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Il santuario di Lovere
Franco Isman




Bartolomea Capitanio nasce a Lovere nel 1807 da un'agiata famiglia di imprenditori e sente di essere chiamata ad esercitare quella “benedetta carità che Gesù Cristo ha esercitato nel corso della sua vita fino a morire per la nostra salvezza…”. Decide quindi di fondare un istituto che avesse per fine proprio le opere di misericordia e nel 1832 dà inizio al suo progetto ritirandosi in un'umile abitazione (il conventino) presso l'ospedale di Lovere assieme alla sua prima compagna Caterina Gerosa, molto più anziana essendo nata nel1784 e, oserei dire, in posizione subalterna, e lì iniziarono a dedicarsi all'assistenza agli ammalati e all'educazione delle fanciulle. Bartolomea Capitanio muore di tisi pochi mesi dopo la fondazione.

Ma il seme attecchì e nove anni dopo presero i voti le prime nove postulanti dando formalmente inizio alla nuova congregazione che assunse il nome di suore di Maria Bambina. La congregazione si sviluppò rapidamente in Italia (a Monza gestiscono un asilo ed una scuola superiore) e in tutta Europa, ma anche nelle Americhe, in Africa e in Asia. A fine 2005 la congregazione contava 5.068 religiose in 447 case, ci informa Wikipedia.
Bartolomea Capitanio e Caterina Gerosa furono proclamate beate nel 1926 e poi sante da Pio XII nel 1950.


Nel 1926, dopo la beatificazione delle fondatrici dell'ordine, le suore decisero di costruire una cappella affidando l'incarico a don Spirito Maria Chiappetta, ingegnere e architetto prima che sacerdote. Prima nel senso letterale del termine, infatti don Chiappetta aveva avuto la vocazione ed era stato ordinato sacerdote a 56 anni, nella piena maturità sia anagrafica che professionale, quando aveva già realizzato importanti architetture sacre. Perché il Chiappetta, come i grandi architetti del Rinascimento, era un progettista completo e sue erano sia la concezione dell'opera che la realizzazione statica.
Il santuario, anzi la piccola basilica, doveva sorgere in adiacenza al convento dove avevano vissuto ed erano morte le due sante fondatrici dell'ordine, al posto della piccola cappella originaria. Era chiaro che si trattava di una scelta pericolosa in quando il terreno, con una notevole pendenza, aveva già manifestato in passato fenomeni di smottamento. Prevalse la motivazione sentimentale e religiosa: lì era nato l'ordine delle Suore di Maria Bambina e lì doveva nascere il santuario.

Il progettista cercò di realizzare un'opera il più possibile leggera, le volte in particolare anziché essere costruite, come sempre, in mattoni furono realizzate in mattoni forati, di recente introduzione in edilizia, molto più leggeri ma altrettanto meno resistenti.

Nonostante questo, negli anni successivi alla guerra mondiale cominciarono a manifestarsi assestamenti del terreno, piccoli ma comunque tali da provocare lesioni nelle strutture, e subito si cercò di porvi rimedio con iniezioni di consolidamento del terreno e con l'infissione di corti pali inseriti sotto le fondazioni del conventino attraverso cunicoli scavati a mano e con l'ausilio di martinetti di contrasto.
Negli anni Novanta del secolo scorso le lesioni erano tali da compromettere addirittura la stabilità del santuario, soprattutto per l'eccentricità del carico sulle quattro colonne che reggevano la cupola.

A questo punto, nel 1998, il difficile incarico di “tenere in piedi” la chiesa fu affidato all'ingegner Danilo Campagna della MSC associati di Milano.
Senza entrare nei particolari degli interventi, diciamo che si creò una netta separazione fra l'edificio del convento e l'adiacente santuario con due distinti sistemi di sottofondazioni e di martinetti idraulici di contrasto per correggere i cedimenti differenziali delle strutture: manuali quelli del convento, completamente computerizzati quelli sotto il santuario.


Nel 2007, nelle iniziali procedure per il sollevamento del santuario, si parla di pochi centimetri, ci si accorse che ciò risultava impossibile per la parte più a valle: fermo dei lavori, sondaggi, carotaggi esplorativi. Si scoprì che in quella zona, per pareggiare le originarie balze del terreno, era stato fatto un grande getto di calcestruzzo magro, sostanzialmente appeso alla platea di fondazione, e che questo, con il suo elevatissimo peso, impediva appunto il sollevamento di quella zona.
A questo punto si dovettero eseguire lavori davvero ingenti con lo scavo di gallerie, l'esecuzione di carotaggi orizzontali quasi adiacenti l'uno all'altro ed il distacco definitivo di questo getto con un filo elicoidale diamantato, come nelle cave di marmo. Il tutto con l'ulteriore difficoltà di drenare continuamente l'acqua di raffreddamento degli utensili affinché non andasse a peggiorare ancora le caratteristiche meccaniche del terreno profondo, quello interessato dai lenti ma progressivi assestamenti.

Oggi, dopo l'ultimazione dei lavori nel 2013, vi sono 66 martinetti manuali sotto il convento e 123 martinetti su altrettanti micropali infissi nel terreno sottostante il santuario. Questi sono gestiti mediante un sistema di 25 gruppi indipendenti di pompe elettro-idrauliche, con regolazione micrometrica dei sollevamenti , governata a computer mediante una rete di strumentazioni di controllo (tazze livellometriche, estensimetri elettrici, inclinometri e mire topografiche – per i tecnici). Annualmente si procede alla compensazione degli eventuali cedimenti occorsi nel periodo, garantendo così l'esercizio in sicurezza sia del santuario che del convento.

Il santuario è interamente rivestito in granito rosa, le colonne all'interno sono realizzate con i più bei marmi sia italiani che provenienti da diverse parti del mondo, gli scaloni di accesso sono decorati da mosaici della Scuola Vaticana ed parapetti sono fusi in bronzo su modelli di Giovanni Manzoni.
L'interno a croce greca a tre navate presenta una slanciata volta a crociera sorretta da quattro colonne e decorata da mosaici. E poi i grandi affreschi dell'abside, i quadri, le vetrate, la Via Crucis, il pulpito, i confessionali, l'altare maggiore, il crocefisso: tutti di importanti artisti e splendida fattura.

Insomma, il santuario di Lovere è davvero un piccolo gioiello architettonico, ma anche di avanzata tecnica ingegneristica.

Franco Isman

Visita dell'ottobre 2018 con il Collegio degli archingegneri di Monza, di seguito a quella alla Wood Beton Factory di Corzano. Si ringrazia l'ing. Danilo Campagna anche per le precisazioni tecniche suggerite.

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  20.10.2018