Lettera aperta al direttore de il Cittadino
8. Monza che cambia
Umberto De Pace
Egregio Direttore, rientro a tutti gli effetti in quella categoria di persone che lei definisce prive di buon senso e intelligenza, visto che sono convinto che nella scuola pubblica del nostro paese, sia corretto non esporre simboli religiosi, quali il crocifisso. Suppongo che la mia privazione si trasformi ai suoi occhi in dannazione se aggiungessi che sono da sempre favorevole a che l'ora di religione nella scuola pubblica, diventi l'ora dedicata allo studio delle religioni e dell'etica civile, sotto tutti i loro aspetti: storico, culturale, etico e filosofico. Le risparmio ciò che penso sul testamento biologico, le unioni civili e altro per non acuire maggiormente il divario. D'altronde non mi sorprende il suo linguaggio, visti i tempi in cui viviamo, in cui la povertà di idee nel sostenere le proprie ragioni, porta alla facile china dell'insulto e della denigrazione. Rimango comunque convinto che il dialogo sia il sale della democrazia, tanto più quando lo si sostiene con chi la pensa diversamente. La invito quindi a pensare per un momento al fatto, che nella società in cui viviamo entrambi, convivono culture diverse. Non parlo di culture che provengono da altri paesi, parlo di me e di lei e delle nostre due culture, che sono sotto molti aspetti completamente diverse, a dispetto di quei poverini che affermano ancora oggi che la nostra non è una società multiculturale. E' semplicemente questo il punto, ed è per questo che quando parliamo di un qualcosa che appartiene ad entrambi, la scuola pubblica ad esempio, è altrettanto naturale che nessuno dei due può imporre all'altro un qualcosa che riguarda le proprie convinzioni personali, la propria fede o le proprie idee. Non si tratta di maggioranza o minoranza, né di credenti o non credenti, così come non è una questione di fede, di confessione o ideologia, è semplicemente una questione di rispetto reciproco, all'interno di una società democratica e libera che basa la propria convivenza civile su una carta costituzionale e non su una religione o un'opinione politica. Su un punto invece sono d'accordo con lei: Gesù appartiene alla nostra Storia e non può essere né cancellato, né ignorato, né tanto meno denigrato. Ma qui di nuovo, le nostre diverse visioni del mondo si dividono, perché mentre lei da tale assunto che ci accomuna, parte per la sua crociata brianzola, io ne traggo invece la convinzione che lo stesso Gesù, non avrebbe mai permesso che fosse ostentato in quel modo il suo corpo crocifisso e lo avrebbe staccato lui da tutte le aule delle nostre scuole. Ognuno di noi ovviamente può continuare a pensarla come crede e a impegnarsi nei modi che ritiene più opportuni affinché si affermino le proprie ragioni, ma per favore non denigriamo chi la pensa diversamente, e soprattutto impariamo una volta per tutte a curare quei luoghi che rappresentano i pilastri della nostra comunità, e la scuola ne è un pilastro fondamentale, non come la propria casa, ma come qualcosa di ancora più importante, perché quei luoghi rappresentano la nostra casa comune. La mia e la sua direttore, ma soprattutto quella dei nostri figli ed è proprio per loro che non mi sottraggo dalle mie responsabilità, mantenendo saldo il mio, pur personale, buon senso nonché quota parte di intelligenza. Infine le assicuro che qualora a lei fosse impedito di esercitare la propria fede o di esporre i simboli in cui crede nei luoghi deputati a professarla o nel corso di pubbliche celebrazioni, io sarò al suo fianco per difendere questo suo/nostro diritto inalienabile. Non è certamente questo oggi l'oggetto del contendere. I miei più cordiali saluti. Il mondo sta cambiando ed è ovvio che c'è chi fatica a rendersene conto ancor prima di esserne partecipe, ciò non toglie che l'unica strada percorribile sia quella del confronto, nella pluralità di idee, culture e religioni, che lo caratterizzano, per fare in modo che questo cambiamento sia un'opportunità di crescita e di arricchimento per le comunità in cui viviamo. Arroccarsi nelle proprie torri identitarie può essere consolatorio ma non servirà a fermare il cammino dell'umanità, consapevole delle proprie radici e tradizioni, ma sempre in movimento e proiettata verso il futuro. Umberto De Pace Monza che cambia
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