prima pagina pagina precedente




Condividere il Ricordo
Franco Isman


La

Il 10 febbraio è stato riconosciuto “Giorno del ricordo”, per commemorare le vittime delle foibe e l'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, con una legge del 2004, a sole due settimane dal 27 gennaio, Giorno della memoria.
E questa vicinanza sembrava strumentalmente volta a fare di ogni erba un fascio e ad equiparare due avvenimenti incommensurabili: lo sterminio di sei milioni di ebrei e di quasi altrettante persone di altre etnie, scientemente voluto e scientificamente organizzato nella nazione forse più avanzata d'Europa, ed avvenimenti, certamente tragici ma come ce ne sono stati tanti alla conclusione della terribile guerra mondiale. Basti citare i dieci milioni di profughi tedeschi dai territori diventati Polonia, al di là della linea Oder Neisse, e dalla Cecoslovacchia.
Ma ricordare era certamente giusto, dopo tanti anni di ingiustificato silenzio.

teste rasate

Purtroppo per molti anni le celebrazioni sono state appannaggio della destra estrema, quella che si richiamava al fascismo, e qui a Monza abbiamo assistito a sfilate di teste rasate che scandivano “Istria, Fiume, Dalmazia, né slo-venia né cro-azia” e “i co-mu-nisti non son cam-biati ieri assas-sini oggi smemo-rati”.
E alcuni anni dopo alla sala Maddalena, commemorando D'Annunzio, due file di giovani nerovestiti ai lati della sala urlavano “Eia eia alalà” levando il braccio nel saluto romano.

nerovestiti

Ma anche quando a questi estremi non si arrivava, nelle mostre e nelle celebrazioni si parlava della romanità dell'Istria, quindi della Repubblica di Venezia, per poi saltare direttamente all'8 settembre 1943 con i primi 500 italiani “infoibati” ed ai 40 terribili giorni dell'occupazione titina di Trieste con le stragi maggiori.
Tutto quanto avvenuto prima veniva totalmente ignorato:
lo squadrismo fascista degli anni Venti, il razzismo di Mussolini nei confronti di “un popolo barbaro”, l'italianizzazione forzata con la chiusura di ogni associazione slava, l'uso obbligato della lingua italiana anche nelle scuole e nelle messe, l'italianizzazione dei nomi delle località ma anche dei cognomi. E poi l'invasione della Iugoslavia da parte della Germania di Hitler e dell'Italia di Mussolini, l'occupazione di Lubiana e la sua annessione come provincia italiana con interi villaggi bruciati, l'uccisione degli uomini e la deportazione del resto della popolazione nei campi di concentramento, Arbe in primo luogo, con 1500 e più morti di stenti e di malattia, e poi Gonars (vicino Udine) con 500 morti, Renicci, Chiesanuova, Monigo. (Foibe e ricordo).

Come conseguenza i partiti della sinistra vedevano con una certa freddezza queste celebrazioni e cercavano di fare informazione sul contesto storico e sulle complesse vicende del confine orientale. Talvolta però l'informazione era fornita da storici riduzionisti se non addirittura negazionisti, che ridimensionavano il fenomeno delle foibe e, mentre per i partiti di destra il numero dei morti ammazzati arrivava a decine di migliaia, per questi si riduceva a poche centinaia ed era costituito quasi esclusivamente da “torturatori nazisti e fascisti”. La stessa cosa nello spettacolo teatrale di Renato Sarti "Soht" (foibe in slavo) di quasi 10 anni fa.

Nulla di peggio perché, come è giusto ricordare la tragedia delle foibe ed anche dei profughi fuggiti dalle loro terre per amor di patria, o in odio al regime comunista, o anche perché temevano per la loro incolumità, basti ricordare la strage di Vergarolla, la spiaggia di Pola, con almeno 80 vittime, con ogni probabilità opera dell'OZNA, la polizia segreta di Tito, non si possono chiudere gli occhi davanti ai morti iugoslavi, tutti vittime di una sola grande tragedia: la GUERRA.
E non si può ignorare che la perdita dell'Istria e della Dalmazia sono diretta conseguenza della guerra di aggressione scatenata, e persa, dall'Italia fascista.

Un ottimo punto di partenza per una visiona serena e condivisa dei tragici avvenimenti è rappresentato dalla relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, istituita nell'ottobre 1993 dai ministeri degli Affari esteri d'Italia e di Slovenia “con la finalità di effettuare una globale ricerca e disamina di tutti gli aspetti rilevanti nella storia delle relazioni politiche e culturali bilaterali”, approvata all'unanimità dai 14 componenti (7 italiani e 7 sloveni) e consegnata ai rispettivi ministeri nel luglio 2000, alla quale però non è stata data la pubblicità dovuta.
E oltre ad andare a Basovizza, simbolo delle foibe, seppure contestato dagli storici riduzionisti, si dovrebbe andare ad Arbe dove esiste un mausoleo alle vittime slovene del campo (trascurato dai croati cui appartiene Arbe, oggi Rab) ed a Gonars ove c'è un sacrario molto visitato dagli sloveni.

Franco Isman

il campo di Arbe il sacrario di Gonars
Il campo di Arbe e il sacrario di Gonars

EVENTUALI COMMENTI
lettere@arengario.net
Commenti anonimi non saranno pubblicati


in su pagina precedente

  10 febbraio 2014