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Il Giorno della memoria 2019
Franco Isman e Tania Marinoni


Negli scorsi anni le celebrazioni del Giorno della memoria avevano assunto la connotazione di scialbe e poco partecipate manifestazioni, fatte più perché previste dalla legge che perché realmente sentite.
Quest'anno un profluvio di iniziative con una grande partecipazione.
Amministrazioni comunali, scuole, Anpi e Aned naturalmente, ma poi associazioni private, organizzazioni laiche e religiose, compagnie teatrali, cori… assolutamente impossibile tener dietro a tutte.
Come mai ?
Perché la parte sana della società, indipendentemente dalle sue simpatie politiche, “sente” che la politica di Salvini e della Lega hanno molti punti di contatto con la politica di Mussolini nei confronti degli ebrei, che ha portato allo sterminio. Ed allora la celebrazione del Giorno della memoria non è più sentita come una logora e vetusta formalità ma come una testimonianza del rigetto di questa politica.

Il Bosco della memoria


Fortissimamente voluto da Milena Bracesco, vicepresidente dell'ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati) e figlia di Enrico, attrezzista alla Breda, resistente ed animatore degli scioperi del '43 e '44, deportato a Mauthausen e da lì al terribile Castello di Artheim, dal quale nessuno è uscito vivo, vittima delle inumane sperimentazioni di Mengele in quanto aveva perso una gamba in un incidente mentre trasportava armi.
Il bosco è stato inaugurato un anno fa in via Ernesto Messa (anch'egli un deportato) a Monza, confinante con una tragicamente simbolica linea ferroviaria.
192 alberi, ciascuno dedicato ad un deportato di Monza e Brianza (qualcuno fortunatamente tornato) ed abbracciato da un anello in Corten (acciaio che ossidandosi si autoprotegge) con traforato il nome del deportato: la restituzione del nome a chi era stato tolto.

Quest'anno ci sono state addirittura tre commemorazioni: la prima, la più partecipata e coinvolgente, sabato 26, organizzata dall'ANED e dal Centro Sociale Foa Boccaccio, che già aveva partecipato alla progettazione ed alla realizzazione del Bosco. Lettura di lettere e di brani, molti riferiti all'oggi, ma anche musica, con un bravo sassofono, una bella chitarra ed un cantante che, fra l'altro, ha splendidamente interpretato “Ma mi, ma mi, ma mi…”. E la manifestazione non poteva che concludersi che con “Bella ciao”.
La mattina del 27 la cerimonia ufficiale con la deposizione di una corona da parte del sindaco e del presidente della Provincia.
Infine la mattina del 28 i ragazzini della lontanissima scuola media Leonardo da Vinci, dopo essere stati all'Albero dei deportati, sono venuti anche qui dove Milena Bracesco ha loro spiegato il significato del Bosco, sono stati letti i nomi dei 192 deportati e di nuovo si è concluso con lo struggente Gam Gam.

L'albero dei deportati


Ai giardini pubblici Rota-Grassi in via Azzone Visconti nel 2015 è stato realizzato dallo scultore Daniele Napoli un albero in acciaio saldato per ricordare gli operai monzesi, vittime degli orrori nazisti.
La mattina del 28 alcune classi della lontana media Leonardo da Vinci, accompagnati dagli insegnanti, sono venuti in pellegrinaggio. Letture e musica, concludendo con il bellissimo canto ebraico dei bambini Gam Gam, prima suonato con il flauto da tantissimi bimbi e poi cantato, e faceva uno strano effetto vedere anche bambini e bambine di altri popoli cantare una canzone ebraica con i compagni italiani.


Anche se andassi - Per le valli più buie - Di nulla avrei paura - Perché tu sei al mio fianco - Se tu sei al mio fianco - Il tuo bastone mi dà sicurezza.

Il Parco Groane


Un'area naturale protetta circondata da un anello di 16 comuni ed attraversata dalla Monza Saronno. Qui, nella sede del Parco, nei comuni di Solaro e di Ceriano Laghetto, dove una volta c'era una polveriera militare, è stato presentato uno spettacolo teatrale a cura dell'Associazione culturale Cartanima e degli allievi dell'Academy Musical Art, davvero coinvolgente.
Una prima parte in una sala piuttosto angusta dove ragazze, ragazzi con la chippah, e tutti con la stella di Davide al braccio, interpretavano le emozioni e le reazioni dei ragazzi ebrei di un tempo all'emanazione ed all'applicazione delle indegne leggi razziali. Tutti molto bravi e partecipi.
Quindi, al seguito di una ragazza che ha magnificamente cantato una canzone yiddish, tutti all'auditorium.
Qui, oltre ad altri pezzi recitati, un balletto con un ragazzo e cinque ragazze che, anche loro, sono riusciti a rendere la tragedia delle persecuzioni, la fuga non si sa dove, fino alla "soluzione finale".

Il bunker


Alla Breda aeronautica, praticamente rasa al suolo dai bombardamenti alleati, c'era, ed è stato in parte riattato, un rifugio antiaerei sotterraneo, un vero e proprio bunker, dove si rifugiavano le maestranze durante i bombardamenti. L'ambiente è stato ricreato con cura con panche uguali a quelle originarie, con illustrazioni relativi ai bombardamenti sulle pareti, luci fioche ed una colonna sonora che riproduce la realtà dei bombardamenti: le sirene di allarme, il rumore degli aerei che passano, le esplosioni delle bombe ed i crolli. Per la ricorrenza del Giorno della memoria anche qui si è parlato degli scioperi del marzo '43 e del marzo '44, di Enrico Bracesco che proprio qui lavorava ed esplicava la sua attività politica e del Bosco della memoria di Monza.

