccia di morte imminente. Va accertato poi se la stessa potesse muoversi liberamente nei luoghi dove veniva portata senza che i servizi, pur informati, abbiano mai tentato come fatto altre volte di liberarla, se inoltre la Romano abbia liberamente scelto di abbracciare la religione dei suoi rapitori convertendosi all'Islam, e se vi fossero i requisiti per il pagamento di un riscatto”.

In tal senso il Codacons chiede agli inquirenti “di interrogare tutti gli agenti dei servizi che hanno trattato coi rapitori. In tale contesto, se confermato, il versamento di denaro in favore dei rapitori rappresenta comunque una pesante sconfitta per lo Stato Italiano, e possibili reati sia penali, che contabili, sui quali ora dovrà fare chiarezza la Corte dei Conti, attraverso un esposto che sarà presentato oggi stesso dal Codacons”.


Silvia nelle mani dei jihadisti. Convertita e forzata alle nozze
Secondo fonti di intelligence la 23enne milanese è viva. Ma è stata costretta all'islamizzazione e al matrimonio
Luca Fazzo su il Giornale Lun, 30/09/2019

La buona notizia è che è viva. Quella cattiva è che nei confronti di Silvia Romano, la cooperante italiana sequestrata in Kenia il 20 novembre 2018, gli uomini che la tengono prigioniera stanno attuando una sorta di lavaggio del cervello, una manovra di accerchiamento psicologico che punta a recidere i legami affettivi e culturali con la sua patria d'origine e a farle assimilare - sino a sentirsene parte integrante - l'ambiente dove viene costretta a vivere: l'interno della Somalia, il Paese africano dove più forte è la presenza jihadista e dove intere zone, soprattutto nel Sud, sono sotto il controllo delle fazioni integraliste vicine alla guerriglia.

Silvia è lì, in una di queste zone, probabilmente nella vasta area del Sud e del Sudovest dove la fanno da padrone i mujaeddin di Al Shabab, filiazione diretta di Al Qaida. Vi è stata trasportata alcune settimane dopo il sequestro nel villaggio keniota di Chakama, a 80 chilometri da Nairobi. E nella sua nuova prigione, in Somalia, Silvia ha dovuto affrontare un'esperienza che puntava a cambiarla nel profondo: si è dovuta sposare. Il matrimonio, celebrato ovviamente con rito islamico, l'ha fatta diventare proprietà di un uomo del posto, probabilmente legato all'organizzazione che la tiene in ostaggio. Oggi Silvia (o qualunque sia il nuovo nome che le hanno imposto) è una donna costretta a indossare il velo, a seguire la legge coranica. Vogliono che si senta una di loro.

Operazioni di indottrinamento e di assimilazione alla cultura islamica sono da sempre messe in atto dalle strutture armate jihadiste nei confronti di prigionieri di guerra, con l'obiettivo di convertirli e di farne - dopo la liberazione e il ritorno in patria - una sorta di agenti coperti, di infiltrati. Quale utilità possa avere invece per gli jihadisti somali l'arruolamento forzato di una ragazza milanese di 23 anni, alla sua prima esperienza di volontariato, priva di legami e di conoscenze particolari, è assai difficile capirlo. Ma la notizia del matrimonio di Silvia è data per certa negli ambienti della nostra intelligence, che seguono con grande attenzione l'odissea della Romano.

È un'attenzione scattata fin dai primi giorni dopo il sequestro, quando l'obiettivo era intervenire direttamente in territorio keniota, dove la presenza occidentale è più radicata e le zone di illegalità più ridotte. Ma qualcosa non ha funzionato, i canali individuati dai nostri servizi non hanno funzionato come ci si aspettava, e così è accaduto quello che si temeva, e che fin dall'inizio si cercava di impedire: il passaggio della ragazza in mano a bande di predoni somali, più o meno caratterizzati in senso politico-religioso, e soprattutto il suo trasferimento in un territorio difficilmente monitorabile e penetrabile, una realtà dove le possibilità di una soluzione militare della vicenda, ovvero un raid per liberare Silvia, si riducono al lumicino.

Così l'unica strada rimasta aperta è rimasta quella dell'intelligence, della ricerca di contatti e di trattative con i rapitori, in vista del pagamento di un riscatto che il nostro governo a quasi un anno dal sequestro è ovviamente pronto a pagare, e che allo stato appare l'unica strada concreta per risolvere il caso e riportare la Romano a casa. Che le notizie sul matrimonio imposto alla ragazza siano arrivate sino ai nostri 007 significa che una sorta di canale si è riusciti ad attivarlo, e che ci sono fonti attendibili in grado di raccontare quanto sta accadendo a Silvia. Ma è chiaro che la scelta dei rapitori di fare sposare la ragazza e di imporle così una sorta di conversione all'Islam rende tutto più difficile. Se gli uomini che l'hanno in mano oggi la considerano ormai una di loro (a dispetto delle circostanze non certo libere in cui la Romano ha dovuto subire l'imposizione) potrebbero persino rifiutare una trattativa sul riscatto. A meno che - e proprio questa è la speranza - tutto sia solo un modo per alzare il prezzo.


Silvia Romano, “Costretta a lavaggio del cervello e matrimonio islamico”: la terribile verità sul rapimento della cooperante italiana
Bufale.net Team | Maggio 12, 2020

Lo sappiamo: Silvia Romano è tornata da pochi giorni, e parte la corsa alle “terribili verità”.
Verità che verità non sono: come ci ricorda Il Post, unico giornale nel quale riponiamo la nostra massima stima, in un'operazione di raffinata Intelligence pare che una inedita Task Force composta da Goccediluna07, Napalm51, lo Zi' Peppe e la Sciura Maria ne sappia di più dei Governi di tutto il Mondo.

Fatevi due domande e chiedetevi come sia possibile che informazioni segretissime sulle quali ad oggi vige un braccio di ferro tra le intelligence del mondo siano, e con grande leggerezza, riportate da blog e affini e ripubblicate di pagina Facebook in pagina Facebook da persone pochitto pazzerelle tra un Buongiornissimo ed un rarissimo iPhone che non può essere venduto perché ha preso fuoco la scatola.
Poi, quando vi sarete resi conto dell'insostenibilità di tutto questo, tornate per leggere come non esiste alcun matrimonio islamico di Silvia Romano.

Silvia Romano, “Costretta a lavaggio del cervello e matrimonio islamico”: la terribile verità sul rapimento della cooperante italiana

Ci segnalano i nostri contatti un articolo contenente la terribile verità: in realtà una lunga sequela di indiscrezioni.
Un lungo elenco di se fosse, potrebbe, probabilmente ed altre formulazioni ipotetiche peraltro datate Agosto 2019.
Sei mesi non sono neppure buoni per indovinare la trama di un film, sicuramente per ricostruire un'esistenza.
E infatti quanto sappiamo al riguardo è

Silvia ha raccontato che “è successo a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata” definendo la sua conversione all'Islam che ha definito “spontanea e non forzata. In questi mesi mi è stato messo a disposizione un Corano e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un pò (sic!!!) di arabo. Loro mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura. Il mio processo di riconversione è stato lento in questi mesi. Non c'è stato alcun matrimonio né relazione – ha raccontato ancora – solo rispetto. Mi sono spostata con più di un carceriere in almeno quattro covi, che erano all'interno di appartamenti nei villaggi -ha ricordato Romano- Loro erano armati ed a volto coperto, ma sono sempre stata trattata bene ed ero libera di muovermi all'interno dei covi, che erano comunque sorvegliati.

Leggete per caso di matrimoni e lavaggi del cervello?
A noi non pare proprio.

  12 maggio 2020