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Bill Gates: «Io accusato sul web di complotto? Mi sono sorpreso»
Ha creato Microsoft e poi con la moglie Melinda ha deciso che la vita poteva andare in un'altra direzione. Donati in beneficenza 38 miliardi, si batte su molti fronti, dalla malaria al clima. Cui ora dedica un libro: «Al Pianeta serve una cura come i vaccini, rapida»
Matteo Persivale su il 7 del Corriere della Sera

Bill Gate

Bill Gates è famoso per molte cose – la creazione di Microsoft, la ricchezza, l'impegno nella beneficenza con la sua fondazione, l'ammirazione per Leonardo da Vinci che gli fece comprare, nel 1994, quello che è tuttora l'unico Codice leonardesco in mano di un privato, il Codice Leicester – ma non per il senso dello humor. Eppure mentre Gates parla con 7 dal suo studio alla Fondazione Bill & Melinda Gates di Seattle, seduto da solo a un grande tavolo da riunioni, la Highway 99 alle sue spalle in lontananza, c'è un tempo comico perfetto nella risposta, l'esitazione breve e il sorriso rassegnato con cui risponde «I was surprised» alla prima, inevitabile domanda.
«Certo, mi ha sorpreso scoprire che su Internet il Dr Anthony Fauci e io siamo diventati protagonisti di teorie cospiratorie sulla pandemia»

Cosa si prova a donare in beneficenza 38 miliardi di euro, a lasciare la gestione della propria azienda per dedicarsi a progetti di solidarietà con una fondazione che tra le altre cose punta a spazzare via la malaria dalla faccia della Terra, a viaggiare senza sosta tra zone calde del pianeta e complicati convegni scientifici per specialisti e constatare che il risultato è un'ondata clamorosa di teorie cospiratorie e odio globale via social media: «Bill Gates che vuole vaccinarci col 5G», il «controllo della mente», gli «OGM umani» e altri deliri?
«Sono rimasto sorpreso. Internet può essere usato per spiegare cose a un pubblico enorme, per informare e divulgare, però su Internet sembra sempre che le motivazioni per le quali qualcuno fa qualcosa vengano messe sotto accusa. E allora, certo, mi ha sorpreso che il Dr Fauci e io (Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, immunologo e consigliere di Trump prima e adesso di Biden; ndr) siamo diventati protagonisti di teorie cospiratorie sulla pandemia».

È appena uscito il suo nuovo libro, Clima. Come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi, le sfide di domani (edito in Italia da La nave di Teseo, 400 pagine, 22 euro), nel quale spiega come abbiamo poco tempo, entro il 2050 al massimo, per azzerare le emissioni di gas serra. Il problema è che si tratta di 51 miliardi di tonnellate di gas serra. Da 51 miliardi a 0? È tecnicamente possibile?
«Era tecnicamente possibile arrivare in soli dieci mesi a mettere a disposizione del pubblico due vaccini – non uno, due – efficaci contro un virus pandemico? Sì, anche se non so quanti ci avrebbero scommesso. Il problema è che per il clima non c'è un vaccino, non è possibile dire “stanziamo x miliardi e investiamoli nella ricerca di una cura”. Uno studioso che ammiro molto, Vaclav Smil, ripete che ci sono una serie di problemi infrastrutturali che la pandemia ha soltanto evidenziato ma esistevano da decenni. Ma ci sono tante idee valide, tanti progetti entusiasmanti in materia di clima: nei prossimi dieci anni vedremo progressi tanto rapidi da superare anche la velocità con la quale gli scienziati nel 2020 hanno messo a punto i vaccini anti-Covid-19».
«Azzerare le emissioni di gas serra? Non è impossibile. Quanti avrebbero scommesso su un vaccino anti Covid creato in 10 mesi? Nei prossimi 10 anni vedremo progressi più rapidi in materia di clima»


