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da: Sandro Invidia
inviato il: 27/08/01 10.53
Soggetto: R. Buttiglione e le private

Caro Giacomo Correale,

grazie di nuovo: sei sempre così lucido nei tuoi interventi che è un piacere leggerti.
Non per tutti, forse, ma per me sì.
Poni un problema grosso, con la tua ultima e-mail; grosso e perdente: qui in Italia ormai sembra si sia deciso di provare il peggio, e forse è un'esperienza utile anche questa.
Chi ti risponde dice che hai ragione in parte, perché, se le tue previsioni sono vere per il breve periodo, non lo sono più se rapportate alla lunga distanza.
Tu sei stato molto preciso nei calcoli: vorrei che lo fossero anche i tuoi contraddittori. Che mi dicessero, cioè, quanto dura il breve periodo di cui parlano:
5, 8, 13 anni? È per i miei figli: sapere se dovranno accontentarsi di una scuola pubblica di basso profilo solo per le elementari oppure per tutto il loro ciclo scolastico.

Sei anche accusato di ideologia.
Difendi il monopolio, dicono. È falso: non esiste monopolio dell'istruzione, in Italia. C'è una Costituzione che impone allo Stato di garantire a tutti un'istruzione paritaria, indipendentemente dalla propria appartenenza di classe o dal proprio credo religioso.
L'istruzione privata è lasciata libera, purché senza oneri per lo Stato.

Ma, si dice, così non si lascia alle famiglie meno abbienti la facoltà di scegliere fra modelli educativi diversi e concorrenti.
Falso problema: la scuola pubblica non offre un modello educativo "targato" o "orientato", né in un senso né nell'altro: non le sarebbe possibile, considerato il numero delle persone che ci lavorano.
Lasciatemi parlare da esperto: oggi in Italia la scuola pubblica è l'unico baluardo della libertà di insegnamento e di apprendimento.
Con questo voglio dire che nella scuola pubblica si trovano insegnanti di buon livello, di ogni credo politico, di ogni confessione religiosa. Tali insegnanti sono liberi di dare al proprio intervento professionale il taglio e l'impostazione che ritengono più opportuna, purché il tutto avvenga nel rispetto degli obiettivi nazionali e del piano dell'offerta formativa decisa e approvata democraticamente dagli organi collegiali.
Non solo: nella scuola pubblica esiste la possibilità concreta per docenti e studenti di creare percorsi formativi extracurricolari di ogni tipo e finalità.
Possibilità concessa a tutti, senza preclusioni di natura ideologica o politica.
Tutto questo, e parlo per esperienza diretta, nella scuola privata (flessibile in entrata e in uscita!) non è possibile!

Ora, è chiaro che ognuno ha il diritto di scegliere come educare i propri figli.
Personalmente, credo che l'idea di impedire ai ragazzi ogni esperienza didattica e formativa immune dal controllo e dai condizionamenti familiari, sia aberrante: così si creano ghetti, dai quali non si esce più per generazioni (e quante scuole cattoliche sono frequentate dai figli e dai nipoti di quelli che le hanno frequentate in passato).
Contenti loro, va benissimo anche a me. Ma perché poi pretendere che il sottoscritto non protesti all'idea che tutto questo, d'ora in poi, avvenga a spese dei contribuenti?

Spese: già, ecco l'altra parola magica, insieme a "comunista".
Il servizio pubblico non va bene perché costa troppo.
Ma perché non dovrebbe? Un servizio che voglia essere di qualità deve costare, e deve essere una voce passiva: è la collettività che decide di devolvere parte consistente dei propri introiti per assicurare ai propri figli un'istruzione indipendente (l'alternativa è la sponsorizzazione sul modello americano, con le "giornate della Coca-cola" e quant'altro) e libera.

Invece no: si parla di risparmi e di economie di scala.
Cosa sono? Sono quelle cose che fanno risultare progressivamente in calo i costi fissi all'aumentare delle dimensioni dell'azienda?
Ma la scuola non è un'azienda, anche se oggi è di moda pensarla così. Ed ogni "plesso" scolastico fa storia a sé: o si pensa che ogni singola scuola non abbia la necessità di avere le stesse dotazioni che hanno tutte le altre? Un esperimento del genere si è attuato recentemente, per volontà del governo passato (si è parlato di dimensionamento scolastico. I plessi più piccoli dovevano, in sostanza, accorparsi e mettere in comune la parte tecnica e amministrativa. Si sono creati gli istituti comprensivi, dalle elementari alle superiori - in previsione della defunta riforma dei cicli - o accorpamenti orizzontali - medie con medie; superiori con superiori...): è stato un bel risparmio, ma è necessariamente rimasto su un livello territoriale ristretto.
Chi si è opposto? Le scuolette private: "così ci controllano", dicevano.

Comunque le scuole private costano meno!
Ma chi l'ha detto? La retta di ogni singolo utente può essere inferiore al costo unitario pagato dallo Stato per la scuola pubblica. Ma:
1. le scuole private non vivono di sole rette (un solo esempio: chiedete a Formigoni quanti soldi regala alle private per progetti mirati);
2. le scuole private hanno mille modi, impossibili alla scuola pubblica, per risparmiare (impossibili alla scuola pubblica di solito perché lesivi dei diritti dei lavoratori o degi consumatori).

Tempo fa mi sono occupato di scuole private e pubbliche qui a Monza: si trattava delle materne private convenzionate.
Da qualche parte, in Arengario.net, si trova il documento dettagliato stilato dal comitato genitori di cui faccio parte. (documento, articolo n.d.r.)
I conti, se permettete, non possono limitarsi alla domanda: quanto costa ogni singolo utente al pubblico e al privato?
Occorre chiedersi: quanti insegnanti ci sono per classe? Quanti alunni per classe? Quali dotazioni di strutture? Come sono pagati gli insegnanti? Chi guarda i bambini fuori dell'orario scolastico? Chi paga per i disabili?...
Per semplificare: se un servizio mi si presenta come economicamente vantaggioso, ma mi offre un insegnante in meno per classe; mi stipa le classi di bambini; non si sobbarca della spesa delle strutture per i disabili (sempre a carico del pubblico!); si fa pagare la parte rimanente di retta dallo Stato o dal Comune o dalla Regione; si fa pagare dallo stesso ente anche le derrate alimentari; accoglie gli studenti per il pre-scuola a pagamento, parcheggiandoli in un'aula sotto la sorveglianza di una bidella; paga poco gli insegnanti, spesso assunti con contratto di collaborazione, con ritenuta d'acconto, niente ferie né malattie (parlo ancora per esperienza personale)...
Insomma, se una scuola così, alla fine, fatti i conti, mi spiega che economicamente il sistema conviene... beh, mi permettete di dubitare?

Sandro Invidia



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