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i bei momenti


Le Grazie e i madonnari


Le Grazie, vicino a Mantova
di Primo Casalini


Da Mantova verso Cremona, sette chilometri poi, a destra, un grande spiazzo. In fondo allo spiazzo, una chiesa. Il posto è molto noto: a ferragosto qui si riuniscono i madonnari, gessetti a quintali (con la fiducia, oggi certezza, che non pioverà).
La storia incomincia, tra il 1399 ed il 1406, quando Francesco I Gonzaga (che poco prima aveva fatto decapitare la moglie rea d'adulterio) fece costruire il santuario di Santa Maria delle Grazie. Per adempiere ad un voto: Mantova era stata risparmiata da una pestilenza e una lapide antica, in un latino più drammatico che retorico, lo racconta.


Le lapidi non sempre sono pedanti e andrebbero rivalutate. Di notevoli alle Grazie ce ne sono almeno altre tre: in una si racconta della vittoria contro i francesi del figlio di Francesco e chiede "ponimus hos globulos" (difatti sono ancora esposte alcune bombe del tempo); in un'altra è Pietro Bembo che riassume la vita di Baldassar Castiglioni, quello del "Cortegiano", qui sepolto. Se siete stati al Louvre, e avete visto il suo ritratto parlante, di Raffaello, vi sembrerà di conoscerlo di persona. (E' un quadro che oltretutto si riesce a guardare sempre con tranquillità perché è sistemato non lontano dalla Gioconda, dove i turisti si accalcano). La famiglia Castiglioni è la stessa del cardinal Branda di Castiglione Olona, solo che la madre di questo Baldassar era una Gonzaga. E c'è una lapide breve da lui dettata, rivolta alla moglie: "Non ego nunc vivo coniunx dulcissima vitam...". Basterebbe questo.
Era un santuario molto noto anche fuori d'Italia e la grande fiera di ferragosto, con il suo importantissimo mercato-bestiame, è ben documentata fin dal 1495. In quel tempo il grande spiazzo era tutto circondato da porticati per dar riparo ai pellegrini.

ex voto ex voto ex voto

Ma il fascino de "Le Grazie" sta nelle statue votive policrome disposte come a teatro sulle balconate lungo le pareti della chiesa. Non hanno la ripetitività dei soliti ex-voto: ogni statua (di legno, cartapesta, gesso o stucco) racconta qualcosa di diverso. Ti guardano, ti fanno sentire uno di loro. Solo che i problemi loro sono stati risolti, tu li hai ancora addosso.
All'inizio dell'unica navata, appeso in alto, c'è persino un coccodrillo mummificato. Bernardo Bertolucci ha colto bene l'aspetto anche “inquietante” di questo spazio se in Novecento vi ambienta, di notte, la scena in cui Attila, il fattore fascistissimo (Donald Sutherland), ottiene i soldi dagli agrari padani tutti qui riuniti.
Si esce, si gira attorno al santuario e ci si trova ai margini del Parco del Mincio: c'è il lago Superiore con le erbe palustri e i fiori di loto a grandissime foglie e le barche a fondo piatto. Le immagini della damigella e del gentiluomo le devo alla cortesia di Isa Melli, e la ringrazio.

fiori di loto



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  1 novembre 2003 - agg.maggio 2014