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RIFLESSIONI
La retorica dell' "anniversario"
Umberto Puccio

La memoria del passato richiede un esercizio e un impegno quotidiano di riflessione e di "confronto continuo" con ciò che succede OGGI. Altrimenti diventa un modo per rimuovere il presente, annullandolo nella celebrazione retorica di ciò che è successo nel passato: è una sorta di rito apotropaico fine a se stesso e del tutto vuoto. 
A questo meccanismo obbediscono le cosiddette "Giornate di...", che trasformano la retorica cattolica del Giorno di Carnevale (un giorno all'anno, "licet insanire" e godere; il resto, bisogna "sanire" e soffrire) nella retorica laica della "giornata di...", che prevede (all'opposto!) un giorno di doloroso e autoflagellante "memento" e 364 giorni di lieta e leggera smemoratezza.


Anche le commemorazioni ufficiali degli ANNIVERSARI si riducono ad "arma di DISTRAZIONE di massa, ad espediente di bassa politica per riempire surrettiziamente il vuoto di azioni concrete o per stravolgere e piegare ai propri fini politici il passato.
In questi giorni cade il cinquantesimo anniversario del TERREMOTO DEL BELICE. Presidente della Repubblica e presidente del Consiglio hanno colto l'occasione per il solito, retorico, falso e ipocrita "pianto greco" sugli errori del passato. Così possono glissare sugli errori del presente e del passato prossimo. Come è stato affrontato il recente terremoto (in realtà, serie di terremoti) del Centro-Italia? Come ha risposto la macchina dello Stato (nello specifico, la Protezione civile e il Commissario straordinario), a prescindere dalla mobilitazione delle organizzazioni del volontariato e dell'iniziativa privata? Come si spiegano le "lentezze" (e le roboanti promesse non mantenute!) della installazione delle casette prefabbricate ("provvisorie" e di primo intervento!) e della ricostruzione?
Dare la colpa alla "burocrazia" è troppo comodo e non dice nulla. La "burocrazia" è diventata il capro espiatorio su cui scaricare la responsabilità e la colpa di tutto.


Mi si perdoni il paragone, ma mi sembra che in Italia sia diventata malattia cronica ed endemica la "Cadornite": ci comportiamo come Cadorna, che dava la colpa della disfatta di Caporetto alla "fellonia" dei soldati italiani. Così facendo si spogliava della responsabilità maggiore, addebitabile alle decisioni del Comando supremo; al malfunzionamento ed al disordine della catena di comando; al dissennato e strategicamante sbagliato uso delle truppe, mandate a morire inutilmente o lasciate senza direttive.

La continua attuale "Caporetto" della macchina dello Stato italiano (già di per se stessa ridotta ai minimi termini e malandata!) obbedisce ad analoghe motivazioni. A chi va la responsabilità di dirigenti pubblici irresponsabili e intoccabili, che pensano solo alla propria carriera e retribuzione; di impiegati pubblici male e per nulla utilizzati, che pensano solo a scaldare le sedie e a fare i propri comodi; insomma di una Pubblica amministrazione che è una "macchina del vuoto", costosa e improduttiva, se non in termini di consenso elettorale?

Commemorare, pur continuando (e per continuare) a fare come prima, mi pare il sommo dell'ipocrisia (e dell'irresponsabilità)!

Umberto Puccio


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  17 gennaio 2018