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Il PGT di Monza. La disciplina degli incentivi
Schema della relazione dell'arch. Alfredo Viganò
al corso di formazione dell'INU Lombardia - PRIMA PARTE


Segnalo che non aggiungo grafici, che comunque posso mostrare se richiesto, perché il nuovo PGT è interamente visibile in internet sulle pagine del Comune di Monza. Segnalo anche che il PGT è stato redatto dagli uffici comunali di cui è dirigente l'arch. Giorgio Majoli, con la consulenza e il coordinamento dell'arch. Giuliani, per la VAS dell'ing. Pompilio e con la partecipazione degli architetti Almagioni e Gerosa oltre a consulenti specialisti relativamente ai vari Piani Settoriali.

Non premetto le considerazioni più volte poste sulla nuova legge di governo del territorio della Lombardia se non per sottolineare che indubbiamente, di fianco a pericoli di “neutralità”, sociale tecnica e culturale (di fronte ai processi di trasformazione territoriale) vi sono aspetti di novità concettuale e strumentale per la redazione dei Piani (Perequazione e Compensazione, VAS, Incentivi, ma soprattutto non conformità dei suoli nel Documento di Piano e, a mio avviso, conseguente competitività nelle scelte di attuazione).

L'aspetto importante, come altre volte ho voluto sottolineare, è quello di aver mantenuto il Piano (pur nelle varie forme) al “centro” della pianificazione e gestione del territorio.

La perequazione.
Per molti, in questi anni, in corsi universitari, nei dibattiti, è talvolta apparsa come la panacea di tutti i mali dell'urbanistica.
Spesso quando si riduce l'attenzione e la tensione sulle aspettative di Città e territori meglio organizzati, quando la tensione culturale di rinnovo disciplinare non trova riferimenti ideali, anche utopie, si rischia di confondere strumenti e fini.
Mi sono permesso più volte di fare presente che non è la perequazione che inverte la rotta sul governo della Città, non è ad essa che mi rivolgo per i problemi della mobilità, della casa, dell'ambiente. O perlomeno non certo solo ad essa come riferimento strumentale di Piano. Anzi ritengo necessario sottolineare che è sbagliato rinchiudere la soluzione dei problemi urbanistici e di una Città nel solo rapporto “ immobiliare” e dei valori delle aree messe in gioco ma che invece le risorse private, nel rapporto e concertazione pubblica e privata, devono trovare prevalente riferimento negli investimenti per la realizzazione dei servizi prescindendo da nuovi valori immobiliari concertati e “incentivati” per pressanti necessità amministrative e di bilancio.

In un recente dibattito, sempre qui a Milano, su questi temi, si è arrivati ad accreditare la “perequazione” (talvolta indipendentemente da come e dove si usa) come “ progressista” senza cogliere l'ironia di questa affermazione. Continuo a ritenere che essa sia un apprezzabile strumento di derivazione della legge del 1942 che ha trovato ulteriore spazio di definizione, affinamento e uso nelle più recenti legislazioni regionali, ma ovviamente non sempre utile, quando in particolare diventa banalizzazione di strumento che “ nasconde” le scelte urbanistiche e sociali, riduce la capacità competitiva, emargina le economie minori e esalta la rendita, l'organizzazione finanziaria, di contro a quella industriale ed imprenditoriale.

Nel Piano di Governo di Monza la perequazione, in ragione delle caratteristiche della Città, del fabbisogno di standards urbanistici ritengo sia stata ricondotta a strumento utile per facilitare (incentivare?), come poi vedremo meglio, le scelte di Piano, l'equità verso le proprietà di aree vincolate per servizi e non partecipi di ambiti o comparti attuativi, l'indifferenza del valore del suolo negli ambiti stessi, in particolare per prospettare scelte di minor impatto economico per il Bilancio comunale e libere dal peso di future indennità per reiterazione di vincoli.

Per affrontare la questione degli incentivi prospettati nel Piano di Monza ho voluto brevemente delineare la questione della perequazione perché anch' essa diventa parte della politica degli incentivi, quindi dello stimolo competitivo per le differenze dei valori presenti nel territorio.
Il contrario cioè della generalizzazione o omogeneità di valori spalmati senza attenzione agli “insiemi” (per usare un concetto matematico) che questi valori urbani e territoriali compongono singolarmente e nei loro rapporti.

Questo per significare che anche per gli incentivi bisogna rifiutare la banalità del solo riferimento economico determinato da aumenti volumetrici, contrattazione di destinazioni economicamente forti etc. ma puntare sugli obiettivi da raggiungere e sulla selezione che può essere determinata tra gli operatori e le previsioni di utilizzazione di aree in un territorio.
Gli incentivi devono accompagnare le politiche di Piano nel loro insieme e non determinare soluzioni “eccezionali” ed estranee a tali politiche.

