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Tullio De Mauro
La formazione delle lingue e le abilità sottese al loro impiego
Anna Marini


La capacità di comunicare attraverso precisi codici, come quelli riscontrabili in una lingua, viene percepita come un'operazione automatica da chiunque abbia ricevuto un livello medio d'istruzione. Tuttavia l'apprendimento della lingua materna è invece tutt'altro che immediato: richiede molto tempo e un impegno assiduo. Vi si dedica dapprima l'infante, che inizia a parlare e ad interagire con i familiari, e poi, sui banchi di scuola, il fanciullo, per acquisire dimestichezza nella lettura e nella scrittura. Imparare ad esprimersi nella propria lingua è quindi un percorso laborioso ed esige un ingente sforzo: una fatica che l'adulto sembra però aver dimenticato. Allo stesso modo la formazione delle lingue è avvenuta in un arco temporale estremamente dilatato ed è stato un percorso molto impegnativo per chi lo ha intrapreso. Ma di questo nell'uomo moderno sembra oggi non esservi più coscienza.
Allo studio del linguaggio, all'analisi di questa complessa abilità umana ha dedicato l'intera vita Tullio De Mauro, linguista ed anche ministro della Pubblica istruzione nel governo Amato, recentemente scomparso. La dedizione profusa nella ricerca sulla tematica gli ha permesso di conseguire preziosi risultati che fanno luce su uno degli aspetti più affascinanti dell'uomo e degli altri animali: la comunicazione.

Tutti consideriamo naturale comprendere e utilizzare le parole nelle relazioni con i nostri simili, tanto che da questo complesso meccanismo siamo oramai totalmente assuefatti. Le stime rivelano che quotidianamente veniamo in contatto con 100 mila parole e in un minuto ne leggiamo, oppure ne ascoltiamo leggere circa 100. La sicurezza nell'utilizzare la lingua non desta stupore in nessuno e sembra essere il frutto di un'operazione spontanea, tanto che all'evocazione di un termine associamo automaticamente il suo significato. Ma l'apprendimento della lingua materna, che sappiamo distinguere in appena un paio di giorni dopo la nascita, è un cammino arduo che iniziamo a percorrere fin dalle prime ore di vita. I nostri primi tentativi di comunicazione verbale sono rappresentati, in seguito, dall'emissione di suoni disarticolati, dopo un periodo di assoluto silenzio, che desta inevitabilmente allarme nei familiari più apprensivi (questa fase è in realtà necessaria all'infante per imparare ad esprimersi).

Ma in una lingua cosa c'è di naturale, quindi di comune a tutte le altre lingue, e cosa invece di “culturale”, da renderla specifica di un determinato territorio? Intorno alla naturalità della parola iniziano ad investigare gli antichi greci del V secolo A.C. quando Ippocrate ritiene che proprio grazie a questo artificio si viene in contatto con il cosmo. Ancora oggi a questo importante interrogativo non riusciamo a dare una risposta certa, perché in una lingua natura e cultura coesistono in un perfetto intreccio, in un legame molto solido, sviluppato nel corso del tempo.

L'utilizzo di una lingua si fonda su una capacità fondamentale, comune a tutti gli esseri viventi e che viene adottata anche in circostanze differenti dalla comunicazione: quella di identificare e differenziare segnali. Questa abilità viene esercitata certamente nell'impiego di una lingua, ma è addirittura indispensabile per la sopravvivenza di ogni essere vivente; è determinante, ad esempio, nel processo omeostatico: nel saper riconoscere e procurarsi il cibo. E' un'attitudine che accomuna tutti gli esseri viventi, dai più evoluti a quelli più semplici, come gli unicellulari.

A permettere l'utilizzo di una lingua è un continuo scambio interattivo tra individui della stessa specie e nella comunicazione vengono espletate funzioni fondamentali. La prima, quella espressiva, afferisce all'identificazione del territorio ed è ben rappresentata dal segnale emesso dai volatili per indicare la loro localizzazione. La funzione di appello permette invece di richiamare l'attenzione altrui ed è esercitata, esattamente come la precedente, da tutti gli animali. Nella comunicazione è inoltre indispensabile creare contenuti e saperli veicolare: anche di queste funzioni ci si avvale, quindi, nel processo comunicativo.
Le lingue, per essere utilizzate, implicano anche la capacità di produrre e recepire segnali scomponibili in elementi più semplici. Esse appartengono infatti a particolari sottoclassi di codici semiologici, quelle caratterizzate da segni segmentabili: una lingua è composta da parole, così come le cifre arabe sono suddivisibili in numeri di base.

Ma l'impiego di una lingua richiede anche di saper innovare, di creare qualcosa di inedito con mezzi già esistenti. Le lingue variano infatti nello spazio e nel tempo e a cambiare sono i significati attribuiti ai termini. Saper cogliere il nuovo in ciò che conosciamo, saper inventare partendo dalle risorse disponibili è quella abilità che ci porta ad apprendere altre lingue o a crearne di nuove e comprensibili solo ad un determinato sottogruppo di individui. Nascono così i gerghi e i simboli utilizzati anche dalle discipline tecnico scientifiche.
La flessibilità dei significati attribuiti nel tempo alle parole risiede nel fatto che le lingue affondano le loro radici in esperienze fortemente fisiche: sussiste un legame molto stretto infatti tra queste e il corpo. E' proprio grazie alla fisicità che le parole possono acquisire un significato: se così non avvenisse la lingua si ridurrebbe a formule senza un senso, a puri episodi fonetici. Tutti i sensi partecipano alla formazione di una lingua: dalla vista all'olfatto, dall'udito al tatto e al gusto. E alcuni termini rimandano ad oggetti che proprio attraverso uno o più dei cinque sensi possono essere apprezzati: è questo il caso dei cibi, oppure degli aromi. Com'è possibile infatti, si domandava Tullio De Mauro, descrivere il formaggio gorgonzola a chi non lo ha mai assaggiato?

La formazione di una lingua sembra quindi rifiutare la dicotomia tra componente cerebrale e quella fisica in un essere vivente ed è proprio della sinergia tra i due aspetti che questo processo si alimenta, sviluppandosi in una continua evoluzione. A metà strada tra cultura e natura, la formazione delle lingue è un percorso complesso e collettivo, fondato su continue interazioni, su incessanti scambi tra gli individui della stessa specie.

Anna Marini

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  2 febbraio 2017