Un libro di Storia che lei ha ottimamente recensito, Splendore e viltà di Erik Larson (edito in Italia da Neri Pozza; ndr), racconta di come Winston Churchill diventato primo ministro britannico cominciò sistematicamente a scavalcare tutti gli ostacoli burocratici che gli si presentavano davanti. È plausibile pensare di usare questa strategia bellica nella lotta al Covid-19?
«Ora che le campagne vaccinali per il Covid-19 sono partite in molti Paesi, è deludente vedere come il meccanismo che serve a prendere un appuntamento online per la propria vaccinazione spesso funziona male, in vari Paesi, con il processo precedente alla vaccinazione che si sviluppa in modo contorto e inefficiente». «Troppe lungaggini burocratiche frenano le vaccinazioni in vari Paesi: adottiamo un QR code come hanno fatto in Israele»
«Ecco: con un semplice codice QR, di quelli che si usano per mille cose diverse ormai, è possibile evitare i rallentamenti burocratici, le vecchie scartoffie per capirci. La vaccinazione in sé è una procedura di due minuti, il processo per arrivare a quei due minuti è troppo lungo e tortuoso. In Israele hanno separato il meccanismo della vaccinazione dal resto: ti mando un codice QR, unico, solo tuo, tu ti presenti, e ti vacciniamo».

Il lavoro della prima parte della sua vita è stato quello di portare un pc in ogni ufficio, in ogni casa. La tecnologia digitale è la soluzione per scongiurare il pericolo di un disastro climatico?
«Magari. Il clima è di una complessità spaventosa. C'è sicuramente chiarezza sul metodo: l'approccio deve essere globale, la transizione da certi modelli produttivi ad altri meno inquinanti può soltanto essere implementata con l'aiuto e la concertazione di queste istituzioni internazionali. Il Recovery Plan per il Covid-19 è un buon esempio: investire sulla sanità, certo, ma anche su modalità di produzione di acciaio e cemento che siano meno impattanti a livello di emissioni. Una tale complessità richiede partnership pubblico-privato.
Occorre investire sulla sanità, certo, ma anche su modalità di produzione di acciaio e cemento che siano meno impattanti a livello di emissioni»
«Certi processi che una volta sembravano astratti alla maggior parte delle persone ora hanno un'urgenza diversa: credo che sia cominciato nel 2008, con la crisi finanziaria: milioni di persone hanno visto come per uscire da problemi enormi sia necessario un lavoro comune».

Eppure il 2008 è stato proprio uno dei momenti in cui è entrato in crisi il ruolo degli esperti.
«La crisi del 2008 ha sicuramente intaccato in modo significativo la credibilità dei governi. Degli esperti? Non molto. Ma non è stato spiegato chiaramente cosa sia andato storto, quali fossero i meccanismi finanziari da riformare e si è genericamente puntato il dito contro Wall Street come colpevole. Da sinistra si è invocata l'affermazione di una differente forma di capitalismo, da destra è partita un'onda populista. Ma la cosa positiva è che tra i giovani c'è stata la crescita della consapevolezza che ci sono dei problemi da risolvere. Dopo la grande recessione del 2008 però i governi hanno anche stimolato investimenti sulle energie rinnovabili, l'efficienza energetica, in Cina come negli Usa. Quello però fu un fenomeno isolato, non nacque una strategia definita nel tempo».
«Sull'ambiente c'è l'interesse popolare, c'è un obiettivo (zero emissioni). Manca un piano. Prendiamo le emissioni delle auto: lì siamo tutti d'accordo. Ma la produzione di acciaio? Cemento? Delle batterie, e il loro smaltimento? E l'idrogeno? Ecco, arrivare a produrre e stoccare idrogeno a basso costo sarebbe una rivoluzione. Le automobili sono solo parte del problema, una parte piccola. La soluzione? Una parola sola: innovazione».

