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Una moschea a Monza
9. Monza che cambia
Umberto De Pace


moschee    il manifesto del referendum svizzero contro i minareti

Al ritorno dal nostro viaggio in Bosnia-Erzegovina quest'estate, la più piccola delle mie figlie mi chiese: “Perché papà a Monza non ci sono le moschee?”. Avevamo da poco attraversato un paese affascinante, non solo per la natura rigogliosa e selvaggia, ma soprattutto per essere una terra di incontro tra occidente e oriente, un incontro reso tangibile in particolare dagli edifici di culto delle varie religioni, che si ergono gli uni, accanto agli altri: chiese cattoliche e ortodosse, moschee e sinagoghe. Dalle alture delle città di Jayce, Travnik, Sarajevo e Mostar si possono osservare campanili e minareti che si stagliano verso il cielo e nel silenzio delle notti dopo il rintocco delle campane, la voce del muezzin chiama i fedeli musulmani alla preghiera.
“A Monza non abbiamo moschee perché fino a ieri il nostro era un paese nel quale non vi erano musulmani e nel quale la maggioranza dei cittadini professava la religione cattolica” – risposi a mia figlia. Colpita, nel corso del viaggio estivo, in particolare dalle moschee, da lei viste per la prima volta, continuò: “Peccato, sarebbe bello avere anche qui a Monza una moschea”.
“Guarda comunque che una moschea c'è già, se intendi con questo un luogo di culto in cui i musulmani possano pregare. E' qui nel nostro quartiere, in un vecchio capannone, verso il canale Villoresi”.
“E come mai non si vede il minareto alto nel cielo?”
“Te l'ho detto, non è una moschea vera e propria. E poi sappi che qui da noi ci sono molte persone che sono contrarie a che si costruisca una moschea.”
“Perché papà?”
“Alcuni non la vogliono per semplice ignoranza, nel senso che il loro il mondo è circoscritto al piccolo spazio in cui vivono da sempre e che pensano immutabile; altri non la vogliono per paura, identificando erroneamente il terrorismo di questi ultimi anni con l'islam; ma quelli che più si oppongono, e fra tutti sono i più pericolosi, sono quelli che basano il proprio consenso politico sulla paura e l'ignoranza, che contribuiscono a fomentare, portando ad identificare i musulmani quali nostri nemici. Ma non ti preoccupare, arriverà il tempo in cui anche Monza avrà la sua moschea e sappi che io e la mamma saremo d'accordo affinché venga costruita, se questo è quello che vorranno i fedeli musulmani nostri concittadini. ”
“E quelli che sono contrari cosa faranno?”
“Di tutto. Alcuni si riuscirà a convincerli che ciò che vale per gli uni deve valere anche per gli altri, altri borbotteranno come fanno quasi con tutto, altri, convinti del proprio diniego, dovranno comunque accettarlo, perché vedi, noi viviamo in un paese libero, dove la libertà è stata conquistata a caro prezzo e dove i principi della nostra convivenza, li abbiamo stabiliti in modo fermo e chiaro nella nostra Carta Costituzionale. Fra questi c'è il diritto di ognuno “di professare la propria fede religiosa”, così come è stabilito che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge”. Da ciò ne consegue il diritto ad avere i luoghi di culto che ognuno crede. Non è quindi una questione di maggioranza o minoranza, di tradizione o di identità, ne tantomeno di referendum o leggi. E' una questione, ben più importante, di principi e valori che rappresentano le fondamenta della nostra casa comune. Quando questi principi e valori fondamentali vengono messi in discussione o addirittura negati, si aprono ferite profonde, se non conflitti cruenti nelle comunità di esseri umani, ferite ancora evidenti oggi nella Bosnia-Erzegovina, come abbiamo potuto vedere nel corso del nostro viaggio”.
Mi è tornata alla mente questa discussione con mia figlia oggi, dopo aver letto del referendum svizzero sui minareti, l'inchiesta a Monza del giornale “il Cittadino” della scorsa settimana e l'eterna questione della moschea a Milano, che periodicamente torna a galla, tenuta sotto giogo dalla Lega. La questione in sé investe tanti aspetti ovviamente, è comunque un bene che se ne cominci a parlare. Il dibattito e il confronto senza pregiudizi, mantenendo saldi e fermi i principi e i valori a cui accennavo prima, sono l'unica strada per costruire un futuro comune. Ci vuole ancora del tempo, non so quanto, ma sono certo che anche Monza riuscirà un domani ad essere una città dal respiro Europeo.

Umberto De Pace

Monza che cambia
GLI ARTICOLI PRECEDENTI
1. Sicurezza e informazione
2. Volontari alla sicurezza e ronde
3. I giostrai di via Sibelius
4. Gocce di intolleranza
5. Monza e i suoi rom
6. La “vecchia” provincia di Monza e Brianza
7. Dopo il 25 aprile, guardando al futuro
8. Lettera aperta al direttore de “il Cittadino”


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  17 dicembre 2009