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Le nostre vite
a cura di Umberto De Pace

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Ci sono storie di uomini e donne che vale la pena raccontare, leggere o ascoltare. Attraverso le loro semplici e dirette parole scopriamo quello che alle volte si nasconde tra le pieghe delle nostre vite o che accade oltre la siepe delle nostre certezze e paure. Sono storie di vita, fiabe dei nostri tempi, testimonianze irriverenti, poesie sussurrate, lacrime versate, tracce di strade inesplorate. Sono fonti di gioia, dolore, tenerezza, disperazione, felicità e tristezza, specchi in cui è riflessa l'umanità del nostro tempo.
Come inventare una banca
Andrea Orlandini – Presidente Extrabanca
stralci del suo racconto tratto dal libro
Raccontare il cambiamento”
“Quattordici storie per reinventarsi e formarsi per una vita migliore

a cura di Giacomo Corno Edizioni Guerini e Associati - Luglio 2012


Pensare a un'esistenza migliore è un lusso che chi ha perso il lavoro non si può permettere poiché il solo obiettivo è recuperare un po' di tranquillità per sé e la propria famiglia, togliersi di dosso l'ansia che non lascia dormire, pur nella consapevolezza di possedere risorse finanziarie sufficienti a condurre lo stesso tenore di vita per lungo tempo.
Formarmi: perché dovrei, cos'altro avrei da imparare? Non basta una laurea in Bocconi, la perfetta conoscenza dell'inglese, l'ampia esperienza internazionale, l'aver ottenuto la dirigenza bancaria a soli ventotto anni, l'essere stato nominato amministratore delegato a trentaquattro?
L'azienda in cui lavoro viene acquisita e, in sole quarantott'ore, si paralizza completamente. Devo cercare di ricollocare i miei collaboratori e me stesso. Per i primi una serie di telefonate è sufficiente in quanto si tratta di elementi di qualità, giovani e non problematici. Per me è più difficile, i risultati conseguiti in passato non sono garanzia di un posto futuro anche perché in Italia vige la regola secondo cui “B player hire only C players”, ovvero “giocatori di serie B assumono solo giocatori di serie C” al fine di ben figurare e non sentirsi insidiati da persone più capaci di loro. E' l'esatto opposto del mio modo di pensare: ogni volta che individuo un candidato più competente di me sono felice di assumerlo, nella convinzione che risolverà i problemi invece di crearne.
Da disoccupato la prima cosa da fare è tagliare drasticamente le spese anche quando non è strettamente necessario. Bisogna poi affrontare l'aspetto sociale: come giustificare il fatto di essere senza lavoro, come è potuto accadere? Accettare una posizione meno qualificata e meno remunerativa? Certo non risolverebbe i problemi, inoltre i pochi veri amici appaiono in imbarazzo non essendo in grado di aiutarmi. D'altra parte sono orgoglioso, non chiederei mai aiuto a nessuno, la parola “raccomandazione” non ha mai fatto parte del mio vocabolario.
Per chi si è sempre dato con passione alla propria professione, rimanere inattivo per un anno intero è difficilmente sopportabile, ma andare oltre diventerebbe rischioso: il pericolo di incorrere in forme depressive è elevato. Sono diverse le opportunità che inseguo, tra cui l'acquisizione di un'azienda molto redditizia che rappresenterebbe un'ottima soluzione, pur non rientrando nel mio campo professionale. La trattativa sfuma al momento della conclusione quando dal bilancio scompaiono gli utili dichiarati dalla controparte.
Mi rendo conto di toccare il fondo, ma il ricordo dell'insegnamento di mia nonna mi stimola a tenere duro: “Tu non farai mai la fame perché hai voglia di lavorare”. Il sistema finanziario mi ha espulso, ma io inizio a rendermi conto di aver acquisito una nuova grande, grandissima forza: non ho più niente da perdere. Infatti, posso finalmente scegliere di fare l'imprenditore, libero dalle seduzioni aziendali del lauto stipendio, dei benefit manageriali e dall'attrazione del potere da amministratore delegato che fino ad allora me lo hanno impedito.
Concentro gli sforzi nel settore finanziario, mia area di interesse fin dai tempi dell'università e in cui ritengo di avere esperienza e competenza. Mi muove soprattutto una grande curiosità riguardo al fenomeno dell'immigrazione; da dove viene il signore con il turbante in testa, per quale motivo lo indossa, cosa significa? E gli altri, il sudamericano, il cinese, l'africano o l'albanese, che storia hanno da raccontarmi?
