prima pagina pagina precedente



Il massacro di Sabra e Chatila
16 settembre 1982


Il massacro di Sabra e Shatila (in arabo: majzara ?abrâ wa-Shâtîlâ) fu l'eccidio, compiuto dalle Falangi libanesi e dall'Esercito del Libano del Sud, con la complicità dell'esercito israeliano (al comando di Ariel Sharon), di un numero di civili compreso fra 762 e 3.500, prevalentemente palestinesi e sciiti libanesi. La strage avvenne fra le 6 del mattino del 16 e le 8 del mattino del 18 settembre 1982 nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, entrambi posti alla periferia ovest di Beirut.

Il 14 settembre 1982, il presidente Bashir Gemayel fu ucciso in un attentato al quartier generale della Falange nella zona cristiana di Beirut, insieme ad altri 26 dirigenti falangisti, organizzato dai servizi segreti siriani con l'aiuto dei palestinesi.

In cerca di vendetta per l'assassinio di Gemayel e coordinandosi con le forze israeliane dislocate a Beirut ovest, le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18:00 circa del 16 settembre 1982, entrano nei campi profughi di Sabra e Shatila.
Il giorno prima, l'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini. Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell'esercito libanese in un'indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti. Secondo il cronista Robert Fisk il massacro degli arrestati rinchiusi nello stadio Citè Sportive continuò anche nei giorni successivi, occultato nelle fosse comuni.

  16 settembre 2022