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Le nostre vite
a cura di Umberto De Pace

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Ci sono storie di uomini e donne che vale la pena raccontare, leggere o ascoltare. Attraverso le loro semplici e dirette parole scopriamo quello che alle volte si nasconde tra le pieghe delle nostre vite o che accade oltre la siepe delle nostre certezze e paure. Sono storie di vita, fiabe dei nostri tempi, testimonianze irriverenti, poesie sussurrate, lacrime versate, tracce di strade inesplorate. Sono fonti di gioia, dolore, tenerezza, disperazione, felicità e tristezza, specchi in cui è riflessa l'umanità del nostro tempo.
Calcio al femminile
Umberto De Pace




Csanad Szegedi

Emanuela Audisio, giornalista e scrittrice è tra le firme sportive del quotidiano La Repubblica. E' la prima ed unica donna, al momento, ad aver vinto il “Premio Gianni Brera”. Autrice di tre libri sul mondo sportivo: Il ventre di MaradonaBambini infiniti  e Tutti i cerchi del mondo, editi da Mondadori; nonché di tre documentari: Le streghe della notteLa casa sul lungofiume ed Il Giudice dei Giusti; con quest'ultimo (di cui è coautrice Gabriele Nissim e regista Enrico Marchese) si aggiudica il premio della critica alla nona edizione del premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi.

E' suo il commento acuto, netto, beffardo e sagace al contempo sull'ultima infausta partita dell'Italia contro il Costarica (“Da eroe a comparsa, il fantasma di Balotelli. E le riserve affondano” – La Repubblica 21 giugno 2014).
“ Un fantasmino che spaventa solo all'inizio. Poi ti accorgi che il primo a tremare è lui, il baby Balotelli… Doveva salire, è affondato, anzi svanito. Doveva scandalizzare nel modo migliore, facendo ammattire difese, anticipando avversari. E invece si è fatto ammonire per una stupida manata al difensore, quando l'Italia aveva la palla e doveva rimontare. Uno schianto da dilettante, da pavone spiumato, un'abulia oblomoviana, ma quella almeno era un bel romanzo. Contro una squadra che forse messa insieme non guadagna quanto lui”. Audisio, impietosamente, fa riferimento al romanzo “Oblomov” del 1859 nel quale lo scrittore russo  Ivan Aleksandroviè Gonèarov racconta la vita di un inetto, pigro, indolente proprietario terriero, abulico e perennemente indeciso.

E ancora: “ In un primo tempo con la squadra a trazione posteriore, Balo ci ha provato, nel secondo tempo, con una squadra a trazione anteriore, si è perso. Come l'alunno a cui riesce una buona risposta alla prof, ma il giorno dopo ripiomba in un mutismo che non è di nessun aiuto e che ti fa domandare: ma è lo stesso di ieri?”. Scomoda anche Kafka per star dietro all'enfant prodige del calcio italiano: “Aveva parlato alla vigilia quasi fosse sotto effetto di una metamorfosi kafkiana, da saggio, da comandante maturo, meglio vincere insieme che segnare da solo, meglio la finale che una bella prestazione. Anche se gli toccava la stoccata di Julio Cesar, portiere del Brasile: “Con Mario ho avuto l'opportunità di giocare all'Inter, lui era un ragazzo. Ma se devo scegliere tra Mario e Neymar, scelgo l'ultimo, più completo, più maturo”. Incarta e porta a casa giovane golden-boy azzurro che ti fai ammonire inutilmente. E che quando devi giocare con la tua classe, essere incontrollabile, esagerato, ti scomponi in un non progetto, come quelli che vanno in bagno per non essere interrogati”.

Non so quanto pesi la differenza di genere, sicuramente brilla una differenza di stile, forse una diversa angolazione di veduta, resta il fatto che la sua penna non fa sconti a nessuno: “Da fratellone doveva tenere per mano gli esordienti mondiali, Insigne e Cerci, la new wawe azzurra in cerca del gol. Ma pure loro sono naufragati, mostrando inconsistenza, tutti e solo ragazzini, davanti a uomini che invece giocavano per la loro grande occasione della vita.”
Una nazionale persa, confusa, disarticolata, con brevi, timidi accenni di rimonta. Ben vengano quindi penne sferzanti, pungenti, implacabili che smuovano le torbide e limacciose acque di un calcio troppo a lungo esaltato, lusingato, viziato, egocentrico e onnipotente. Che sia penna di donna … più che un destino non può essere che di buon auspicio.

Umberto De Pace


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  25 giugno 2014