Per la serie «forse non tutti sanno che», forse non tutti sanno che lei è un grandissimo appassionato di automobili, con i primi soldi comprò una Porsche 911 e la sua famosa foto segnaletica venne scattata proprio perché fu arrestato per un'infrazione al codice della strada. Anche lei però adesso è passato a un'auto elettrica. Sempre Porsche però.
«Sì, ho una Taycan, fantastica, a livello di accelerazione è la Porsche migliore che abbia mai guidato. Vedere oggi motori elettrici così performanti per chi come me è cresciuto con la passione per i motori – che erano solo motori a scoppio – ha del miracoloso. Eppure le auto elettriche al momento sono il 2 per cento del mercato».

Quindi il futuro dell'auto è elettrico? Nel libro c'è uno spassoso aneddoto sul suo amico Warren Buffett, suo compagno di bridge, che le chiede se ci sarà mai un aereo di linea elettrico e lei lo stronca dicendo che le batterie sarebbero mostruosamente grandi, impossibile.
«Warren ci è rimasto male. Però al momento il futuro, almeno per l'auto, pare elettrico. La fusione nucleare potrebbe funzionare in futuro, in teoria, ma ci sarebbero quelli che definisco problemi di accettazione da parte del pubblico, con il nucleare va così. Ma attenzione: quando avremo sostituito gli idrocarburi per automobili e riscaldamenti e processi industriali, dovremo far crescere la capacità di produrre energia elettrica in modo economico. E pulito. Ma storicamente i sistemi idroelettrici non sono mai stati scalabili».

Il professor Smil, da lei molto citato, dice che la crescita fine a sé stessa deve finire.
«Io non sono anti crescita. Dagli Anni 80 ci sono Paesi che hanno cominciato a riflettere sulla qualità dell'acqua, dell'aria, hanno ridotto l'inquinamento e hanno continuato a crescere. La crescita ha tolto miliardi di persone dalla povertà. Lo dice lei all'India di smettere di creare lavoro, case, di dare energia elettrica e acqua corrente? No, quello che è difficile è creare crescita che migliora la qualità della vita. Forse non bisogna tanto limitare la crescita ma limitarne l'impatto ».
«Io non sono anti crescita... Lo dice lei all'India di smettere di creare lavoro, case, di dare energia elettrica e acqua corrente? No, quello che è difficile è creare crescita che migliora la qualità della vita»

La prospettiva di un mondo che nel 2050 non ha azzerato le emissioni è abbastanza terrificante. Soprattutto perché lei sei anni fa – c'è il video – ci aveva avvisato sul rischio di una pandemia globale e non le abbiamo dato retta. Sul clima andrà diversamente?
«Guardi che io se mi parla di futuro sono super excited. Abbiamo già tante aziende che sono salite a bordo di questo nuovo corso industriale verde, altre si aggiungono, ce ne saranno sempre di più. Certo, i primi stadi dell'innovazione sono quelli più complicati, prendi una strada e poi l'abbandoni se non funziona. L'idrogeno verde? Magari non sarà possibile. Ma contano le idee e alla fine l'idea che cambia le cose arriva sempre, se ci lavori abbastanza duramente: sistemare un software che non funziona è meno complicato. Basta non temere i vicoli ciechi, fanno parte del progresso».

Lei è da sempre appassionato di “big ideas”, da quando al liceo informatizzò da solo tutti i registri della scuola (e si mise nelle classi delle ragazze più carine).
«Sì ma se si parla di ambiente le big ideas costano tanti soldi. Dovremo sovvenzionare tante big ideas, e spiegarle al pubblico chiaramente. Sono un realista».

Lei anni fa si definì un «ottimista impaziente». Oggi?
«Dal 2000 al 2015 i casi di malaria su scala globale sono calati del 57%. Essere ottimisti è realistico. Ma in materia ambientale se non arriviamo a zero emissioni nel 2050 sarà un disastro irreversibile. Essere impaziente, per me, oggi, significa ricordarmi che trent'anni non sono tanti».


  21 febbraio 2021