Obiettivi, si diceva, che non sono solo di partecipazione privata alla realizzazione di interventi immobiliari ma anche di realizzazione ed erogazione di servizi, reti di servizi, valorizzazione del paesaggio nelle componenti di funzionalità urbanistica ed ambientale,di sostenibilità delle scelte, di contenimento dei consumi energetici, della stessa risposta ai problemi degli alloggi.
Abbiamo bisogno in un certo senso, di fronte a problemi emergenti di organizzazione funzionale ed ambientale del territorio di “Più Piano e Programmazione” e non certo solo “Più Progetto”.

Ma ancora, gli incentivi non come strumento di modifica “concertata” del Piano, neppure strumento per stimolare entrate straordinarie del Comune in oneri ed opere ma invece come normale componente di gestione del Piano che assume, a seconda delle necessità, il carattere di partecipazione finanziaria pubblica e privata, di scelta dettata da capacità competitiva secondo obiettivi preordinati.

Questa piccola premessa mi serve per affermare che la politica degli incentivi, nel Piano non deve essere volta a promuovere ulteriori incrementi della rendita ma delle capacità di impresa e a sostegno delle destinazioni e gestioni del territorio che sono importanti per la necessaria molteplicità di presenze e di risposta a fabbisogni di varia natura, ma che nel contempo sono maggiormente a rischio o ai margini dai meccanismi di mercato economico.

Chi ha le gambe per correre non necessita di particolari incentivi che invece sono volti a “correggere” meccanismi forti di mercato in ragione di ottemperare ad obiettivi anche di interesse più generale.

In questo senso la politica degli incentivi è importante come strumento di Governo del territorio e cioè di quanto l'Amministrazione pubblica è in grado di utilizzare forme di riequilibrio nella utilizzazione delle risorse e di determinare condizioni eque e sostenibili di valorizzazione e gestione, senza cadere in problematiche e complesse attenzioni a competizioni tra centri urbani nel catturare “forti destinazioni”.

Il caso esemplare è il valore delle aree determinato dalla conformazione dei suoli in ragione del tradizionale azzonamento del Piano Regolatore.
Non credo si possa dire che ciò vada incentivato a scapito degli investimenti e delle scelte imprenditoriali e dei processi produttivi.
In tal senso l'uso della perequazione, unitamente alle leve di incentivi e delle scelte normative deve comporre un quadro di intenzionalità unitario che sovente non ha (la perequazione può ad esempio determinare una generalizzazione e crescita diffusa della rendita se non è accompagnata dalla non conformazione del suolo e da azioni di competitività che si presentano a loro volta come incentivi nelle politiche di Piano).

Si può quindi dire che vi sono specifici “incentivi” esposti nelle politiche di un Piano o del Piano di Monza, per scendere al caso concreto e incentivi “ nascosti” o semplicemente partecipi delle normative e localizzazioni di Piano. Spesso gli incentivi contraddicono fattori di perequazione generalizzata e trovano invece riferimento nella tradizionale politica di organizzazione puntuale delle destinazioni e della “contestualità” obbligata di realizzazione tra destinazioni pubbliche e private di differente potenzialità economica e disponibilità di risorse.

Ci accorgiamo allora che la politica degli Incentivi oggi emerge con specifica visibilità nel Piano, in ragione della nuova legislazione di governo del territorio ma che anche un “buon Piano” tradizionale (con la scelta degli strumenti attuativi diretti o convenzionati, con il peso delle contestualità nelle attuazioni tra servizi pubblici e interventi privati, con la destinazione specifica e puntuale in un luogo piuttosto che un altro) contiene o poteva contenere un arco cospicuo di incentivi.

Mancava la leva della conformazione dei suoli che diventa essa stessa principale politica di incentivo e selezione secondo gli obiettivi di Piano nel processo di attuazione.

Mancava anche il principio che le scelte urbanistiche e di Governo del territorio non sono solo volte alla pur importante ma “statica” attuazione di opere e interventi ma anche alla valutazione della sostenibilità e della Gestione nel Tempo di opere, servizi e Paesaggio nelle sue varie componenti.
Non basta cioè dire e realizzare un' opera ma anche determinarne le condizione e qualità di erogazione del servizio nel tempo e nello spazio.
Non basta individuare una destinazione importante di tutela territoriale ma anche valutarne le economie di mantenimento come, per esempio ci siamo posti per le aree agricole del territorio di Monza.

Concludo questa prima parte del mio intervento per dire che bisogna anche porre attenzione non solo alla politica degli incentivi ma, di riflesso, non dimenticare quella tesa a disincentivare fenomeni di trasformazione territoriale proprio dove i valori sono molto alti e conseguentemente forti gli appetiti finanziari e della rendita .

Infatti siamo per molte ragioni di questo periodo a non apprezzare il pur necessario ruolo di tutela del territorio e delle sue risorse nel tempo (sostenibilità) che è punto e finalità importante del Governo del Territorio.

Alfredo Viganò



   PGT@arengario.net


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   18 maggio 2006