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Settant'anni dalla strage di Fossoli
Rosella Stucchi


i familiari delle vittime
in primo piano i familiari delle vittime

Sala gremita da un centinaio di persone sabato 24 maggio al Binario Sette per ricordare i martiri di Fossoli nel settantesimo anniversario della loro morte.
Erano presenti i sindaci di Monza e di Lissone, alcuni amministratori di Arcore e Cesano, i presidenti dell'Anpi delle provincie di Milano e di Monza e Brianza.
Ricordiamo che dei sessantasette antifascisti fucilati dai nazisti il 12 luglio 1944 al poligono di tiro di Cibeno 39 erano lombardi, di cui 8 brianzoli: Enrico Arosio, Francesco Caglio, Antonio Gambacorti Passerini, Davide Guarenti, Luigi Luraghi, Arturo Martinelli, Ernesto Messa, Carlo Prina.
Rossana Valtorta, una dei vicepresidenti dell'Anpi di Monza che, con lo storico Pietro Arienti ha organizzato con molto impegno l'evento, ha raccolto tutti i familiari che è riuscita a rintracciare e la loro presenza ha reso l'evento commovente, vivo e vicino nonostante il tempo trascorso.
Abbiamo così sentito Carla Bianchi, nata un mese dopo la morte del padre Carlo, milanese, docente universitaria e autrice di vari saggi, che ci ha parlato delle sue ricerche per chiarire i contorni e i motivi della vicenda, dei funerali dei fucilati milanesi proprio il 24 maggio 1945, tra una folla straripante e alla presenza di personalità civili e religiose.
Laura Ambrosini, nipote del monzese Carlo Prina, di cui erano presenti anche le due figlie, ha letto con commozione i ricordi della nonna, dall'arresto del marito fino alla sua fucilazione.
Per Angela Caglio, figlia di Francesco, il padre era una persona normale, con le sue abitudini, i suoi passatempi, la sua religiosità, che ha saputo fare le sue scelte senza voler diventare un eroe.
Sono intervenuti anche il nipote di Antonio Manzi, milanese, e il figlio di Rino Molari, romagnolo, che ha raccontato come i partigiani, pur avendone le forze, non hanno ritenuto di attaccare il campo presidiato solamente da una ventina di soldati ucraini, mentre gli alleati lo hanno addirittura bombardato.
Erano presenti anche Gino Gambacorti Passerini, pronipote di Antonio e Pierluigi Gasparotto, figlio di Poldo, pure fucilato a Fossoli il 22 giugno 1944.
La partecipazione e la commozione sono continuate con la visione di un filmato preparato per l'occasione da Pietro Arienti e dal Circolo fotografico monzese e donato ai familiari: lettere di Antonio Gambacorti Passerini, di Carlo Prina e di Francesco Caglio, testimonianze di amici e di persone presenti.
Pietro Arienti, ricercatore e conoscitore della storia locale di quel periodo, ha parlato degli otto caduti brianzoli, tutti tranne due dai 35 ai 50 anni; erano quindi persone mature e padri di famiglia; hanno scritto molte lettere da S.Vittore prima e da Fossoli poi, pagando i secondini, documenti preziosi sia per i familiari che per gli storici.

il campo di Fossoli
il campo di Fossoli

Marzia Luppi, direttrice della Fondazione Fossoli, ha parlato del campo da cui sono transitate 2840 persone, in genere in attesa di trasferimento nei lager nazisti in Germania e in Polonia. Prima dell'8 settembre 1943 Fossoli era un campo di prigionia per soldati inglesi e americani, poi trasferiti in Germania. E' diventato quindi un campo di concentramento per ebrei e prigionieri politici in cui i capi baracca venivano eletti democraticamente. I primi tre convogli per la Germania sono stati organizzati da italiani, poi il campo è passato sotto la direzione dei nazisti.
Mentre Poldo Gasparotto fu fucilato con tutta probabilità per i suoi contatti con l'esterno e forse per il progetto di una fuga di massa, è ancora da chiarire il motivo della fucilazione dei sessantasette, indicato come atto di rappresaglia per un attentato avvenuto a Genova. Lasciano perplessi la distanza dei due luoghi e soprattutto il fatto che, mentre gli atti di rappresaglia erano in genere molto pubblicizzati in modo che servissero da monito, la fucilazione dei sessantasette fu tenuta nascosta tanto che, dice Arienti, Prina e Guarenti risultavano inviati in Germania come lavoratori coatti. Chi ha compilato l'elenco dei settanta (due sono riusciti a fuggire e uno, Teresio Olivelli, si è nascosto nel campo) e con quali criteri ?
Il fascicolo della strage è finito nel famoso “Armadio della vergogna”, per cui si è cominciato a indagare tardi e nel 2001 l'istruttoria è stata chiusa per la morte degli imputati. Ma le ricerche, dice Carla Bianchi, continuano per rendere giustizia a questi uomini normali sì, ma che hanno mantenuto uno spirito libero e fatto scelte coerenti.
Il convegno è stato presieduto da Milena Bracesco, vicepresidente dell'ANED di Sesto S.Giovanni e Monza, introdotto dal sindaco di Monza Roberto Scanagatti e concluso da Giuliano Banfi, vicepresidente dell'ANED milanese.

Rosella Stucchi


lettere di Prina e Gambacorti Passerini
le lettere di Prina e Gambacorti Passerini scritte la sera prima di essere trucidati (cliccare per ingrandire)


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  27 maggio 2014