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Il cappellificio Cambiaghi



A quando il Museo? San Giacomo aiutaci tu.
Qualcuno vuole rilanciare il cappello a Monza e io partecipo con una cartolina .
Infatti la città ha vissuto per molti anni il ruolo di Città del Cappello, ma anche di tante altre attività prima e dopo.
Si era predisposto progetto e finanziamento per il Museo del Lavoro o anche Museo Etnografico di Monza e Brianza col Piano particolareggiato di riqualificazione dell'ex Cotonificio Cederna. Ora è tutto fermo da un anno con la nuova amministrazione. Eppure Monza merita per la sua storia industriale. Vediamo se San Giacomo, protettore dei cappellai, ci dà una mano.

Il cappellificio Cambiaghi

La prima cartolina è simpatica, colorata, piena di cose che raccontano. In alto un pastorello (a cui si addicono le grosse scarpe e, ovviamente, il rozzo cappello) tosa una pecora paziente e dalla ricca lana ai suoi piedi; dalla lana tosata nasce la teoria di cappelli che termina con quello classico e moderno.
A lato campeggia lo stemma della “Giuseppe Cambiaghi, Monza, Italia,” con sopra la Corona e sotto due croci che simboleggiano i premi ottenuti. Dentro lo stemma uno scudo con spade e dietro il “caduceo” coi due serpenti avvolti lungo il bastone che qui non termina solo con le ali ma con il cappello alato di Hermes, cappello o meglio petaso, forse a simboleggiare sia il commercio che la pastorizia o comunque le attività connesse.
Troneggia al centro la scritta “Cambiaghi”, con sotto in piccolo, come si addice ad un nobile opificio di scala internazionale (in barba agli obblighi di lingua italiana del tempo) in francese : “9 grand prix”. Ancora “Monza “ in evidenza e tra parentesi, in piccolo e sotto, “Italy”, aggiungendo l'inglese al francese di prima. Una cartolina davvero transnazionale in un buio periodo nazionalista.
La parte bassa della cartolina è occupata dalla vista a volo d'uccello della fabbrica che occupava una grande area tra il centro e via Azzone Visconti sul Lambretto. Complesso in gran parte demolito con ricostruzione e formazione della omonima piazza Cambiaghi.
La grande dimensione del complesso e la sua ubicazione è chiara. Di fronte passa un locomotore che sbuffa. e dietro la grande casa per le maestranze, il Lambro scorre tra filari di piante, la Città, dove più che il campanile sono evidenti le ciminiere che fumano a testimoniare Monza industriale. In effetti molte erano le ciminiere in città come testimonia anche la cartina che poi mostro.
Sotto ancora, in questa complessa cartolina dalle mille sorprese, si ribadisce: “9 GRANDS PRIX” e si raccontano: “ Bruxelles 1910 – Turin 1911 – Lyon 1914 – Genes 1914 – S. Francisco 1915 – Liege 1930 – Anvers 1930 – Bruxelles – 1935 – Paris 1937”.

cappellificio Cambiaghi-il testo

La cartolina è commerciale, viaggiata il 21 marzo del 1940 (ero nato da due giorni e poi il 10 giugno l'Italia entra in guerra) ed è inviata da Carlo Cambiaghi alla Società per la Fabbricazione dei “Fez”, a Mortara. E parla di Berretti Baschi (quelli col “purillo”, ancora in voga quando ero bambino) oltre che di Fez (di origine marocchina e turca ma, leggo, in uso sotto il Fascio per le ragazzine in divisa e da prima anche per i Bersaglieri).

Dal bel libro dello storico e amico Giuseppe Maria Longoni “L'Eredità dei Cappellai” (Silvana editoriale 2003, ma ricordo anche “Arte dei Cappellai”, lavoro imprese, organizzazioni tra il XIX e XX secolo, Archivio del Lavoro 2001) riporto due cose e invito a leggerli: Monza nell'ultimo quarto dell'Ottocento, da luogo del cappellificio tradizionale che era dal Seicento, quando aveva strappato il primato a Milano,si trasforma in centro industrial . Dalle vecchie botteghe sorgono cinque o sei grosse imprese dedite soprattutto a cappelli e” cloches” di lana di qualità media, e decine di cappellifici medio-piccoli che fanno prodotti particolari o succedanei ai maggiori. Dopo la prima guerra mondiale si incrementa il numero dei feltrifici che fanno solo “cloches” di lana o pelo che altri lavorano “in nero”. Cappelli e feltri si esportano a milioni. Negli anni venti, l'apice, i cappellifici occupano settemila persone, producono oltre centomila pezzi al giorno, per tre quinti esportati. Alcuni pionieri hanno accumulato grandi fortune e fanno beneficenza in città: case , scuole, ospedali. Su tutti Carlo Ricci e Giuseppe Cambiaghi.

i cappellifici a Monza

Qui sopra la pianta di Monza degli anni '30 con i cappellifici, tratta sempre dal volume di Longoni.

la grande nevicata

Una seconda cartolina, come preannunciavo, della nevicata del 4 febbraio 1901 e viaggiata nel marzo dello stesso anno, mostra la Monza delle ciminiere e Angelina scrive “grazie e saluti” a Luigi di Firenze.

via Azzone Visconti

Un'altra, della “circonvallazione” lungo il Lambretto mi pare lasci intravedere l'ultima parte della Cambiaghi.
C'è una bellissima e famosa foto delle maestranze tutte nel cortile della Cambiaghi ma sarà per un'altra volta con qualche altra cartolina dei Cappellai, del loro protettore San Giacomo la cui statua troneggiava sulla Porta de Gradi ( ora alla chiesa dei SS. Giacomo e Donato) e della loro festa che qui, come già in parte ho ricordato con altre cartoline. si teneva. Ma anche della necessità del Museo del Lavoro o Etnografico, come dicevo all'inizio, che è inspiegabilmente fermo, al palo, come tante, troppe cose in una Città che merita altro.

Alfredo Viganò


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  14 luglio 2008