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La crisi della democrazia
Umberto Puccio su Facebook



Sul disegno di Legge di Riforma Costituzionale (contenente l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, o "Premierato"), approvato dall'ultimo Consiglio dei Ministri penso sia utile riferirsi alle valutazioni espresse ieri da Giuliano Amato ed oggi, 5 novembre, di Michele Ainis e Sabino Cassese.
In sintesi, Giuliano Amato paventa il pericolo di eliminazione, di fatto, della centralità del Parlamento, su cui si basano tutte le democrazie rappresentative del cosiddetto Occidente liberal-democratico, comprese quelle "presidenziali": che prevedono, cioè (come in Francia e negli Stati Uniti), l'elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Mi permetto di insistere su questo elemento, perché il nocciolo della crisi della democrazia, sottovalutata e ridotta a problema di "governabilità", sta proprio nella riduzione di capacità legislative e di indirizzo politico del Parlamento e (in Italia) della sua bicameralità "perfetta". Non si ovvia a questo deficit scambiando la causa con l'effetto: cioè, caricando l'esecutivo di compiti non suoi, alterando così la distinzione e l'equilibrio dei tre Poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), su cui si basano le democrazie moderne. Sappiamo, perché i fatti storici ce lo dimostrano, che il principio della maggioranza è il lato debole della democrazia: ciò che, nelle democrazie "giovani" e non mature, porta al suicidio, "secondo democrazia", delle stesse democrazie e il loro trasformarsi in regimi autoritari e/o dittatoriali.

Il discorso di Mussolini, dopo il delitto Matteotti ("Farò di quest'aula SORDA e GRIGIA un bivacco di manipoli.") mostra il suo disprezzo verso il Parlamento e i partiti, cioè verso la democrazia parlamentare rappresentativa, da lui, infatti, trasformata in dittatura. "Saltare" i Parlamenti porta ad esiti populistici e qualunquistici ("tutti i partiti e i politici sono uguali e fanno unicamente i loro 'sporchi' interessi"), con un salto logico di scambio tra causa ed effetto. La rottura del rapporto (che era anche personale, concreto e diretto) tra cittadino elettore e suo "delegato" politico si è verificato con l'abolizione delle preferenze e la trasformazione dei partiti in gruppi di potere autoriproducentisi.

Mi si obietterà che questa è la realtà. A questa "obiezione" rispondo che a questa rottura del rapporto tra elettori ed eletti, tra il cittadino e la politica non si pone rimedio, buttando via, insieme con l'acqua sporca, il bambino della democrazia rappresentativa, in cui la "delega" non è mai diretta e assoluta, ma parziale e mediata dai raggruppamenti ideali e di interessi comuni dei partiti. Questa rottura diventerebbe perenne, normalizzata e ufficializzata "costituzionalmente" con l'elezione diretta del premier. I fatti recenti mostrano come si possa passare, se si elimina la centralità del Parlamento, a "democrature" e dittature: mi riferisco non solo a paesi considerati "occidentali" come Ungheria e Polonia, ma anche a "democrazie" extra-europee ed extra-occidentali: Egitto, Turchia, la stessa Federazione Russa.

Michele Ainis parla di ossimoro, di riforma costituzionale anticostituzionale (il che sarebbe anche un bel rebus per Mattarella), in quanto la modifica della seconda parte dell'attuale Costituzione (prevista dalla Costituzione stessa), così come risultante dal disegno di Legge governativo, sarebbe in contraddizione con i principi immodificabili della prima parte.
Infatti i principi sono indicazioni di tendenza, basi e direttive ideali della costruzione democratica e dei rapporti tra i cittadini; ma la seconda parte è altrettanto, se non più importante: essa infatti stabilisce le modalità concrete di attuazione e di gestione della costruzione democratica e della sua progressiva aderenza ai principi della prima parte.

Non si tratta, come si vuol far apparire, di un semplice "maquillage" per "adeguarla" ai cambiamenti dei tempi. La nostra Costituzione è una costruzione frutto di equilibri e di istanze diverse: essa è quasi un miracolo, dovuto ad una consapevolezza di ritrovare l'unità, attraverso necessari compromessi, dopo una sanguinosa guerra civile e una disastrosa e ingiusta dittatura.
Va maneggiata con cura.
Va considerata proprio nella sua qualità non solo di reazione alla dittatura del ventennio fascista, ma anche di talismano (e di corazza!) nei confronti di possibili future dittature. Tanto più con l'aria che tira oggi in Europa e nel mondo. Se la democrazia ha retto sino ad ora in Italia si deve anche, pur con i suoi difetti (che occorre sradicare!) al sistema dei partiti, con cui abbiamo superato molte tempeste, come quella del Terrorismo, di destra e di sinistra.

  5 novembre 2023