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Dopo il 25 aprile, guardando al futuro
7. Monza che cambia
Umberto De Pace


Due brevi riflessioni sul 25 aprile.
La prima riguarda Monza, dove quest'anno non si è dovuto assistere alle solite parate neofasciste in coda alle celebrazioni ufficiali. A leggere i resoconti dei giornali locali, pare che ciò sia dovuto allo “spirito” infuso quest'anno, dal Presidente della Repubblica, alla celebrazione. Sarà, di certo però vorrei ricordare che un certo influsso l'ha avuto anche lo “spirito” di quel centinaio e più monzesi, e di tanti altri ancora, che con il loro appello “Cosa ci aspettiamo per il prossimo 25 aprile”, in tempi non sospetti – a marzo – si sono dati da fare per “infondere” tra i loro concittadini, le forze politiche e sindacali, la prefettura e le questure di Milano e Monza, la convinzione che la tolleranza – virtù delle democrazia – non va scambiata per resa o indifferenza; e che i valori di democrazia e libertà, che hanno potuto affermarsi nel nostro Paese, grazie alla liberazione dall'oppressione nazifascista, vanno non solo celebrati, ma anche difesi da qualsiasi provocazione.
Così è stato. I firmatari dell'appello hanno dimostrato che non è con la rassegnazione, né con la sola indignazione, né tanto meno con l'indifferenza, che si affrontano temi così importanti, per la convivenza civile di una comunità, ma solo e sempre con la partecipazione.
La stessa iniziativa dei promotori dell'appello, di soffermarsi alla fine delle celebrazioni ufficiali, per deporre un fiore ad ogni partigiano, al canto di “Bella Ciao”, ha coinvolto non poche persone, ma soprattutto ha raccolto anche qui un sentimento comune, teso a voler rinnovare, e ravvivare, un momento celebrativo, per molti aspetti triste e ripetitivo. Un sentimento comune, che come un seme, se attecchirà, potrà arricchire ulteriormente, il prossimo 25 aprile.

fiori ai partigiani
fiori ai partigiani - foto Franco Isman

La seconda riflessione riguarda più in generale il nostro Paese. Vorrei qui sottolineare come la partecipazione e il discorso del presidente del consiglio, alle celebrazioni del 25 aprile, rappresenti un cambiamento, da non sottovalutare. Per la prima volta, nei suoi 14 anni di carriera politica, Berlusconi ha dovuto riconoscere, che tale data rappresenta, un momento fondativo della democrazia nel nostro paese. Non è cosa da poco, se pensiamo al suo passato piduista, al suo eterno incespicare tra le regole e i principi di una democrazia repubblicana, al suo mercanteggiare con l'ala più estrema della destra radicale e neofascista. Certo lo ha fatto a suo modo, con tutte le ambiguità e strumentalizzazioni di cui è maestro, ma in qualche modo si è dovuto piegare di fronte a una celebrazione, fino a ieri, irrisa, denigrata, ignorata; certo, ha tentato e tenterà ancora di distorcerne il significato profondo – di Liberazione dal nazifascismo, per una più generica libertà a suo uso e consumo – ma tanti sono stati i tentativi di strumentalizzazione in questi 64 anni, della celebrazione, che non sarà certo il suo grezzo populismo a cambiarne il significato.
Questo cambiamento – pur non paragonabile alle coraggiose dichiarazioni dell'anno scorso di Fini, e del suo riconoscimento, netto e chiaro, del valore dell'antifascismo – lo ritengo quindi un passo, sia pur strascicato e in qualche modo costretto, verso il rafforzamento di quella memoria condivisa, che vede tra i suoi valori fondanti l'antifascismo e la Liberazione del nostro paese dal nazifascismo.

Umberto De Pace

Monza che cambia
GLI ARTICOLI PRECEDENTI
1. Sicurezza e informazione
2. Volontari alla sicurezza e ronde
3. I giostrai di via Sibelius
4. Gocce di intolleranza
5. Monza e i suoi rom
6. La “vecchia” provincia di Monza e Brianza


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  4 maggio 2009