Coro Anthem e Impara l'arte


Canta prendi la tua arpa… Canta l'ultimo canto degli ultimi ebrei in terra d'Europa. Così, con il dialogo (di Yitzak Katzenelson) fra un attore sul palco ed uno che avanza nella sala al lume di una candela, inizia lo spettacolo teatrale e musicale nella Chiesa della Sacra Famiglia stracolma.
Poi brevi brani dedicati a deportati monzesi, quasi tutti uccisi a Mauthausen per arrivare al trionfo dell'amore nato nel lager fra una deportata ebrea ucraina ed un “politico” monzese, sopravvissuti e felicemente sposati: Lo vuoi? – Lo voglio – Per sempre – Per sempre…
E fra un brano e l'altro lo splendido Coro Anthem prima con Super flumina Babylonis e poi con tutta una serie di canti d'amore ebraici.
Bello tutto: regia, scenografia con l'abside che si illuminava di differenti colori, gli attori della compagnia teatrale Impara l'arte, il coro Anthem diretto al solito da Paola Versetti.

Vedano: gli eroi del ghetto di Cracovia


Vedano commemora il Giorno della memoria con un evento corale: a realizzarlo, non solo il Comune, ma anche numerose associazioni, le scuole e molti privati cittadini.
Un'opera originale che coinvolge anche la toponomastica: per quindici giorni, infatti, il centro di Vedano non sarà denominato Largo Repubblica, ma è intitolato agli Eroi del ghetto di Cracovia.
La città brianzola si unisce idealmente alla piazza polacca, che ogni anno celebra il 27 gennaio con una toccante manifestazione: un importante evento, in cui l'arte diviene ricordo. A poche centinaia di metri dalla celebre Fabryka Schindlera, si apre infatti Plac Bohateròw Getta, con grandi sedie in metallo che commemorano l'assenza di chi non c'è più. Ma allo stesso tempo le sedute, severe ed essenziali, ospitano la presenza della Memoria.
Anche a Vedano la piazza degli Eroi del Ghetto è ornata da numerose sedie che invitano il passante a ricordare e a riflettere sulla Storia. Decorate con immagini, o impreziosite dalla creatività dell'associazione Sul filo dell'Arte, sono presenze silenziose ma autorevoli. L'esposizione, inaugurata sabato 26 gennaio, e visitabile anche il prossimo week end, prosegue in Sala consiliare. All'interno si apprezza una ricca documentazione fotografica, realizzata dall'Associazione Rebelot in visita lo scorso anno a Cracovia, e organizzata dall'abilità di Giulio Vertemati. Un contributo rilevante è arrivato anche dagli alunni delle scuole medie.
La mostra installata a Vedano è un'opera rivolta a tutta la cittadinanza e soprattutto ai giovani, che saranno guidati in questo percorso formativo. Un'occasione rivolta a chiunque voglia apprendere ciò che non sempre viene veicolato dai mass media e dal cinema, come ha sottolineato Eneo Baborsky nel suo importante approfondimento di apertura.

L'orchestra femminile di Auschwitz


Il 27 gennaio al Binario 7 è andato in scena il ricordo dell'Orchestra femminile di Auschwitz. Un Momento di Memoria, magistralmente interpretato da Le Cameriste Ambrosiane, recitato dalla voce di Rachel O'Brien e intonato da Silvia Giulia Mendola, mezzosoprano. Uno spettacolo toccante, che non ha avuto il sapore dell'esibizione, ma della commemorazione; un evento che non ha ricevuto gli applausi durante l'esecuzione, ma il silenzio e la partecipazione dei presenti, numerosi in sala Chaplin.
Anche ad Auschwitz esisteva la musica ed era occasione da cogliere per tentare di salvarsi. Lo intuì da subito Fania Goldstein, in arte Fénelon, celebre pianista e cantante di cabaret, che coltivava un grande sogno nel cassetto di Birkenau: sopravvivere per testimoniare al mondo l'orrore del campo di sterminio. E proprio le sue parole, affidate alla Memoria, hanno narrato domenica il valore e il dolore della musica, prima ad Auschwitz, poi a Bergen-Belsen. Anche là c'erano violini, mandolini, chitarre, e persino un pianoforte a coda. Ma la melodia nei luoghi dell'orrore diventava strumento di cinismo e di violenza: Madama Butterfly, Sul bel Danubio blu e altri capolavori venivano intonati per allietare il truce lavoro dei nazisti e per segnare il passo delle internate. Si suonava all'aperto per i deportati e al coperto per le SS.
Le quarantasei musiciste erano dirette dall'intransigente Alma Rosè, abile violinista e nipote di Gustav Mahler alla quale, quando morì, le SS le tributarono un paradossale saluto con le lacrime e i fiori bianchi.
La musica era al servizio degli aguzzini, ma rappresentava anche il passaporto per qualche attimo di normalità e di solidarietà tra le detenute. Un microcosmo di “pace” in cui si riusciva a dimenticare i reticolati, le sentinelle, i riflettori del campo e “il significato di quel fumo nel cielo”. Poi la melodia tornava a scandire i momenti delle atrocità, ad alleviare al mattino in infermeria le sofferenze delle ricoverate che al pomeriggio sarebbero morte nelle camere a gas. La musica ha accompagnato, sorretto, ma anche addolorato ogni attimo di Fania Fénelon nel teatro dell'inferno. Anche il giorno della liberazione venne salutato dal canto: salvata dagli inglesi, con la voce che le restava, la musicista intonò dapprima la Marsigliese, e infine un riconoscente e commosso God Save the Queen.

Franco Isman e Tania Marinoni

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  29 gennaio 2019