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E Joe il pacificatore alza il tiro: il mandante
è alla Casa Bianca
Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera

Joe Biden

Washington.
Nel pomeriggio del 6 gennaio Joe Biden aveva condannato con durezza l'assalto a Capitol Hill. Certamente aveva chiamato in causa le responsabilità di Donald Trump, ma aveva cercato di circoscrivere la violenza: «È opera di una piccola minoranza». Ieri, però, il presidente eletto ha alzato i toni, lasciando da parte le distinzioni. «Quella non è stata una protesta, ma un atto di terrorismo interno, di insurrezione». Con un mandante preciso: «il presidente in carica».
È evidente l'allineamento tra le parole di Biden e quelle della Speaker Nancy Pelosi («è stato un atto di sedizione»). In queste settimane di interregno il futuro leader degli Stati Uniti ha evitato il più possibile scontri diretti con il suo predecessore. Si è proposto, invece, come il federatore, il pacificatore del Paese. E la doppia vittoria democratica nei ballottaggi al Senato aveva dimostrato che il suo calcolo politico era esatto: Trump si farà male da solo.

«La dissacrazione del Congresso», però, ha stravolto tutto. Nel partito democratico crescono la rabbia e l'indignazione. Le prime a esporsi sono state le deputate dell'ala radicale, Alexandria Ocasio-Cortez e Ilhan Omar: Trump se ne deve andare. Posizione rapidamente condivisa anche dai più moderati. A quel punto la strategia attendista di Biden non era più in sintonia con gli umori della base parlamentare e, probabilmente, neanche con l'opinione pubblica, non solo di orientamento democratico. Così il presidente eletto ha deciso di cambiare passo. Ieri è tornato ad attaccare l'intera storia politica di Trump: «Non si può dire che ciò che è successo a Capitol Hill non fosse prevedibile. Lo era eccome. Per quattro anni il presidente ha dimostrato disprezzo per la democrazia, usando il linguaggio degli autocrati, definendo la libera stampa “nemica del popolo”; pensando di essere il padrone dei “suoi” giudici, delle “sue” istituzioni; ordinando di lanciare i gas lacrimogeni contro pacifici manifestanti» eccetera.

Biden non è nella posizione istituzionale per chiedere l'impeachment o la «rimozione immediata» di Trump, applicando il 25° emendamento. Da questo punto di vista c'è stata una specie di divisione del lavoro con Pelosi e Schumer. Con una premessa: il partito democratico deve fare qualcosa, mandare un segnale politico agli elettori e all'intero Paese. Si vedrà nei prossimi giorni quali sono i margini giuridici e politici. Il deputato democratico Tom Malinowski, per esempio, sta pensando a una «mozione di censura» da mettere ai voti nelle due Camere. Il testo potrebbe essere concordato con larghi settori del fronte repubblicano, forse a cominciare proprio con il capogruppo al Senato, Mitch McConnell.

Ma c'è un altro aspetto che Biden non vuole e non può trascurare. Ieri lo ha presentato così: «Mia nipote che studia all'università mi ha mandato un messaggio con la foto del Lincoln Memorial presidiato da militari in assetto anti sommossa. L'immagine risale alle proteste di Black Lives Matter. Mia nipote mi ha chiesto: ma perché Capitol Hill non è stato protetto in questo modo?». In realtà la domanda è posta, furiosamente, dai referenti politici di Biden nella comunità afroamericana. Ed è una polemica che da giorni corre veloce sulla rete. Il neo presidente risponde così: «È vero. È una differenza inaccettabile, lo sappiamo tutti». E poi ha proseguito criticando aspramente la gestione dell'ordine pubblico a Washington. Un fallimento su tutta la linea: «Qualcuno dovrà dare spiegazioni».

Nello stesso tempo, però, è importante dare il senso della svolta ormai imminente. In fondo mancano due settimane al 20 gennaio, il giorno dell'inaugurazione della presidenza. Biden e la vice Kamala Harris hanno quasi completato la squadra di governo. Gina Raimondo dovrebbe andare al Commercio, il sindaco di Boston, Marty Walsh, al lavoro. Biden, intanto, ha presentato il giudice Merrick Garland, 68 anni, come ministro della Giustizia. Nel 2016 Barack Obama lo nominò alla Corte Suprema. Ma i senatori repubblicani, guidati da un intransigente McConnell, si rifiutarono anche solo di prenderlo in considerazione.
Ora, però, Biden non ha bisogno dei voti dell'opposizione. Con i due seggi conquistati in Georgia i democratici controlleranno anche il Senato. Tuttavia «Joe» ha già avviato il dialogo con il «suo vecchio amico Mitch».

  8 gennaio 2021