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IL DITO NELL'OCCHIO
Guerriglia o terrorismo?


Alla voce “guerriglia” il vocabolario italiano Le Monnier recita: < serie discontinua di azioni di guerra condotte contro un esercito regolare da formazioni autonome irregolari, di scarsa entità, per lo più favorite dalla conoscenza dei luoghi e dall'appoggio della popolazione>

Siamo certamente al caso iracheno.

In Iraq l'esercito regolare è costituito da eserciti – il prevalente è quello statunitense – che hanno invaso quel paese con accuse mai provate, quali la responsabilità nell'attentato alle Twin Towers, la presenza e la produzione di armi chimiche o nucleari, la presenza di terroristi, ecc., senza un mandato, o meglio, contro la stessa volontà dell'Onu.

Si tratta quindi di eserciti che hanno invaso l'Iraq, provocando centinaia di migliaia di morti innocenti, senza alcuna legittimità né dal punto di vista della morale comune né da quello del diritto internazionale.

Ciò fornisce legittimità alla parte avversa, cioè alla guerriglia irachena.

Allora perché dovrebbe essere considerato terrorista chi ne organizza la resistenza all'estero? Solo perché ciò avviene in Italia, paese alleato all'invasore e occupante a sua volta?
Allora il diritto di uno straniero in Italia ad aiutare il suo paese, dipenderebbe dalla posizione che l'Italia assume nel contesto internazionale delle sue alleanze o sudditanze?

Mi dispiace per Calderoli e Fini, ma è troppo poco per discernere il bene dal male.

Con questa logica, tanto per rimanere in Iraq, chi ha sempre lottato in Italia contro Saddam Hussein poteva essere considerato un terrorista solo perché questi un tempo sterminava iraniani, kurdi e sciiti con le armi fornite dagli americani, nostri alleati.

La Pantera Rosa


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  25 gennaio 2004