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Lettera aperta al direttore de “il Cittadino”
8. Monza che cambia
Umberto De Pace


 
crocifisso
 
Qui di seguito la lettera che ho inviato a “il Cittadino” l'8 novembre scorso, a seguito dell'editoriale apparso sul giornale il giorno 5 a firma del suo direttore, sul tema dell'esposizione del crocifisso nelle scuole. Sono passate due settimane e la mia lettera non è stata pubblicata, la qual cosa risulta assolutamente legittima nell'insindacabile libertà di scelta che il direttore ha di pubblicare o meno la corrispondenza; altrettanto legittimo pubblicare le sole lettere concordi con la sua opinione, così come ha fatto questa settimana; invito solo il direttore a rendere partecipe i suoi collaboratori di tale scelta in modo da evitargli di fare delle gaffe, com'è capitato a Paolo Corbetta, il quale nella sua rubrica di questa settimana sostiene – sempre sul tema del crocifisso e sempre a sostegno delle tesi del suo direttore – che “tutto pare essere già stato messo nel dimenticatoio delle coscienze” aggiungendo che “i nostri media … si sono persi l'occasione di dibattere un tema serio e non secondario”. Più che nel dimenticatoio sembra invece che alcuni giornali mettano nel cestino le coscienze che esprimono un parere differente e quanto al dibattito sembra che il suo giornale abbia paura persino di iniziarlo.

Egregio Direttore,
rientro a tutti gli effetti in quella categoria di persone che lei definisce prive di buon senso e intelligenza, visto che sono convinto che nella scuola pubblica del nostro paese, sia corretto non esporre simboli religiosi, quali il crocifisso. Suppongo che la mia privazione si trasformi ai suoi occhi in dannazione se aggiungessi che sono da sempre favorevole a che l'ora di religione nella scuola pubblica, diventi l'ora dedicata allo studio delle religioni e dell'etica civile, sotto tutti i loro aspetti: storico, culturale, etico e filosofico. Le risparmio ciò che penso sul testamento biologico, le unioni civili e altro per non acuire maggiormente il divario.
D'altronde non mi sorprende il suo linguaggio, visti i tempi in cui viviamo, in cui la povertà di idee nel sostenere le proprie ragioni, porta alla facile china dell'insulto e della denigrazione. Rimango comunque convinto che il dialogo sia il sale della democrazia, tanto più quando lo si sostiene con chi la pensa diversamente. La invito quindi a pensare per un momento al fatto, che nella società in cui viviamo entrambi, convivono culture diverse. Non parlo di culture che provengono da altri paesi, parlo di me e di lei e delle nostre due culture, che sono sotto molti aspetti completamente diverse, a dispetto di quei poverini che affermano ancora oggi che la nostra non è una società multiculturale. E' semplicemente questo il punto, ed è per questo che quando parliamo di un qualcosa che appartiene ad entrambi, la scuola pubblica ad esempio, è altrettanto naturale che nessuno dei due può imporre all'altro un qualcosa che riguarda le proprie convinzioni personali, la propria fede o le proprie idee. Non si tratta di maggioranza o minoranza, né di credenti o non credenti, così come non è una questione di fede, di confessione o ideologia, è semplicemente una questione di rispetto reciproco, all'interno di una società democratica e libera che basa la propria convivenza civile su una carta costituzionale e non su una religione o un'opinione politica.
Su un punto invece sono d'accordo con lei: Gesù appartiene alla nostra Storia e non può essere né cancellato, né ignorato, né tanto meno denigrato. Ma qui di nuovo, le nostre diverse visioni del mondo si dividono, perché mentre lei da tale assunto che ci accomuna, parte per la sua “crociata” brianzola, io ne traggo invece la convinzione che lo stesso Gesù, non avrebbe mai permesso che fosse ostentato in quel modo il suo corpo crocifisso e lo avrebbe staccato lui da tutte le aule delle nostre scuole.
Ognuno di noi ovviamente può continuare a pensarla come crede e a impegnarsi nei modi che ritiene più opportuni affinché si affermino le proprie ragioni, ma per favore non denigriamo chi la pensa diversamente, e soprattutto impariamo una volta per tutte a curare quei luoghi che rappresentano i pilastri della nostra comunità, e la scuola ne è un pilastro fondamentale, non come la propria casa, ma come qualcosa di ancora più importante, perché quei luoghi rappresentano la nostra casa comune. La mia e la sua direttore, ma soprattutto quella dei nostri figli ed è proprio per loro che non mi sottraggo dalle mie responsabilità, mantenendo saldo il mio, pur personale, buon senso nonché quota parte di intelligenza.
Infine le assicuro che qualora a lei fosse impedito di esercitare la propria fede o di esporre i simboli in cui crede nei luoghi deputati a professarla o nel corso di pubbliche celebrazioni, io sarò al suo fianco per difendere questo suo/nostro diritto inalienabile. Non è certamente questo oggi l'oggetto del contendere.
I miei più cordiali saluti.”

Il mondo sta cambiando ed è ovvio che c'è chi fatica a rendersene conto ancor prima di esserne partecipe, ciò non toglie che l'unica strada percorribile sia quella del confronto, nella pluralità di idee, culture e religioni, che lo caratterizzano, per fare in modo che questo cambiamento sia un'opportunità di crescita e di arricchimento per le comunità in cui viviamo. Arroccarsi nelle proprie torri identitarie può essere consolatorio ma non servirà a fermare il cammino dell'umanità, consapevole delle proprie radici e tradizioni, ma sempre in movimento e proiettata verso il futuro.

Umberto De Pace

Monza che cambia
GLI ARTICOLI PRECEDENTI
1. Sicurezza e informazione
2. Volontari alla sicurezza e ronde
3. I giostrai di via Sibelius
4. Gocce di intolleranza
5. Monza e i suoi rom
6. La “vecchia” provincia di Monza e Brianza
7. Dopo il 25 aprile, guardando al futuro


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  22 novembre 2009