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Le tarsie di S.Maria in Organo
a cura di Primo Casalini


La chiesa di Santa Maria in Organo non è all'interno del vero e proprio centro storico di Verona, anche se ad esso è molto vicina. Si trova infatti all'esterno della grande ansa che l'Adige forma attorno a Verona, quindi sulla sinistra del corso del fiume, proprio come San Giorgio in Braida, il teatro romano ed il giardino Giusti. Abitavo da quelle parti e mi piaceva passare vicino alla chiesa, attirato specialmente dal suo singolare campanile, che per me aveva qualcosa di moresco.

il campanile della chiesa
L'architetto del campanile e della chiesa è stato fra' Giovanni da Verona (c.1457-1525), ma la sua opera indimenticabile è all'interno della chiesa: le tarsie lignee del coro, realizzate nell'ultimo decennio del '500; in una tarsia, trova anche modo di rappresentare il suo campanile, evidentemente a lui molto caro.

Fra' Giovanni lavorò quasi esclusivamente per i monasteri dell'ordine olivetano, ed anche il suo maestro, fra' Sebastiano da Rovigo, apparteneva all'ordine. Giovanni è con lui a Ferrara nel 1477-78, poi quasi certamente collabora col maestro a Venezia nel 1489-90, per le tarsie di un coro destinato ad un convento, tarsie che sono ora nella sacrestia di San Marco; un lavoro immediatamente precedente a quello di Santa Maria in Organo. Successivamente Giovanni operò per altri conventi olivetani, quello di Monteoliveto Maggiore in Toscana ed anche quello di Napoli. Sempre stalli del coro, spalliere di sacrestia e candelabri pasquali, ma a Monteoliveto c'è un affresco del Sodoma in cui lo si vede mentre utilizza gli strumenti da architetto. Non c'era in quegli anni molta differenza nella forma mentis necessaria ad affrontare il mestiere di architetto e quello di intarsiatore: la prospettiva matematica era prioritaria per entrambi. Più tardi Giovanni fu chiamato a Roma da papa Giulio II, per una decorazione ad intarsio nella Stanza della Segnatura: 1511-13, proprio gli anni in cui lì Raffaello eseguiva i famosi affreschi. Gli intarsi di Giovanni sparirono alcuni decenni dopo, ai tempi di papa Paolo III, per far posto a monocromi di Pierino del Vaga, segno evidente di un mutamento di gusto.


Ma torniamo agli anni '90 del Quattrocento, il tempo delle tarsie di Santa Maria in Organo. Due grandi artisti, Piero della Francesca e Leonardo, in quegli anni avevano fornito gli esempi a cui tutti guardavano. Non li avevano forniti solo nelle opere d'arte, Piero aveva scritto dei testi importanti e Leonardo riempiva i suoi fogli di disegni in continua sperimentazione. Ci fu un grande divulgatore, allora: Luca Pacioli, un altro frate, francescano però, nato a Borgo San Sepolcro come Piero ed in continuo contatto con Leonardo nei suoi anni milanesi. Un divulgatore che forse si attribuiva il merito delle scoperte fatte da altri; infatti, molti anni dopo, il Vasari lo accusò di plagio da Piero per il suo De Divina Proportione, per cui Leonardo gli aveva fornito tanti disegni di poliedri regolari. E qualcuno dei moderni trovò per il Pacioli il singolare nome di ragioniere di Leonardo, infatti nel suo libro "Summa de Aritmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità", stampato a Venezia nel 1494, viene per la prima volta illustrato il metodo della "partita doppia", ancor oggi cardine di qualsiasi contabilità.

scuola di urbino: luca pacioli tiene lezione

Era in ogni caso un personaggio: in un quadro del 1495 lo si vede affiancato da un giovane aristocratico, che è probabilmente Guidobaldo da Montefeltro, mentre tiene una lezione dimostrativa, con libro, lavagna, compasso ed un bel poliedro leonardesco in alto. L'autore del quadro non è noto, ma l'ambiente è certo quello urbinate.

poliedro leonardesco
Fra' Giovanni era molto bene informato, ma sia a Verona che a Monteoliveto i soggetti rappresentati nelle sue tarsie non si fermano solo all'aspetto prospettico, comunque per lui fondamentale ed adattissimo alle tarsie: ci sono paesaggi, libri, strumenti musicali, persone, architetture, poliedri, animali, oggetti religiosi. Sempre con un incredibile senso prospettico ed illusionistico; le ante non sono vere, sono rappresentate in trompe l'oeil.
Le tarsie di fra' Giovanni sono il culmine dell'arte della tarsia rinascimentale, nata direttamente dalle scoperte prospettiche a cui collegò con naturalezza tecniche e temi. Le ragioni dello stretto legame fra visione spaziale nella prospettiva ed arte della tarsia le chiarisce bene André Chastel: "... il decrescere regolare delle mura laterali, simile a quinte teatrali, e la fuga dei lastricati possono facilmente tradursi in strutture lineari. L'intersezione delle linee di fuga e degli ortogonali determinano un reticolato di figure semplici, facile da rendere ritagliando le lamine lignee. Le prospettive urbane non erano solo un esercizio caro agli intarsiatori, ma chiarivano anche la ragione d'essere della loro arte". E' per questi motivi che le pitture con vedute prospettiche di città (le cosiddette città ideali dipinte probabilmente ad Urbino) sono una derivazione da decorazioni ad intarsio con vedute prospettiche. Giovanni da Verona aggiungeva alla fantasia poetica, alla invenzione di sempre nuovi soggetti, una abilità tecnica di cui così scrive il Vasari: "...largamente la migliorò dando vari colori a' legni con acqua e tinte bollite e con olii penetrativi, per aver di legname i chiari e gli scuri variati diversamente, come nell'arte della pittura...". Prima di fra' Giovanni, l'intarsio era una grande arte artigiana a cui ogni tanto alcuni artisti come Piero della Francesca e Botticelli davano temi e disegni. Dopo di lui prevarranno le considerazioni relative ai materiali: la bellezza dei legni, i ghirigori e gli accostamenti; si ricrea quindi un nuovo grande artigianato, di cui gli stalli del coro di Santa Maria Maggiore a Bergamo, eseguiti dal Capodiferro entro il 1532 (su disegni di Lorenzo Lotto) rappresentano il formidabile preannuncio: la sensibilità pittorica e le capacità tecniche sono straordinarie, ma non c'è più lo specifico della tarsia di fra' Giovanni. Come certe geniali trascrizioni per orchestra di musica nata per quartetto d'archi: ascoltiamo ammirati, ma alla fine vorremmo riascoltare il quartetto originario.

Trovare delle buone immagini non è stato facile: per fortuna ho rintracciato due siti sui corpi solidi nello spazio, il Vitual Polyhedra di George.W.Hart, americano, in particolare, ma anche il Poliedros, spagnolo, colmi di informazioni scientifiche, che utilizzano immagini delle tarsie di Fra' Giovanni come esempi mirabili. Quindi ne consiglio la visita, anche per i tanti disegni di Leonardo che vi sono riportati.




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  20 dicembre 2003 agg. 24.06.2004