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Le nostre vite
a cura di Umberto De Pace

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Ci sono storie di uomini e donne che vale la pena raccontare, leggere o ascoltare. Attraverso le loro semplici e dirette parole scopriamo quello che alle volte si nasconde tra le pieghe delle nostre vite o che accade oltre la siepe delle nostre certezze e paure. Sono storie di vita, fiabe dei nostri tempi, testimonianze irriverenti, poesie sussurrate, lacrime versate, tracce di strade inesplorate. Sono fonti di gioia, dolore, tenerezza, disperazione, felicità e tristezza, specchi in cui è riflessa l'umanità del nostro tempo.
Dare un senso alla vita
la lettera di Tiziano
dalla rubrica “A domanda rispondo
a cura di Furio Colombo
su il Fatto Quotidiano del 23 giugno 2013


Caro Furio Colombo,
un articolo di Umberto Eco, molti mesi fa, e anche alcuni suoi articoli mi hanno spinto a raccontarle la mia storia, a patto che non ne faccia un caso. Vede, io non sono il tipo dei suoi articoli contro la Lega, non sono extracomunitario, non sono zingaro, né sinti né rom, e non mi ero mai occupato dei progetti di bonifica del salvatore della Città eterna, Alemanno. Non sono venuti a prendermi tra mezzanotte e le due del mattino, come lei racconta dei rom, ma più tranquillamente alle otto. Se lei dà un'occhiata alle foto che le mando vede strumenti musicali, non armi automatiche. Per Alemanno il grande, questi strumenti musicali (quasi tutti fiati) dovevano sembrare pericolosi perché li ha fatti distruggere, insieme ad alcuni cd (la Quinta, la Sesta, la Nona sinfonia, il triplo concerto di Beethoven, la nona di Shubert). Poi c'era l'acqua, i viveri, bibite analcoliche, vestiti caldi, coperte. Ma tutto questo era “gravissima minaccia” per la città di Roma. E durante la Settimana della Cultura (pensi alla coincidenza) mi hanno portato via tutto come spazzatura e lo hanno distrutto. Questi strumenti musicali, specialmente vari tipi di flauto dolce, me li ero costruiti nel giro di 8-9 anni con i materiali che trovavo. Vivevo in quei prati di erba alta e frasche e alberi bassi in quegli spazi di verde selvatico che ci sono ancora a Roma, un po' sotto, un po' sopra le strade che vanno al raccordo. Vivevo con ciò che si può recuperare dai cassonetti e anche gli strumenti per lavorare li trovavo nei cassonetti (tranne un accordatore e la colla speciale). Sono abbastanza vecchio, a volte mi facevano male i piedi e le mani, e forse i miei strumenti non servivano a niente per la grande musica. Ma erano veri strumenti e avevano una bella estensione di suono. Io dicevo a me stesso: un'ottava in più, specialmente il sassofono basso (non il baritono, il basso). Lei può immaginare quanta fatica. Ma la musica c'era. Ne ho spedita una cassetta al signor Augias. Spero di non averlo offeso. Comunque sono io che gli ho chiesto di non parlarne. Desidero dirle che il mio insediamento abusivo era nascosto, pulito.

fiori fiori

Tenevo pulita la strada vicina (togliendo lattine e bottiglie pericolose per i motorini) e ho fatto crescere un bel po' di nuovi alberi di speci diverse, per esempio sambuco, rovo, alloro, nespolo giapponese, melo e pero selvatico, pruno, biancospino, noce, nocciolo, palma da datteri, rosa canina, ribes, ciliegio, leccio e altri di cui non conosco i nomi. La crescita è lenta, la vita, a un certo punto è corta e io non avrei visto la foresta qui intorno, però pensavo: tra un po' io non ci sono, ma il tempo non si ferma. Non so quale castigo spetta per una vita abusiva e non autorizzata. Tutto questo, caro Signore, l'ho fatto per dare un senso alla vita che non ha molto senso, non così come l'hanno organizzata. Le ho scritto perché solo lei ha parlato di sgomberi. Lei, e un prete di cui non ricordo il nome. Comunque non ho altro da scrivere, non ho niente da chiedere e finisco qui.
Tiziano

30 giugno 2013


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