Nella mia mente nasce un progetto, una business idea in cui credo moltissimo: costruire una banca dedicata agli immigrati dal momento che quelle esistenti non sono interessate o attrezzate a offrire loro servizi finanziari; sono inoltre sicuro che il fenomeno dell'immigrazione sia un fattore cruciale di cambiamento dell'Italia destinato a durare almeno venti o trent'anni. La grande sfida è quella di rivolgersi alle 176 comunità di stranieri residenti in Italia. Sono convinto di vincerla perché tutti gli immigrati condividono il fatto di essere venuti nel nostro Paese alla ricerca di un futuro migliore che, per avverarsi, dovrà necessariamente far leva, da un lato sull'esercizio del credito finanziario, e dall'altro su un atteggiamento fiducioso nei loro confronti come persone. Vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi che gli italiani affidano agli stranieri le cure di propri cari. Se ci fidiamo di loro per ciò che di più prezioso abbiamo per quale motivo non dovremmo concedere a queste medesime persone un prestito di 5.000 euro? Non si tratta di inventare niente ma semplicemente di vedere qualcosa di assolutamente evidente che gli altri sembrano non notare benché sia sotto i loro occhi.
Per costituire una banca è necessario disporre di un capitale sociale significativo: servono almeno 15 milioni di euro per ottenere la licenza dalla Banca d'Italia. Investo allora con grande convinzione l'intero patrimonio familiare, giudicando questa mossa indispensabile per essere credibile nei confronti degli altri investitori. “failure is not an option”, il fallimento non è un'opzione, perché non me lo posso permettere.
Le reazioni sono incoraggianti. Sicuramente l'attività preliminare di ricerca dei capitali è molto impegnativa e soprattutto richiede tempi lunghi, per cui mi trovo a dover decidere quale lavoro svolgere temporaneamente con il duplice obiettivo di tranquillizzare economicamente la famiglia e di dedicarmi con serenità al mio progetto. Ma cosa fare? Gestire patrimoni è un lavoro che conosco bene, anzi molto bene per la mia esperienza precedente, anche se al momento non ho neppure un cliente. Comincio a muovermi tra parenti e amici, uno dei quali mi svela di aver accumulato con mia grande sorpresa un patrimonio importante, circostanza di cui neppure i suoi familiari sono al corrente, e me lo affida percependo con sensibilità la difficoltà della mia situazione, fiducioso comunque nelle mie capacità.
Adesso posso tornare a dedicarmi con maggiore serenità al progetto per cui mi batte il cuore. Il primo passo è la scelta del nome: Extrabanca – richiama gli extracomunitari ma anche il concetto latino di eccellenza. Per alcuni azionisti l'iniziativa, pur essendo orientata al profitto, va oltre il mero obiettivo economico e possiede una valenza sociale che le garantirà un significativo interesse da parte dei media. Un imprenditore edile sostiene di aver visto gli immigrati arrivare al lavoro prima a piedi, poi in bicicletta, in motorino e infine con il furgone perché ormai hanno formato la loro squadra. Un altro socio racconta la fierezza con cui una mamma araba riesce a farsi capire all'ufficio postale grazie alla traduzione della propria bambina in un italiano impeccabile. Tutti esempi incoraggianti e messaggi positivi rispetto all'idea di un'integrazione reale basata sul lavoro.
Riesco a coinvolgere con grande soddisfazione due prestigiosi investitori istituzionali, le Assicurazioni Generali e la Fondazione Cariplo, che garantiscono all'iniziativa una ragguardevole impronta di qualità; il capitale sociale finale ammonta a 23.600.000 euro. La cosa strana su cui mi trovo a riflettere è il meccanismo decisionale con cui gli imprenditori affidano capitali importanti a uno sconosciuto: nessuno mi chiede di mostrargli un business plan, ascoltano solo l'idea e mi guardano in faccia per cercare di capire se sia una persona onesta.
Nel frattempo sopraggiunge la crisi finanziaria in seguito al crollo della Lehman Brothers, alcune richieste di autorizzazione non sono accettate, altre vengono ritirate; c'è paura, molta paura. Il sistema finanziario mondiale ha subito un infarto, è in terapia intensiva e non si sa se sopravviverà. Nel momento di maggiore panico, nel marzo 2009, la Banca d'Italia concede la licenza, una delle pochissime rilasciate da allora fino ad oggi.
Alla luce dei primi due anni di attività, i dati disponibili confermano la bontà del modello di servizio e del valore della business idea: sono state aperte con successo due filiali, a Milano e Brescia, i clienti sono in totale 3.500, di cui di seguito le principali 10 nazionalità:
25% Filippine 6% Pakistan
14% Sri Lanka 4% Ucraina
9% Italia 3% India
8% Perù 3% Egitto
8% Ecuador 2% Bangla Desh

Da neolaureato, desideravo un lavoro che mi portasse in giro per il mondo e così è stato per i primi quindici anni, ma adesso è ancora meglio perché è il mondo a venire da me.

EXTRABANCA



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  16 settembre 2013